Quali sono i Paesi più poveri del mondo? Ecco le 10 nazioni meno ricche secondo i dati aggiornati del PIL pro capite.
La classifica aggiornata al 2025 dei Paesi più poveri del mondo mostra ancora una volta che è l’Africa subsahariana a soffrire maggiormente per mancanza di crescita, di accesso alle risorse, di standard di vita dignitosi, di soddisfazione dei bisogni primari. In sintesi, a causa della povertà.
Come sottolineato nel report di World Bank Group 2024, quasi 700 milioni di persone (l’8,5% della popolazione mondiale) vivono in condizioni di povertà estrema, con meno di 2,15 dollari al giorno. Secondo il rapporto relativo allo scorso anno, nell’Africa subsahariana si concentrava il 67% delle persone povere a livello globale.
Osservando i dati di aprile 2025 del PIL pro capite elaborati dal FMI il quadro generale non cambia, con i Paesi più poveri al mondo concentrati ancora nella regione dell’Africa subsahariana. La classifica aggiornata.
PIL pro capite, un parametro che certifica la povertà
È difficile conoscere a priori le cause della povertà a lungo termine. Allo stesso modo, non è possibile definire con certezza un metodo di calcolo infallibile che permetta di stabilire a livello assoluto quale sia il Paese più povero di tutti. A tal fine, però, ci giunge in aiuto il PIL pro capite, che viene utilizzato come valore metrico standard dalla comunità internazionale.
Questo dato, che si aggiorna continuamente in base a diversi fattori, è uno stretto parente del PIL ma, a differenza di esso, riesce a fotografare meglio la situazione. Difatti, parametrando le differenze del costo della vita e dell’inflazione, l’indice del potere d’acquisto certifica universalmente la debolezza economica di un popolo.
In sintesi, come indicato dal Mef, si tratta del:
rapporto tra il valore del PIL del Paese nel periodo considerato e il suo numero di abitanti. L’indicatore fornisce una misura del tenore di vita registrato in media nel Paese.
I 10 Paesi più poveri del mondo: la classifica 2025
Tutta l’Africa subsahariana conta un PIL pro capite di 1.590 dollari annui, un valore che mostra tutta la fragilità dell’area se confrontato con quello di 64.000 dollari annui delle principali economie mondiali (il G7).
Per curiosità, secondo le stime FMI di aprile 2025 l’UE registra 44.000 dollari annui di PIL pro capite e il Nord America 66.000 dollari annui.
Sotto la soglia dei 10.000 annui ci sono le regioni del mondo del Sud America, Asia e Pacifico, America centrale, Sud-Est asiatico, Nord Africa, Asia meridionale, Africa subsahariana.
Per trovare i Paesi più poveri a livello globale bisogna concentrarsi su queste regioni.
10. Niger
Con un PIL pro capite di 751 dollari, il Niger è il decimo Paese più povero al mondo.
Situato nell’Africa occidentale, nel cuore del Sahel, il Niger ha un’economia fortemente dipendente dall’agricoltura. Nonostante i continui sforzi per migliorare la situazione, la povertà rimane una sfida importante. Nel 2024, secondo World Bank, il tasso di povertà estrema si attestava al 45,3%. Si prevede che scenderà al 35,8% entro il 2027, trainato dalla forte crescita prevista nel settore agricolo.
Le prospettive però sono soggette a rischi al ribasso legati alle minacce alla sicurezza, agli shock climatici, alle difficoltà di rinnovo e rifinanziamento del debito e alle pressioni nel settore bancario.
Dal colpo di stato del 26 luglio 2023, il Niger è governato da un regime militare, con il generale Abdourahmane Tiani. Il capo militare della nazione ha prestato giuramento come presidente del Paese a marzo 2025, per un periodo transitorio di cinque anni.
9. Repubblica Democratica del Congo
La Repubblica Centrafricana registra un PIL pro capite di 742 dollari. Indipendente dal 1960, questa ex colonia francese presenta uno degli indici di sviluppo umano più bassi a livello mondiale. Ricco di uranio, diamanti, petrolio e oro, il territorio presenta molte risorse naturali che, in gran parte, risultano essere poco sfruttate.
Molto importante la selvicoltura e l’agricoltura. Quest’ultima è caratterizzata dalla coltivazione e vendita di colture come arachidi, mais e manioca. Da non trascurare le zone selvagge che sono potenzialmente delle interessanti destinazioni per gli amanti dell’eco-turismo oltre che delle riserve preziose per la conservazione di diverse specie.
