Stoccaggi, riserve e nucleare: qual è il piano dell’Italia?

Erasmo Venosi

31 Ottobre 2022 - 18:20

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L’energia è uno dei temi caldi dell’attualità e del nuovo Governo: ecco un’analisi sulla situazione energetica italiana.

Stoccaggi, riserve e nucleare: qual è il piano dell’Italia?

Stoccaggi, riserve di idrocarburi nazionali, nucleare. Intorno a questi termini nasce la Consulenza Cingolani alla nuova presidente del Consiglio. Termini, spesso piegati al sentiment corrente, in tema energetico ma sovente avulso dal reale. Stoccaggi: la capacità massima è pari a 17 miliardi di metri cubi dei quali, 4,5 appartengono alla riserva strategica che non si dovrebbe, in teoria mai toccare. La domanda di gas 2021 è stata pari a 76,1 miliardi di metri cubi (mc). Una autonomia del 15,9%, senza toccare le riserve strategiche e comunque si attinge agli stoccaggi unicamente per far fronte alla domanda di picco. Mediamente la domanda di gas nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio è pari a 27 miliardi di mc (dati di riferimento triennio 2020/2022).

Dalla Russia importavamo il 40% del fabbisogno, circa 29 miliardi di mc. Nei primi dieci mesi è stato ridotto del 38% la domanda di gas dalla Russia e 12 miliardi di mc dovrebbero provenire da gas naturale liquefatto, il gnl (a condizione che sia realizzato il rigassificatore di Piombino e quello di Gioia Tauro e disponibilità a pagarlo 4 volte rispetto, a un acquirente Usa come ha osservato il ministro francese dell’economia Le Maire).

Questa la situazione, sulla quale si innesta la smentita del ministro Cingolani da parte dell’Autorità per l’Energia nella sua comunicazione al Parlamento e Governo. Cingolani ha sostenuto e sostiene, che non ci saranno problemi sul fronte del gas perché una buona parte del gas russo è stato sostituito e gli stoccaggi sono quasi al massimo.

Le certezze dell’ex ministro si fondano su accadimenti, che si verificheranno a suo dire con certezza, come: a) stoccaggi al 90% al 1° novembre; b) a gennaio prossimo entrerà in esercizio un rigassificatore; c) sarà un inverno non troppo freddo; d) rinunciando a un grado di temperatura e una ora di riscaldamento, risparmieremo 2,5 miliardi di metri cubi di gas. L’Autorità segnala a Parlamento e Governo “la forte incertezza circa la disponibilità effettiva di un’adeguata offerta di gas naturale per il prossimo inverno”.

Un uso molto strumentale delle stimate riserve di idrocarburi nazionali, porta politici ed esperti vari ad affermazioni del tipo: “in 15 anni la produzione europea è calata di 2/3, e quella italiana, dopo avere superato i 17 mld di mc/anno oggi si attesta a poco più di tre. La nuova sensibilità ambientale non ha ridotto i consumi; ma ha reso estremamente più comodo importare anziché produrre”. Un paese l’Italia dove una folla di “esperti”, raccatta dall’armamentario gli argomenti ambientali considerati la iattura più grave per le disgrazie di questo paese. A dire di costoro l’Italia sarebbe una specie di El Dorado delle fonti fossili trascurate, a causa di veti localistici. Usano cifre altamente speculative per costruire consenso verso le trivellazioni aprendo le porte, a leggi in favore delle attività estrattive. Diventa urgente e necessario capire la questione delle riserve italiane di idrocarburi e se, considerando costi e benefici possono giustificare l’attività estrattiva.

Immensa la confusione nella determinazione delle risorse nel sottosuolo. Una valutazione realistica e scevra da strumentalizzazioni è la pubblicazione dei dati sulle riserve ufficiali fatta dalla Direzione Generale per le Risorse Minerarie (DGRME) del ministero dello Sviluppo Economico. Preliminarmente vediamo cosa si intende per riserve di una determinata risorsa mineraria. Le riserve sono una parte della intera risorsa, presente nel sottosuolo estraibile nelle condizioni economiche e tecniche attuali. Il metodo usato per stimare una risorsa è principalmente quello probabilistico. Si distinguono tre categorie di riserve: certe, probabili e possibili. Le riserve certe rappresentano le quantità stimate di idrocarburi che, sulla base di dati geologici, potranno essere con probabilità superiore al 90%, prodotte nelle condizioni tecniche, economiche e operative esistenti al momento.

