Trading, come è cambiato dopo la pandemia?

David Pascucci

30 Giugno 2022 - 13:00

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Dopo il 2020 abbiamo visto un vero e proprio boom nel settore trading. Vediamo insieme cosa è cambiato dal post-pandemia

Trading, come è cambiato dopo la pandemia?

Il trading, si sa, è un’attività altamente rischiosa, nel senso che ci si può fare male con molta facilità e senza troppi sforzi. Dopo la pandemia, le condizioni di vita dovute alla quarantena, hanno spinto molti “curiosi” ad avvicinarsi al trading senza una formazione di alcun tipo, eppure la curiosità e il dovere di sperimentare hanno preso il sopravvento di fronte ai veri rischi di questo mestiere.

Da risparmiatore a trader in pochi mesi?

In Italia abbiamo una fortissima cultura del risparmio, una cultura che fino a oggi è risultata fondamentale per portare letteralmente avanti la nostra economia. Questa propensione al risparmio è dovuta principalmente alla componente “cautela” nei confronti del futuro. Con il Covid, il rallentamento del lavoro, la chiusura e lo spettro del crollo economico, gli italiani hanno cercato fonti di guadagno più immediate e veloci.

Ecco qui che stando davanti al pc per svariati motivi, appare la pubblicità di una società che parla di trading e di fare questa attività in modo profittevole. Nel frattempo i vari telegiornali parlano di un’economia che va a rotoli e di un settore finanziario allo sfacelo totale con i mercati che crollano rovinosamente, mentre dall’altra parte su internet vari “guru” degli investimenti professavano di aver fatto fortuna con le criptovalute.

Perchè io ho paura mentre qualcun altro guadagna con le criptovalute?”. Bene, qui entra in gioco la componente rischio/scommessa che fa aprire il conto trading senza sapere minimamente cosa si stesse facendo, un atteggiamento dovuto alla paura per il futuro, un errore comportamentale che si definirebbe come una vera e propria scelta dettata dall’impulsività. In questa pandemia moltissimi hanno iniziato a fare trading completamente privi di una formazione base per capire cosa stessero facendo.

I Numeri parlano chiaro: il boom del trading

Solamente a maggio 2020 si è registrato un aumento delle negoziazioni online complessive con un +211% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre il numero di traders nel 2020 è cresciuto del +40% e nel 2021 si è saliti di un ulteriore +25%. Un vero e proprio boom quello del trading online che ha visto anche aumentare considerevolmente il numero dei broker, ossia coloro che offrono servizi di investimento, alcuni di loro però palesemente truffaldini in quanto privi di licenza per operare nel territorio italiano ed europeo, la cosiddetta licenza Mifid.

Quindi, proprio in questo periodo, molti si sono interfacciati con questo mondo nuovo alimentando la curiosità di molti che non sapevano neanche cosa fosse il trading. La propensione di alcuni a “voler diventare subito ricchi” è servita a molti broker e guru, solitamente tramite pubblicità ingannevoli, a vendere un sogno realmente irrealizzabile nel breve periodo. Se andiamo a vedere le statistiche riguardo il numero di traders perdenti, ci aggiriamo sempre nell’intorno dell’ 80-90% di trader perdenti, eppure il numero di traders (o aspiranti tali) negli ultimi due anni è aumentato considerevolmente.

Praticamente, osservando questi numeri, è aumentata molto la platea di nuovi aspiranti traders, ma essi si sono avvicinati al trading con un approccio errato, ossia più da scommettitore che vuole “tutto e subito”, una scelta totalmente impulsiva rispetto a una scelta più ragionevole che vedrebbe un approccio dove una persona si avvicina al trading perché visto come una professione. Ricordo in merito, che il trading è una professione in ambito bancario con diverse specializzazioni in vari mercati e con varie figure che gravitano attorno a questa figura professionale, come ad esempio i Quants, i Risk Analysts gli Analisti Tecnici, i Sales, tutti che gravitano attorno alla figura del trader.

Purtroppo, culturalmente, molti film e la terminologia utilizzata nell’ambito trading/investimenti è più una terminologia da scommettitori e alcuni film fanno vedere la figura del trader (tante volte scambiato con i broker) come qualcuno che fa soldi facilmente, in poco tempo e con “le dritte giuste”. Film come “The Wolf of Wall Street” dove il protagonista fa soldi in poco tempo tramite vendite di titoli (quello non è trading) oppure “La Grande Scommessa”, criticabile sotto il punto di vista del titolo che include la parola “scommessa” ma impeccabile nel contenuto, hanno in un certo senso dato un senso diverso a questo tipo di mondo e di lavoro.

Formazione: l’unica soluzione per fare trading

Considerare il fatto che per imparare un mestiere serve una formazione specifica, è fondamentale per capire come per fare trading serve una fase di studio, come in tutti i lavori. Per fare il meccanico serve una fase di studio e una fase pratica, la stessa cosa vale per fare l’idraulico, l’avvocato, il medico, l’ingegnere, insomma per lavorare, quindi per svolgere una “Professione” serve una formazione “professionale” e la professionalità è data dalla formazione sia teorica che pratica e dall’esperienza delle nozioni imparate direttamente sul campo.

Nel mondo del trading si tralascia completamente questo aspetto e si viene direttamente attirati da persone autoproclamatesi “Guru” o “formatori” che non hanno un titolo di studio adeguato a ciò che insegnano, non hanno titoli o referenze certificate da terzi circa le loro competenze (albi professionali, competizioni di trading vinte ecc.), ma hanno solamente delle ottime soluzioni di marketing che premono sul bisogno impellente di fare soldi in poco tempo.

Non troverete mai un formatore serio e professionale che preme su queste leve di marketing, anzi un formatore vero ha delle prove della sua attività che sono certificate da terzi e non in modo autoreferenziale. In sostanza, molti di coloro che hanno cercato di formarsi si sono trovati davanti a persone completamente prive di esperienza, di capacità e di titoli, proprio perché l’approccio iniziale al trading è stato quello del “tutto e subito”.

Il trading richiede innanzitutto un tempo di formazione adeguato e poi una pratica possibilmente con la supervisione personalizzata da parte di un professionista disposto a farlo. In sostanza, il trading è un lavoro come un altro e la fase di studio e formazione risulterà fondamentale nei risultati futuri sia in termini di tempo che di qualità del proprio operato.

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