Si stima però che nel 2024 il 73,5% della popolazione congolese vivesse con meno di 2,15 dollari al giorno. Circa una persona su sei che vive in povertà estrema nell’Africa subsahariana vive nella Repubblica Democratica del Congo.
La rinascita del gruppo ribelle M23 ha inoltre ostacolato significativamente il percorso della RDC verso il raggiungimento della pace e dello sviluppo. Attualmente, quasi il 20% del territorio nazionale è controllato dai ribelli, in seguito alla caduta di importanti città e territori nelle province del Nord e del Sud Kivu.
8. Mozambico
Stato sovrano dell’Africa Orientale, è un’ex colonia portoghese. Indipendente a partire dal 1975, l’economia si basa prevalentemente sull’agricoltura. Circa due terzi dei suoi 33 milioni di abitanti stimati (2023) vivono e lavorano in aree rurali. Il paese dispone di ampie risorse, tra cui terreni coltivabili, abbondanti fonti d’acqua, energia, risorse minerarie e giacimenti di gas naturale di recente scoperta al largo delle sue coste.
Con un PIL pro capite pari a 663 dollari, il Mozambico è tra i dieci Paesi più poveri del pianeta a causa dell’instabilità politica e delle gravi condizioni climatiche.
La crescita del PIL ha subito una decelerazione all’1,8% nel 2024, in calo rispetto al 5,4% del 2023, principalmente a causa delle interruzioni post-elettorali nel quarto trimestre del 2024. Le forti piogge hanno colpito la produzione agricola, mentre il rallentamento del settore estrattivo ha ulteriormente frenato l’attività economica.
Inoltre, il conflitto nella provincia di Cabo Delgado, la più settentrionale del Mozambico, ricca di gas, ha causato un costo elevato in termini di vite umane e mezzi di sussistenza, nonché in termini di danni alle infrastrutture fisiche e al capitale umano e sociale della regione. A metà marzo 2025, il conflitto aveva ucciso 5.947 persone e costretto 580.000 a sfollamenti.
7. Sudan
Il PIL pro capite sudanese è di 624 dollari.
Per gran parte della sua storia indipendente, il Paese ha dovuto affrontare un consistente conflitto interno che ne ha indebolito la capacità di svolgere un ruolo di leadership nella regione. Tra questi, due delle guerre civili più lunghe del continente africano e i conflitti in Darfur, Kordofan meridionale e Nilo Azzurro. In base ai termini dell’Accordo di Pace Globale del 2005, il Sud Sudan si è separato dal Sudan nel 2011, diventando il 54° stato indipendente d’Africa.
La secessione del Sud Sudan ha causato molteplici shock economici, tra cui la perdita dei proventi petroliferi che rappresentavano oltre la metà delle entrate del governo sudanese e il 95% delle sue esportazioni. Ciò ha portato a una riduzione della crescita economica e a un’inflazione a due cifre dei prezzi al consumo.
Un’escalation del conflitto dall’aprile 2023 ha impattato in modo devastante sulla popolazione. L’escalation del conflitto ha sconvolto vite umane, danneggiato le infrastrutture e messo a dura prova l’economia, trasformando il Sudan nella più grande crisi di sfollamento al mondo.
I rapporti delle Nazioni Unite (ONU) indicano che, a marzo 2025, quasi 13 milioni di persone erano sfollate all’interno del Sudan o nei paesi limitrofi. Gli effetti sulla sicurezza alimentare sono allarmanti, con quasi 26 milioni di persone che soffrono di fame acuta, oltre il 50% della popolazione sudanese.
6. Madagascar
In seguito all’indipendenza dalla Francia, conseguita nel 1960, il Madagascar è stato segnato da periodi all’insegna dell’instabilità politica, colpi di Stato ed elezioni oggetto di contestazione. A peggiorare la situazione le conseguenze del Covid e della guerra in Ucraina. In seguito a quest’ultima si è registrato un aumento del prezzo dei prodotti alimentari che pesa sulle tasche dei cittadini.
Se tutto questo non bastasse, il Madagascar è tra i primi 10 Paesi al mondo ritenuti vulnerabili ai rischi climatici, quali inondazioni, siccità e cicloni che provocano danni ad abitazioni e raccolti. Con un Pil pro capite pari a 594 dollari, questo Paese presenta uno dei tassi di povertà più alti a livello mondiale.
5. Malawi
Stato senza sbocchi sul mare, il Malawi è uno dei Paesi più piccoli del continente africano. L’ultimo periodo è stato segnato da una crisi economica in seguito alla quale si è registrata la svalutazione della valuta, un pesante aumento dei prezzi degli alimenti e carenza di carburante.
