Sai che fine hanno fatto i ladri del più grande furto di diamanti della storia?

Alessandro Nuzzo

11 Agosto 2025 - 22:53

Nel fine settimana del 15-16 febbraio 2003, cinque uomini italiani hanno messo a segno il più grande furto di diamanti della storia in Belgio. Ecco chi sono e cosa fanno oggi.

Sai che fine hanno fatto i ladri del più grande furto di diamanti della storia?

Fine settimana del 15-16 febbraio 2003: cinque uomini riescono a introdursi nel caveau del Diamond Center di Anversa, in Belgio, superando dieci livelli di sicurezza. Aprono 109 delle 189 cassette di sicurezza e portano via un bottino da 100 milioni di dollari tra diamanti e oro. Verranno traditi da un errore banale: un sacco della spazzatura lasciato in un campo ai bordi dell’autostrada. Grazie al contenuto di quel sacchetto, la polizia identifica gli autori di quello che è stato definito il «furto del secolo»: si tratta di cinque italiani. La banda era capitanata da Leonardo Notarbartolo, ladro di origini siciliane e fondatore di un gruppo criminale denominato «Scuola di Torino», formato da esperti in serrature, sistemi d’allarme, fori nei muri e acrobazie da manuale.

Gli altri membri del gruppo verranno identificati nei soprannominati Speedy, il Mostro e il Genio, ovvero Pietro Tavano, Ferdinando Finotto ed Elio D’Onorio. Poi c’era l’ultimo componente, il cosiddetto «Re delle Chiavi», mai identificato.

Una storia di un colpo straordinario, avvolta ancora oggi da molti misteri, raccontata in un documentario disponibile su Netflix dal titolo Stolen - Il furto del secolo. A narrare in prima persona i dettagli è lo stesso Notarbartolo, che ha scontato la pena e oggi è un uomo libero.

Come è avvenuto il più grande furto di diamanti della storia

Il 15 e 16 febbraio 2003, approfittando della chiusura del Diamond Center di Anversa per il fine settimana, cinque uomini misero a segno uno dei colpi più silenziosi e incredibili della storia. Senza armi e senza forzare alcuna serratura, riuscirono a introdursi nel caveau portando via gioielli e oro per circa 100 milioni di dollari. Secondo gli inquirenti, a capo del gruppo c’era Notarbartolo. Tra i complici figuravano uno scassinatore esperto, un tecnico elettronico specializzato in sistemi di allarme e il «Re delle Chiavi», il più anziano del gruppo, falsificatore di chiavi maestre e considerato tra i migliori al mondo.

Pur appartenendo alla cosiddetta «Scuola di Torino», Notarbartolo dichiarò in un’intervista che nessuno dei cinque, lui compreso, fosse la vera mente del colpo. Sosteneva infatti di essere stato ingaggiato per conto di un commerciante di diamanti di Anversa.

Raccontò di essere stato contattato da un intermediario alcuni anni prima, ricevendo un’offerta di 100.000 euro per svaligiare il caveau principale del Diamond Center per una truffa assicurativa.

Il caveau era protetto da dieci livelli di sicurezza, aggirati uno a uno dalla banda. Notarbartolo, che dal 2000 affittava un ufficio all’interno dell’edificio fingendosi commerciante, raccontò che il presunto mandante fece realizzare una replica identica del caveau in un luogo isolato. Questo permise alla Scuola di Torino di studiare metodi per superare i sofisticati sistemi di protezione: una combinazione da un milione di opzioni, serrature magnetiche e sensori sismici, di luce, calore e movimento.

Secondo la sua versione, per introdursi nell’edificio, Speedy, il Mostro, il Genio e il Re delle Chiavi raggiunsero un piccolo balcone al secondo piano sorvegliato da un rilevatore di calore a infrarossi. Per eluderlo, il Genio utilizzò uno scudo in poliestere artigianale, posizionandolo davanti al sensore per bloccare la rilevazione del calore corporeo, e disattivò l’allarme su una finestra. Da lì il gruppo proseguì all’interno, mentre Notarbartolo attendeva poco distante in auto, pronto per la fuga.

La polizia, però, non ha mai creduto del tutto a questa ricostruzione, ritenendo che la squadra fosse entrata dal garage utilizzando una chiave falsificata. In ogni caso, stratagemmi come lo scudo in poliestere furono decisivi per il successo dell’operazione. Altri accorgimenti comprendevano spruzzare lacca per capelli sui sensori di calore per isolarli temporaneamente, usare lastre di alluminio sagomate per spostare i sensori magnetici e coprire quelli di luce con nastro adesivo.

Una volta dentro, i ladri aprirono 109 delle 189 cassette, portando via gioielli e oro. All’alba lasciarono l’edificio e si rifugiarono nell’appartamento di Notarbartolo, per poi fuggire in Italia.

Il loro errore fu abbandonare un sacco della spazzatura lungo l’autostrada E19, a nord di Bruxelles. Il sacco finì in un campo privato e il proprietario avvisò la polizia. All’interno vennero trovati una fattura intestata a Notarbartolo, un biglietto da visita di D’Onorio e altri indizi che portarono all’identificazione dei colpevoli.

Cosa fanno oggi i colpevoli

Notarbartolo fu arrestato pochi giorni dopo e nel 2005 condannato a dieci anni di carcere. Ne scontò quattro, ottenendo la libertà condizionale con la promessa di risarcire le vittime, promessa mai mantenuta. Nel 2013 fu arrestato a Parigi dopo due anni di latitanza e scontò la pena fino al 2017, quando uscì libero e si ritirò in provincia di Torino, dove vive da pensionato.

Finotto, il «Mostro», fu arrestato in Italia nel novembre 2007 e condannato a cinque anni di carcere. D’Onorio, il «Genio», venne estradato in Belgio nello stesso periodo e condannato a cinque anni.

Tavano, «Speedy», scontò una pena di cinque anni in Italia per la rapina. Il «Re delle Chiavi» non è mai stato identificato né arrestato. La refurtiva non è mai stata ritrovata e il suo destino rimane ignoto.

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