Pensione Forze Armate: la Corte dei Conti (terza sezione) dà ragione ai militari. L’Inps ne esce ancora una volta sconfitta: cosa deciderà adesso?
Pensione militari: nuovi sviluppi in merito all’interpretazione dell’articolo 54 del DPR. 1092/73 riguardante il calcolo dell’assegno pensionistico per il personale delle Forze Armate.
Anche la terza sezione della Corte dei Conti, nonché ultimo grado di giudizio previsto, ha dato ragione a coloro che sostengono un’interpretazione diversa da quella che l’Inps dà del suddetto articolo 54, riconoscendo così un ricalcolo delle pensioni dei militari secondo principi più vantaggiosi.
Prima di andare avanti e vedere cosa ha deciso la Corte dei Conti terza sezione facciamo un passo indietro per capire cos’è l’articolo 54 DPR. 1092/73 e qual è il motivo del contenzioso tra Inps e militari.
Articolo 54 DPR. 1092/73: il contenzioso pensioni tra Inps e Forze Armate
Ci sono due diverse interpretazioni in merito all’articolo 54 del suddetto decreto con il quale vengono indicate le aliquote di rendimento da utilizzare nel calcolo della pensione (nella parte soggetta al metodo retributivo).
Nel dettaglio, l’articolo 54 prevede un’aliquota di rendimento maggiorata rispetto a quella che si applica al personale civile, pari al 2,93% per i primi 20 anni e all’1,80% per i successivi. Ecco perché questo articolo riconosce al militare che abbia maturato almeno 15 anni di contributi (nel sistema retributivo, quindi prima della data del 1996) una pensione pari al 44% della base pensionabile.
Il problema è che l’Inps dà un’interpretazione particolarmente restrittiva di questo articolo, riconoscendo, appunto, solo a coloro che hanno maturato tra i 15 e i 20 anni di contributi, prima del passaggio al metodo contributivo per il calcolo della pensione, la possibilità di beneficiare di aliquote di rendimento più vantaggiose.
Di conseguenza per tutti coloro, ad esempio per gli arruolati negli anni ‘80, che hanno meno di 15 anni di contributi vengono applicate le aliquote di rendimento previste per il personale civile, pari al 2,33% per i primi 15 anni.
I militari, invece, ritengono che l’interpretazione da dare sia più espansiva: anche chi ha meno di 15 anni, quindi, dovrebbe godere di un calcolo più vantaggioso grazie ad un’aliquota di rendimento del 2,93% per gli anni di servizio facenti riferimento al metodo retributivo.
Ecco perché in questi anni in molti hanno fatto appello alla giurisprudenza affinché venga riconosciuto un ricalcolo più vantaggioso rispetto a quello adottato dall’Inps. Nonostante le diverse pronunce in favore dei militari, però, l’Istituto di Previdenza non ha comunque fatto alcun passo indietro, continuando ad adottare l’articolo 54 solo ai militari con almeno 15 anni di contribuzione (entro il 1° gennaio 1996).
Chissà se la nuova sentenza della Corte dei Conti, che in parte chiude un cerchio iniziato diverso tempo fa, non possa cambiare nuovamente le carte in tavola.
Pensione Forze Armate, ricalcolo articolo 54: la Corte dei Conti dà (ancora) ragione ai militari
Come noto la Corte dei Conti centrale, con sede a Roma, è formata da tre sezioni d’Appello: ebbene, dopo che le prime due hanno dato ragione ai militari, riconoscendo loro il diritto al ricalcolo più vantaggioso della pensione, anche la terza - e ultima - sezione ha fatto altrettanto.
Ancora una volta la Corte dei Conti ha ribaltato la tesi dell’Inps e dato ragione ai ricorrenti. Inoltre, nella sentenza n°228/2019 pronunciata il 22 novembre scorso, viene specificato che il Collegio ritiene che non “sussistono i presupposti per aderire alla richiesta di deferimento della questione alle Sezioni Riunite della Corte” (presentata dall’Inps) dal momento che “i riferiti contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione dell’art. 54 cit. si riscontrano nell’ambito della giurisprudenza di primo grado, e non concernono quella di appello, fermamente orientata nel senso della presente decisione”.
L’Inps è uscito nuovamente sconfitto dal contenzioso; tuttavia, per capire se questa nuova pronuncia possa risultare definitivamente risolutiva della questione bisognerà attendere le prossime decisioni dell’Istituto, il quale potrebbe comunque scegliere di andare avanti nella sua strada aprendo però al rischio di nuovi ricorsi nei suoi confronti.
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