Il Malawi rimane uno dei Paesi più poveri del mondo, nonostante le significative riforme economiche e strutturali intraprese per sostenere la crescita economica. L’economia dipende fortemente dall’agricoltura, che impiega oltre l’80% della popolazione, ed è vulnerabile agli shock esterni, in particolare a quelli climatici.
Il suo PIL pro capite è di 580 dollari.
4. Repubblica Centrafricana
Il PIL pro capite della Repubblica Centrafricana è di 531 dollari.
Indipendente dal 1960, questa ex colonia francese presenta uno degli indici di sviluppo umano più bassi a livello mondiale. Ricco di uranio, diamanti, petrolio e oro, il territorio presenta molte risorse naturali che, in gran parte, risultano essere poco sfruttate.
Molto importante la selvicoltura e l’agricoltura. Quest’ultima è caratterizzata dalla coltivazione e vendita di colture come arachidi, mais e manioca. Da non trascurare le zone selvagge che sono potenzialmente delle interessanti destinazioni per gli amanti dell’eco-turismo oltre che delle riserve preziose per la conservazione di diverse specie.
La Repubblica Centrafricana si colloca tra i paesi con il più basso punteggio nell’Indice del Capitale Umano e nell’Indice di Sviluppo Umano, con un punteggio di 0,26 nel 2020, posizionandosi al 191° posto su 193 paesi nel 2022. Sebbene disponga di un significativo potenziale agricolo e di vaste aree boschive, la popolazione non ha ancora beneficiato in modo significativo di queste risorse.
3. Burundi
Il Burundi si posiziona al terzo gradino di questo triste podio, con un PIL pro capite di 489 dollari.
Circa l’80% della popolazione dipende dall’agricoltura di sussistenza e ne consegue che il livello di insicurezza alimentare sia quasi il doppio rispetto alla media degli Stati dell’Africa sub-sahariana.
Meno del 5% degli abitanti dispone dell’elettricità e sono ancora in pochi a poter accedere all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.
La crescita del PIL reale ha raggiunto il 3,5% nel 2024, rispetto al 2,7
per cento nel 2023, sostenuto dall’agricoltura e da inteerventi del governo, ma è gravata da una pesante carenza di carburante.
L’incidenza della povertà rimane tra le più alte a livello globale, pari a
quasi il 63% nel 2024, mentre l’inflazione a due cifre, le tensioni regionali e globali e il rallentamento economico pesano sulla crescita.
2. Yemen
Lo Yemen ha un PIL pro capite di 416 dollari.
Dieci anni dopo l’inizio della guerra civile, che ha causato condizioni umanitarie catastrofiche nel Paese, milioni di yemeniti sono spinti ancora più nella fame e nella povertà estrema a causa del rapido crollo della valuta.
Nel Paese l’80% della popolazione vive in povertà e si stima che 17,1 milioni di persone soffrano di insicurezza alimentare e il 55% dei bambini sotto i cinque anni abbia una malnutrizione cronica.
La guerra ha distrutto gran parte delle infrastrutture critiche dello Yemen: strade, ponti, mercati, ospedali, scuole e fabbriche private che alimentavano l’economia yemenita.
Il FMI a inizio 2025 ha comunicato che le condizioni economiche hanno continuato a deteriorarsi, con il PIL e i redditi reali in ulteriore contrazione nel 2024 a causa del significativo deprezzamento del rial yemenita, a fronte del blocco delle esportazioni di petrolio, della limitazione dei finanziamenti esterni e dell’aumento dell’inflazione. Le posizioni fiscali ed esterne rimangono sotto pressione, le riserve sono criticamente basse e gli arretrati continuano ad aumentare.
1. Sud Sudan
Con un Pil pro capite di 251 dollari, il Sud Sudan è il Paese più povero del mondo.
Devastato da anni all’insegna della corruzione e delle guerre, questo Stato è ricco di risorse, quali petrolio, ferro, rame, argento, oro e zinco. La maggior parte della forza lavoro si occupa di agricoltura, prevalentemente di sussistenza.
I vari conflitti interni e gli eventi atmosferici spesso estremi, però, rendono spesso impossibile riuscire a piantare e raccogliere i frutti del raccolto. Le infrastrutture sono carenti, oltre il 60% della popolazione necessita di assistenza umanitaria e, inoltre, il Paese registra anche un elevato tasso di analfabetismo femminile.
La Banca Mondiale stima che l’economia del Sud Sudan subirà una contrazione del 30% nell’anno fiscale 2024/2025, ma che si prevede una ripresa nell’anno fiscale 2025/2026, qualora si registrasse una ripresa delle esportazioni di petrolio Dar Blend Oil del Paese
© RIPRODUZIONE RISERVATA