Le riserve probabili quelle estraibili con probabilità superiore al 50% e le riserve possibili quelle recuperabili con probabilità inferiore al 50%. Consultando i dati del DRGME si legge nell’ultima relazione (2019) che le riserve certe in mare ammontano a 22,4 miliardi di metri cubi, quelle probabili a 25,9 mld di mc e quelle possibili a 10,9 mld di metri cubi. Non una quantità enorme come si verifica dai numeri. Incredibile poi che i proventi corrisposti allo Stato come royalties siano pari a 175,3 milioni di euro.

Nucleare senza essere ridicoli nel citare quello da fusione, che prima del 2050 se andrà bene potrà produrre il primo Kwh commerciale (reattore sperimentale ITER e DEMO per produzione), resta la cosiddetta quarta generazione con zero realizzazioni e quello da fissione: la terza generazione plus ovvero l’EPR (Evolutionary Power Reactor) e gli Small Modular Reactors.

Chiariamo subito che non esiste nessun reattore di quarta generazione. Su quest’ultimo persiste il mito della riproduzione (breeding). Banalizzando in luogo dell’uranio (U 235) attualmente utilizzato nei reattori si impiegherebbe un “altro uranio “(U 238) che rappresenta il 99% dell’uranio naturale. Non si spiega, che tale sfruttamento avviene, bombardando con neutroni veloci l’uranio che in tal modo si trasforma nel micidiale plutonio (Pu 239). La quarta generazione e riporto le dichiarazioni del massimo esperto in campo nucleare dell’Enea, Stefano Monti “La 4° generazione di reattori è ancora in fase di ideazione non saranno disponibili sul mercato prima del 2040-2050 “.

Il nucleare è costosissimo, non vive senza copiosi contributi pubblici, è critico nel tempo della siccità dovuta ai cambiamenti climatici: si pensi che un reattore di terza generazione plus EPR come quello installato a Olkiluoto necessita per il raffreddamento di 100.000 litri al secondo.

Doveva costare 2000 dollari a Kw e ne è costato 6000 oltre ad avere ritardi di costruzione di 13 anni. A Flamanville, in Francia, il reattore EPR è stato iniziato nel 2007. Anche qui i lavori sarebbero dovuti durare 5 anni, ma la consegna è ora attesa per il 2023, con costi che sono quadruplicati, passando da 3,3 miliardi di euro a 12,7 miliardi, ovvero da 2.000 USD/kW a ben oltre 8.000 USD/kW. Infine gli SMR a cui fa riferimento Cingolani e alcuni rappresentanti politici. A costoro consiglio di farsi spiegare quanto riportato nella ricerca pubblicata su PNAS dal titolo “Nuclear waste from small modular reactors” dove si sostiene, che gli SMR avrebbero più scorie rispetto ai reattori ad acqua pressurizzata tradizionali.

Consiglio di leggere sempre sugli SMR anche un rapporto redatto dell’Australian Conservation Foundation dal titolo “ Wrong reaction: Why “ next-generation” nuclear is not a credibile” (Wrong reaction: ‘next generation’ nuclear is not a credible energy solution - Australian Conservation Foundation (acf.org.au).

Nel Rapporto IEA 2021 denominato “Net zero by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector” si legge che il costo medio di produzione di elettricità di un impianto nella sua durata di vita (LCOE, Levelised Cost of Energy) è nettamente a favore del fotovoltaico, diminuito dell’80% nell’ultimo decennio e continuerà a farlo. Solo l’eolico si avvicina a competere con il fotovoltaico. Anche il Rapporto IRENA (Renewable Power Generation Costs) l’indice LCOE medio espresso in dollari per Kwh prodotto, vale 0,048 USD/KWh per fotovoltaico e per carbone, gas e nucleare varia tra 0,070 e 0,100. USD/KWh.

Nel Rapporto IEA si legge che al 2050 l’energia nucleare dovrebbe raddoppiare passando da 413 milioni Kw di potenza a 812. In termini di incidenza percentuale di energia prodotta il nucleare passerà dal 10% del 2020 all’8% del 2050.

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