Aumento busta paga grazie ai buoni pasto, ecco perché e come richiederlo

Patrizia Del Pidio

12 Giugno 2023 - 12:13

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Caricare i buoni pasto direttamente in busta paga potrebbe rappresentare un aumento di stipendio non indifferente per circa 3 milioni di lavoratori.

Aumento busta paga grazie ai buoni pasto, ecco perché e come richiederlo

Lo stipendio potrebbe aumentare se si inserissero i buoni pasto direttamente in busta paga. Non si tratta di nulla di certo visto che, per ora si tratta solo di una proposta avanzata per risolvere i problemi, che ad oggi, ancora gravano su questo strumento di benefit di cui i lavoratori potrebbero fruire e che non sempre viene riconosciuto.

Ovviamente, come, detto, è una proposta e per vedere se ci saranno passi avanti in tal senso bisognerà attendere se l’attuale legislatura deciderà di fare qualcosa al riguardo.

La petizione per fare in modo che l’erogazione dei buoni pasto possa avvenire anche in una modalità diversa è stata avvita da Altroconsumo.

D’altronde, si tratta di uno strumento importante - che oggi interessa circa 3 milioni di lavoratori, per un valore complessivo di circa 3,2 miliardi - utilizzato non solo per la ristorazione, ma anche per pagare la spesa. Spesa per la quale nel frattempo sono in aumento i prezzi.

Tuttavia, i buoni pasto non piacciono ai commercianti, molti dei quali si stanno già rifiutando di accettarli, viste le elevate commissioni d’incasso a cui devono far fronte, che in media vanno dal 10% al 20% del valore del buono. Come dire, su una spesa di 20 euro, il commerciante ne incassa dai 18 ai 16 euro, a seconda della percentuale applicata. Tant’è che recentemente c’è stato uno sciopero di molti esercizi commerciali, i quali si sono rifiutati di far pagare con i buoni pasto.

Da qui nasce la necessità di trovare una soluzione per fare in modo che il buono pasto non si trasformi in uno strumento inutile, visto che se si continua su questa strada il lavoratore avrebbe grandi difficoltà a trovare un esercizio commerciale in cui poter spendere i buoni pasto ricevuti.

E proprio da qui nasce la proposta di caricare l’importo del valore dei buoni pasto direttamente in busta paga, dando, alla fine, più liquidità la lavoratore che potrà, di fatto, spendere tale somma in base alle sue reali necessità. Una soluzione che potrebbe essere ottimale a patto di lasciare la somma esente da tassazione, visto che consentirebbe ai lavoratori di avere buste paga più corpose per contrastare l’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione.

Buoni pasto: quando spettano?

È bene specificare che non esiste un diritto al buono pasto. Spettano, infatti, solamente quando previsti dalla contrattazione collettiva (Ccnl) oppure dal contratto di lavoro individuale.

Nel dettaglio, il decreto legge n. 122 del 7 giugno 2017, riconosce la possibilità di erogare i buoni pasto in favore di tutti i lavoratori subordinati, sia a tempo pieno che part-time, anche quando l’orario di lavoro non preveda una pausa pranzo. Il riconoscimento del buono pasto, dunque, è del tutto slegato dall’effettivo svolgimento del pasto.

Quel che è ovvio, è che il buono pasto, anche quando generalmente riconosciuto, non è corrisposto per le giornate non lavorative. È il Ccnl, o comunque il contratto individuale, a stabilire se il buono pasto spetta o meno nei giorni in cui si lavora in smart working.

Buoni pasto, stop ai ticket: la richiesta di Altroconsumo

Altroconsumo, ma anche diversi sindacati, da tempo chiedono che l’attuale normativa sui buoni pasto possa essere rivista, specialmente alla luce di quanto vi raccontavamo in precedenza, ossia che diversi esercenti si stanno opponendo al sistema delle commissioni sui ticket restaurant e per questo si stanno rifiutando di accettarli come strumento di pagamento.

Nel dettaglio, tale proposta - che difficilmente troverà spazio in questi ultimi mesi di legislatura - prevede l’assorbimento dei buoni pasto nella busta paga, mantenendone però le agevolazioni fiscali.

La somma del buono pasto erogata in busta paga, quindi, sarebbe pienamente deducibile (da Ires e Irap) per le aziende, mentre per il lavoratore non sarebbero soggetti a tassazione.

Il tutto sarebbe possibile modificando l’articolo 51, comma 2, lettera C, del Testo unico delle imposte sui redditi (Dpr n. 917 del 1986), così da permettere che le indennità di mensa corrisposte direttamente in busta paga non siano tassabili, per un importo di 8 euro al giorno. Ancora meglio, sempre secondo Altroconsumo, se nel contempo si decidesse di aumentare il limite dei buoni pasto giornalieri a 10 euro.

Una proposta che avrebbe vantaggi anche dal punto di vista amministrativo, in quanto si potrebbero gestire in maniera più snella e semplice il capitolo di bilancio dedicato alle spese per i pasti dei dipendenti. Senza trascurare l’aspetto del clima aziendale, in quanto aumenterà la soddisfazione dei lavoratori.

Quanto siamo vicini a tale svolta?

Per il momento l’argomento non è entrato ancora nelle aule del Parlamento e probabilmente ciò non avverrà durante questa legislatura. Tuttavia, Altroconsumo invita a votare la sua petizione (clicca qui), così che sempre più persone possano richiedere il pagamento dei buoni pasto in busta paga.

D’altronde, più saranno a firmare tale petizione e più sarà forte la pressione nei confronti di coloro che dovranno decidere in tal senso.

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