Come insegnare in una scuola privata? Con le nuove regole basterà pagare

Simone Micocci

25 Gennaio 2017 - 16:06

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Scuola: nuove le regole per diventare insegnanti, ma per gli istituti privati resta tutto invariato. Ciò potrebbe portare ad una situazione spiacevole, ecco perché.

Come insegnare in una scuola privata? Con le nuove regole basterà pagare

Riforma della scuola: la delega sul reclutamento introdurrà delle nuove norme per diventare insegnanti, ma cosa cambia per gli istituti privati?

La delega sul reclutamento, approvata due settimane fa dal Consiglio dei Ministri, continua a far discutere. Questa volta le polemiche non riguardano lo stipendio previsto per il tirocinio triennale, ma le diversità di trattamento per gli insegnanti degli istituti privati e per quelli delle scuole pubbliche.

Infatti, le nuove norme riguardano solamente i docenti della scuola pubblica, mentre per diventare insegnanti nelle scuole private bisognerà seguire le regole attualmente in vigore. Quindi, per insegnare nelle scuole private basterà inviare la domanda di messa a disposizione presso l’istituto in cui si vuole insegnare e sperare di essere richiamati. Naturalmente la scuola privata deve rispettare alle normative vigenti, quindi anche in questo caso per poter insegnare è necessario essere in possesso di un titolo di studio idoneo e dell’abilitazione.

Ed è proprio qui che si concentrano le polemiche degli insegnanti. Infatti, come rivelato dal Corriere della Sera, con le nuove regole si utilizzeranno “due pesi e due misure” dal momento che o si vince il Concorso oppure bisognerà pagare di tasca propria per poter insegnare.

Come insegnare nelle scuole private con le nuove regole?

Le nuove regole sul reclutamento capovolgono il percorso per diventare insegnanti nelle scuole pubbliche. Infatti, ad oggi il requisito fondamentale per essere assunti è quello di essere abilitati. Con le nuove regole, invece, prima di essere abilitati e assunti bisognerà vincere un concorso.

Quindi, con l’entrata in vigore del decreto la formazione dei futuri insegnanti sarà a spese delle Stato. I docenti dopo aver vinto il concorso accederanno al tirocinio triennale e non dovranno pagare, come avviene oggi per il TFA, anzi riceveranno persino uno stipendio, seppur minimo (si parla di 400€ per i primi due anni).

Per gli insegnanti delle scuole private, invece, andrà diversamente: dovranno pagare di tasca propria per la loro abilitazione. E questo è un problema che il Miur non può assolutamente sottovalutare perché potrebbe portare a delle conseguenze inaspettate.

Come insegnare nelle scuole private: le polemiche

La legge sulla parità scolastica del 2000, voluta dall’allora Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, prevede che anche gli insegnanti degli istituti privati siano in possesso del titolo di abilitazione. Tuttavia, questi docenti non possono rientrare nel piano formativo finanziato dallo Stato perché altrimenti ci sarebbe una violazione dell’articolo 33 della Costituzione, in cui è riconosciuto il diritto di istituire scuole private ma “senza oneri per lo Stato”.

Insomma, c’è il rischio che con le nuove regole per diventare insegnanti ci siano due carriere separate: una per i docenti vincitori del Concorso, che diventeranno di ruolo nella scuola pubblica, e un’altra per quelli degli istituti privati a cui basterà “pagare” per avere la possibilità di insegnare.

L’articolo 15 della delega presentata alle Camere, infatti, permette agli insegnanti delle scuole paritarie di iscriversi anche ai corsi di specializzazione in soprannumero, purché le spese d’iscrizione siano a carico loro. Quindi ai prossimi corsi di specializzazione (previsti nel primo anno di tirocinio) potranno accedere non solo i vincitori del concorso ma anche coloro che aspirando ad una cattedra in una scuola privata pagheranno di tasca propria.

Così si rischia che la scuola privata sia la seconda scelta, il “porto sicuro”, per tutti gli insegnanti che non vinceranno il nuovo Concorso Scuola.

L’onorevole Manuela Ghizzoni (Pd), relatrice della delega sul reclutamento, però difende l’operato del Miur smentendo questa ipotesi:

“Non credo che alle scuole secondarie paritarie si indirizzeranno solo coloro che non sono riusciti ad entrare nel nuovo sistema di accesso al ruolo previsto per quelle statali. Anzi. Proprio perché le due carriere si separeranno, chi sceglierà la paritaria lo farà perché crede in quel progetto educativo”.

Sarà veramente così? Non lo sappiamo, ma quel che è certo è che nei prossimi anni le paritarie non saranno più considerate come una semplice opportunità con cui fare punteggio per salire in graduatoria.

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