Avvocati: la Corte Costituzionale vieta ai legali dei detenuti l’astensione da udienze

Maria Stella Rombolà

30 Luglio 2018 - 12:30

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Gli avvocati che difendono soggetti detenuti non hanno diritto ad astenersi dalle udienze per evitare che si rischi di prolungare il periodo di carcere; è quanto dichiarato dalla Corte Costituzionale che si è espressa nel merito del maxiprocesso Aemilia.

Avvocati: la Corte Costituzionale vieta ai legali dei detenuti l’astensione da udienze

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima l’astensione da parte di avvocati difensori di soggetti detenuti: questi non possono assentarsi nel corso dell’udienza nemmeno in caso di sciopero.

Il motivo alla base di questa sentenza è semplice: i detenuti in questo modo potrebbero vedere aumentare ingiustamente il loro periodo di detenzione.

La questione è approdata a questa decisione finale ed è stata risollevata dal caso di due avvocati che avevano chiesto l’annullamento del processo Aemilia per il fatto che i giudici avevano deciso di proseguire con le udienze nonostante lo sciopero indetto dai legali a maggio 2017.

Il caso

In merito alla questione dell’astensione da udienze per i legali di detenuti è stata chiamata ad esprimersi la Corte Costituzionale a seguito di un caso risalente a maggio 2017: lo scorso anno il giudice Francesco Caruso, presidente della Corte che sta gestendo il maxiprocesso Aemilia aveva deciso di procedere normalmente con le udienze a dispetto dello sciopero dei legali.

La decisione del giudice era stata impugnata da alcuni avvocati che ritenevano che addirittura il processo andasse annullato e rifatto a partire dal momento dell’udienza in cui essi erano assenti. Il giudice Caruso ha richiesto quindi alla Consulta di esprimersi sulla questione sostenendo che:

L’imputato a causa delle astensioni subisse restrizioni della libertà personale per motivi diversi da quelli espressamente considerati dalla legge”.

La sentenza

La Corte si è espressa in tal senso e in particolare ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2 bis della Legge 146/90 (esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali) :

È incostituzionale la norma che consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati nel regolare l’astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell’imputato”.

Tale sentenza conferma la decisione presa in precedenza dai giudici del processo Aemilia che avevano fatto proseguire le udienze anche durante lo sciopero degli avvocati: il collegio giudicante infatti non aveva sospeso le udienze.

Riferimenti normativi

La norma su cui si fonda la decisione della Corte è in particolare l’articolo 13 della Costituzione che chiarisce che solo il legislatore può intervenire in una materia che incide sulla libertà personale e stabilire la durata della custodia cautelare.

Sulla base di questa norma risulta essere illegittima dal punto di vista costituzionale l’articolo 2 bis che non nega in alcun modo che il codice di autoregolamentazione abbia delle conseguenze sulla disciplina legale dei limiti della custodia cautelare e quindi anche della libertà degli imputati. L’avvocato ed ex parlamentare Gaetano Pecorella ha criticato con forza la decisione della Corte e si è espresso in questo senso:

Quella della Consulta è una sentenza oscura: non si capisce se ha allargato la possibilità degli avvocati di astenersi dalle udienze, a prescindere dalla volontà degli imputati, o se invece l’ha esclusa quando ci sono imputati detenuti". A criticare la pronunzia è l’avvocato ed ex parlamentare Gaetano Pecorella, che davanti alla Consulta ha sostenuto le ragioni dell’Unione delle Camere penali, di cui è stato presidente”.

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