Riscaldamento autonomo in condominio, come funziona e regole

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16 Ottobre 2025 - 17:56

Riscaldamento autonomo, quali regole rispettare in condominio su accensione e temperatura dei termosifoni? Ecco regole e vantaggi.

Riscaldamento autonomo in condominio, come funziona e regole

Immagina di poter decidere quando accendere i termosifoni, con quale intensità e per quanto tempo, senza dover dipendere dalle decisioni del condominio o dalle esigenze altrui. Il riscaldamento autonomo in condominio offre proprio questa libertà, ma non è una possibilità senza vincoli: bisogna tener presente le normative, i limiti, i costi di installazione e gestione, oltre ai vantaggi reali che si possono ottenere.

Ma come funziona nel concreto il riscaldamento autonomo? Quali sono le differenze rispetto a quello centralizzato? D’altronde, almeno una volta nella vita - e di solito a inizio inverno - queste sono domande che ogni condomino si pone, dato che tutti vorrebbero trovare il modo migliore per risparmiare sul riscaldamento ma allo stesso tempo avere una casa calda e accogliente, soprattutto in presenza di un impianto condominiale.

Il riscaldamento autonomo permette una gestione autonoma dell’accensione dei radiatori e quindi favorisce il contenimento della spesa e degli sprechi. Ma non sono tutte «rose e fiori» e non sempre è un’opzione percorribile per tutti. Ecco, allora, le regole, i costi, la normativa di riferimento e tutte le info aggiornate sul riscaldamento autonomo in condominio.

Cosa si intende per riscaldamento autonomo in condominio? Come funziona?

Parlando di riscaldamento autonomo in condominio, ci riferiamo al fatto che ogni singola unità immobiliare (appartamento) ha una propria caldaia interna che gestisce esclusivamente il riscaldamento dei termosifoni in quell’abitazione, senza essere vincolata agli orari, modalità o scelte dell’impianto centralizzato condominiale. In questo schema, ogni condomino è responsabile dell’accensione, del funzionamento e della manutenzione del proprio impianto, con il grande vantaggio di regolare la temperatura secondo le proprie esigenze.

Certo, non tutto è lasciato alla libertà assoluta: sebbene il riscaldamento sia “autonomo”, bisogna rispettare limiti imposti da normative nazionali e regolamenti locali, perché l’obiettivo comune è evitare sprechi energetici e contribuire agli obiettivi ambientali nazionali ed europei.

Questo sistema contrasta con il riscaldamento centralizzato, in cui l’edificio ha una caldaia comune che serve tutti gli appartamenti tramite una rete condominiale di tubazioni e distribuzione del calore. In quel caso, le decisioni su orari e modalità sono gestite a livello collettivo, e le spese vengono ripartite secondo criteri di “consumo” (contabilizzazione termoautonoma) o millesimali. Il riscaldamento autonomo rappresenta dunque un modo di sottrarsi a quelle regole condominiali generali, per fare scelte individuali, ma sempre nel rispetto dei confini legali.

Naturalmente, per funzionare bene, serve che l’impianto (tubazioni, radiatori, termostati, valvole) sia ben progettato e dimensionato per quell’unità immobiliare. Se il tratto di collegamento con la canna fumaria è lungo, o se si devono fare lavori di adeguamento (scarico fumi, ventilazione, eventuali permessi), occorrerà considerare quei costi aggiuntivi. In ogni caso, quando tutto è realizzato a regola d’arte, la caldaia autonoma risponde prontamente alle esigenze del singolo, con maggiore efficienza rispetto a un impianto centralizzato dove parte del calore è disperso lungo la rete condominiale.

Riscaldamento autonomo: temperature dei termosifoni previste dalla norma

Come detto, anche chi ha il riscaldamento autonomo deve attenersi a delle regole: la normativa nazionale prevede temperature massime da non superare e regolazioni per evitare sprechi. L’obiettivo è mantenere un equilibrio tra comfort domestico e contenimento del consumo energetico, con un occhio all’impatto ambientale.

Attualmente, la temperatura massima consentita nei locali riscaldati è di 19 °C, con una tolleranza di ± 2 gradi (quindi fino a 21 °C o fin verso i 17 °C, a seconda delle condizioni). Questa misura è stata confermata anche negli ultimi provvedimenti normativi in materia di efficienza energetica.

Occorre sottolineare che in casi eccezionali (freddo estremo, situazioni locali particolari) le amministrazioni comunali possono decidere variazioni temporanee di queste soglie, anticipando accensioni o modificando la tolleranza.

La regolazione della temperatura è quindi un aspetto centrale: impostare termostati, cronotermostati, valvole termostatiche può aiutare a non superare i limiti e a ottimizzare il consumo. Se la caldaia autonoma è ben configurata e l’impianto efficiente, raggiungere la temperatura desiderata con un consumo contenuto è possibile.

Va ricordato che queste regole (19 °C + 2 di margine) si applicano agli impianti residenziali (edifici civili). Per altri usi (commerciali, artigianali) possono vigere limiti differenti.

Orari, durata d’accensione e date: ecco le regole per il riscaldamento autonomo in condominio

Passiamo al capitolo più «caldo»: quando puoi accendere, per quanto tempo, e in quali periodi dell’anno può essere attivo il riscaldamento, anche per i sistemi autonomi in condominio. È qui che molte regole “centralizzate” continuano a influire.

La base normativa è il D.P.R. 74/2013, che suddivide l’Italia in 6 zone climatiche (da A a F) e stabilisce le date massime di accensione e spegnimento, nonché il numero di ore giornaliere consentite per ciascuna zona. Questo vale in primo luogo per gli impianti centralizzati, ma le regole sono spesso richiamate anche nei regolamenti locali e comunali per gli impianti autonomi.

