Inter e Milan diventano proprietarie di San Siro, ma la Procura indaga: ecco perché la vendita da 197 milioni rischia di trasformarsi in un caso nazionale.
Inter e Milan diventano ufficialmente proprietarie dello stadio di San Siro. Dopo due ore di sguardi tesi, è stato firmato il rogito nello studio notarile di Filippo Zabban. “Le cose belle richiedono sempre tempo”, ha commentato Paolo Scaroni, presidente rossonero, lasciando il palazzo con il sorriso di chi sa che qualcosa di enorme è appena cambiato.
Ma dietro la foto di rito e la stretta di mano, si nasconde una storia più complessa. Perché sul passaggio di proprietà più atteso del calcio italiano, pesa un fascicolo per turbativa d’asta della Procura.
Sul tavolo ci sono 197 milioni di euro, un vincolo architettonico in scadenza e un progetto da miliardi destinato a cambiare il volto di un quartiere. Ma anche un intreccio di interessi, pressioni e scadenze che vanno ben oltre una semplice operazione sportiva.
L’operazione da 197 milioni e i tempi stretti
Due ore che resteranno nella storia del calcio milanese. Dopo mesi di trattative e rinvii, il Comune di Milano ha ceduto lo stadio Giuseppe Meazza e le aree limitrofe ai due club per 197 milioni di euro. La cifra sarà versata in più tranche, con la prima ( circa 100 milioni, comprensiva di IVA e debiti pregressi) garantita da fideiussioni bancarie depositate all’ultimo minuto.
Il sindaco Beppe Sala aveva già anticipato le ragioni del ritardo: “Questioni tecniche tra le società più che con il Comune”. In altre parole, serviva tempo sistemare i conti, allineare gli organi societari e chiudere gli adempimenti per rendere effettivo il trasferimento.
Ma il tempo non era un dettaglio. Il 10 novembre era la scadenza limite. Se non si fosse firmato entro quella data, la Sovrintendenza avrebbe imposto un vincolo architettonico sul secondo anello del Meazza. E addio demolizione, addio nuovo stadio.
Così è arrivata la firma, in extremis. Il nuovo progetto, già definito a marzo, prevede un impianto da 71.500 posti sul lato ovest, mentre parte del vecchio stadio verrà trasformata in spazio museale e commerciale. I lavori dovrebbero iniziare nel 2027, per chiudersi nel 2031. Una rinascita che promette di cambiare il volto di Milano Ovest.
La strada però è ancora in salita: la Procura di Milano ha aperto un’indagine per turbativa d’asta. Solo la parola fa scattare l’allarme.
L’ombra della turbativa d’asta
Nel pomeriggio è arrivata la notizia: la Procura di Milano indaga sulla vendita di San Siro. Non ci sono nomi, né accuse formali, ma un fascicolo è aperto. A far partire tutto è la denuncia di Claudio Trotta, promoter e fondatore del comitato “Sì Meazza”. Nella sua versione, l’avviso pubblico del Comune non sarebbe stato un vero bando, ma una corsa chiusa, scritta su misura per i due club. Tempi troppo stretti, poca trasparenza e il sospetto che l’esito fosse deciso prima ancora di cominciare.
Un’accusa che pesa, anche se per ora si parla solo di verifiche preliminari. Ma basta la parola “turbativa” - quel reato che indica un’interferenza indebita in una procedura pubblica - per far ripiombare nel limbo l’intera operazione.
I riflessi sul calcio-business
Per Inter e Milan, non è solo una questione burocratica. La piena proprietà dello stadio è il tassello che mancava per trasformare il Meazza in un motore economico. Dalla possibilità di una gestione autonoma, a ricavi da eventi e diritti, oltre ad avere un asset vero da mettere a bilancio. Si tratta cioè di un cambio di paradigma che può incidere sul valore delle due società, sul mercato e nella percezione degli investitori.
Ma ogni inchiesta porta incertezza. Gli investitori amano la chiarezza e un’indagine aperta rischia di rallentare decisioni, progetti, persino sponsor. Per i tifosi, il rogito era la promessa di un futuro moderno. Se la giustizia dovesse invece rallentare la corsa, il futuro dei due club potrebbe essere meno roseo del previsto.
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