Salario minimo stop, ecco l’alternativa approvata dalla Camera dei Deputati

Simone Micocci

30 Novembre 2023 - 12:38

Niente salario minimo in Italia: via libera all’emendamento che delega al governo la possibilità di approvare le norme per il passaggio al trattamento economico complessivo minimo.

Salario minimo stop, ecco l’alternativa approvata dalla Camera dei Deputati

La commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha dato il via libera all’emendamento della maggioranza che di fatto cancella la proposta sul salario minimo avanzata dalle opposizioni.

Almeno in questa legislatura, quindi, non ci sarà alcuna introduzione di un salario minimo in Italia. Al suo posto viene delegata al governo la possibilità - da esercitare entro 6 mesi - di approvare misure che possano garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione che sia proporzionata e sufficiente, potenziando lo strumento della contrattazione collettiva.

Nonostante in Italia siano i contratti collettivi a garantire un certo livello stipendiale, ci sono lavoratori che guadagnano comunque molto poco, persino meno dei 9 euro l’ora (lordi) previsti dalla proposta di salario minimo firmata dall’opposizione: questo perché ad esempio ci sono dei contratti sottoscritti con delle piccole sigle sindacali con i quali vengono previste delle condizioni molto meno favorevoli rispetto a quelle dei contratti collettivi. Dei veri e propri contratti “pirata”.

Lavoratori a cui la maggioranza vuole dare attenzione, come si evince dal testo dell’emendamento soppressivo rispetto alla proposta delle opposizioni sul salario minimo il cui primo firmatario è Walter Rizzetto (presidente della Commissione lavoro della Camera dei deputati).

Salario minimo, cosa prevede l’emendamento per aumentare gli stipendi

L’emendamento in questione delega al governo in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva al fine di garantire a ognuno il diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente come sancito dall’articolo 36 della Costituzione.

Nel dettaglio, viene dato mandato al governo affinché possa individuare adeguati strumenti volti a rafforzare la contrattazione collettiva e stabilendo criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi dei contratti nazionali più applicati. Insomma, fare in modo che le cifre minime dello stipendio siano per tutti quelle fissate dai contratti collettivi più rappresentativi di quel particolare settore, dove solitamente già viene superata la soglia dei 9 euro lordi l’ora.

Al governo vengono dati 6 mesi di tempo per approvare adeguati provvedimenti volti a raggiungere i seguenti obiettivi:

  • assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi;
  • contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e categorie di lavoratori;
  • stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell’interesse dei lavoratori e delle lavoratrici;
  • contrastare il dumping contrattuale, che determina fenomeni di concorrenza sleale mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e ridurre le tutele dei lavoratori.

I principi della legge delega

L’emendamento quindi non scende nel dettaglio delle misure da attuare per aumentare gli stipendi degli italiani, limitandosi a elencare una serie di principi da raggiungere:

  • definire quali sono i contratti collettivi più applicati, in riferimento al numero di imprese e dipendenti, così da fissare il trattamento economico complessivo minimo;
  • stabilire, per i settori degli appalti di servizi di qualunque tipologia, l’obbligo per le società appaltatrici e subappaltatrici di riconoscere ai lavoratori coinvolti nell’appalto, trattamenti economici complessivi minimi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi più applicati nella categoria nel quale l’appalto si sviluppa
  • estendere i trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi a quei gruppi di lavoratori non raggiunti da alcuna contrattazione collettiva, applicando il contratto della categoria più affine;
  • prevedere strumenti di incentivazione atti a favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello con finalità adattive, anche per fare fronte alle diversificate necessità derivanti dall’incremento del costo della vita e correlate alle differenze dei costi su base territoriale;
  • prevedere strumenti di misurazione che si basino sulla indicazione obbligatoria del codice del contratto collettivo applicato al rapporto nei flussi UNIEMENS, nelle comunicazioni obbligatorie e nelle buste paga, ciò anche al fine del riconoscimento di agevolazioni economiche connesse ai rapporti di lavoro e contributive;
  • introdurre strumenti di incentivazione a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi nei termini previsti dalle parti sociali o già scaduti, che comportino altresì il riconoscimento di incentivi a favore anche dei lavoratori e delle lavoratrici volti, nello specifico, a bilanciare e dove possibile compensare la perdita del potere di acquisito subita;
  • per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro i termini previsti dalle parti sociali o comunque entro congrui termini, e per i settori nei quali manca una contrattazione di riferimento, prevedere l’intervento diretto del Ministero del Lavoro con il fine di adottare le misure necessarie a valere sui soli trattamenti economici minimi complessivi;
  • quali misure di rafforzamento della concorrenza e lotta all’evasione fiscale e contributiva, procedere a una riforma della vigilanza del sistema cooperativo, con particolare riguardo alle revisioni periodiche per la verifica dell’effettiva natura mutualistica;
  • disciplinare modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa, fondati sulla valorizzazione dell’interesse comune tra i lavoratori e l’imprenditore alla prosperità dell’impresa stessa.

Dal salario minimo al trattamento economico complessivo minimo

Di fatto la proposta non prevede l’istituzione di un salario minimo uguale per tutti, in quanto il valore minimo varia a seconda del settore di appartenenza tenendo conto di quello che è lo stipendio riconosciuto dal contratto collettivo più rappresentativo. E vengono obbligati tutti i datori di lavoro ad adeguarsi alla somma qui indicata, oltre a incentivare i rinnovi di contratto al fine di adeguare gli stipendi al costo della vita. E senza un rinnovo spontaneo dovrà essere il ministero del Lavoro a intervenire.

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