Le lettere dell’alfabeto corrispondono alle seguenti zone.

  • zona A: Lampedusa; Linosa; Porto Empedocle.
  • zona B: Agrigento; Catania; Crotone; Messina; Palermo; Reggio Calabria; Siracusa e infine Trapani.
  • zona C: Ancona; Ascoli Piceno, Bari; Benevento; Cagliari; Caserta; Catanzaro; Cosenza; Latina, Lecce; Napoli; Oristano; Ragusa; Salerno; Sassari;Taranto.
  • zona D: Avellino; Caltanissetta; Chieti; Foggia; Genova; Imperia, Isernia; La Spezia, Savona, Forlì, Firenze; Grosseto; Livorno; Lucca; Macerata; Massa Carrara; Matera; Nuoro; Pescara; Pesaro; Pisa; Pistoia, Prato; Roma; Siena; Terni; Teramo; Viterbo; Vibo Valentia.
  • zona E: Alessandria; Aosta; Arezzo; Asti; Bergamo; Biella; Bologna; Bolzano, Brescia; Campobasso; Como; Cremona; Enna; Ferrara; Frosinone; Gorizia; Lecco; L’Aquila; Lodi; Milano; Modena; Parma; Piacenza, Potenza. Padova; Pavia, Perugia, Novara, Modena; Parma; Piacenza; Pordenone, Rieti, Sondrio; Torino; Varese, Verbania; Vercelli. Venezia, Verona; Vicenza, Treviso; Trieste; Udine.
  • zona F: Belluno; Cuneo; Trento.

Il Comune di Milano, ad esempio, per l’inverno 2025 stabilisce che gli impianti possono essere accesi dal 15 ottobre al 15 aprile, con un massimo di 13 ore al giorno (dalle 5:00 alle 23:00) e temperatura massima 19°C + 2 gradi di tolleranza.

Ecco una tabella aggiornata con le regole generali (attenzione: queste sono regole nazionali base, e i comuni possono introdurre variazioni locali).

Zona climaticaOre giornaliere consentitePeriodo di accensione previsto*
A 5 dal 8 dicembre al 7 marzo
B 7 dall’8 dicembre al 23 marzo
C 9 dal 22 novembre al 23 marzo
D 11 dall’8 novembre al 7 aprile
E 13 dal 22 ottobre al 7 aprile
F scelta libera (nessun limite) scelta libera

* Le date corrispondono ai limiti stabiliti a livello nazionale, ma comuni e regioni possono anticipare o posticipare in caso di condizioni climatiche particolari.

Nell’originale testo c’erano elenchi delle province associate a ciascuna zona (A, B, C, D, E, F). Anche quelli restano validi, salvo modifiche amministrative locali: ad esempio la zona E include città come Milano, Bologna, Verona; la zona D città come Roma, Firenze, eccetera.

Una precisazione: chi ha un impianto totale autonomo (cioè non dipende né dalla caldaia condominiale né da un calendario condominiale) può teoricamente decidere liberamente quando accendere: non è obbligato a rispettare gli orari del condominio. Tuttavia, resta il vincolo della temperatura massima e che l’accensione non causi disturbo agli altri (rumori, emissioni).

Riscaldamento autonomo in condominio centralizzato: conviene? Tutti i vantaggi

Molti condomini sono dotati di un impianto centralizzato, con una caldaia comune che serve tutti gli appartamenti e una rete di distribuzione. In certi casi, si installano valvole e contatori “termoregolatori” nei singoli appartamenti per misurare i consumi individuali. Ma passare al riscaldamento autonomo può offrire diversi vantaggi concreti.

Il primo e più evidente è il risparmio sulle bollette: chi gestisce autonomamente l’impianto può evitare gli sprechi che inevitabilmente ci sono nei sistemi centralizzati, dove dispersioni captabili nella rete condominiale possono essere significative. Chi si distacca non paga più le spese legate al combustibile comune della caldaia condominiale. In certi casi può ridurre sensibilmente la quota condominiale destinata al riscaldamento.

Un altro vantaggio è la libertà di gestione: puoi decidere quando accendere, quando spegnere, quanto tenere acceso, azzerando il riscaldamento nelle giornate miti o quando sei fuori. Questo controllo diretto spesso porta a una gestione più consapevole e parsimoniosa dell’energia, nonostante l’introduzione di valvole termostatiche e simili abbia notevolmente migliorato gli effetti anche in caso di impianto centralizzato.

Da un punto di vista normativo, la legge (in particolare l’art. 1118, comma 4 del Codice civile) consente al singolo condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato, a condizione che il distacco non provochi squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

Spetta al perito stabilire se ci sono le condizioni che permettono il distacco; gli altri condomini potranno opporsi solo se provano che il fatto provochi dei danni.

Un terzo vantaggio riguarda gli incentivi fiscali oggi disponibili. Se installi una nuova caldaia autonoma ad alta efficienza (es. caldaia a condensazione, sistemi ibridi, pompe di calore), puoi accedere a detrazioni come il Bonus Casa 50% oppure l’Ecobonus, che nel 2025 prevedono sconti fiscali per le spese sostenute.

In sintesi, quindi? Sì, conviene. A patto di un buon progetto, una realizzazione attenta e una gestione oculata. Il riscaldamento autonomo può risultare più efficiente, più personalizzabile e conveniente nel medio-lungo termine rispetto a una gestione centralizzata.

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