Reddito di cittadinanza sospeso per mancanza di stagionali: ecco perché non è la soluzione

Simone Micocci

03/06/2022

07/06/2022 - 16:05

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Licia Ronzulli (Forza Italia) suggerisce di sospendere il reddito di cittadinanza in estate così da risolvere il problema della mancanza di lavoratori stagionali. È la soluzione migliore?

Sospendere il reddito di cittadinanza nei mesi estivi è la soluzione pensata da alcuni forzisti per risolvere il problema della mancanza di lavoratori stagionali, sia nel turismo che nell’agricoltura.

Ne ha parlato Licia Ronzulli, emissaria di Berlusconi, secondo cui il reddito di cittadinanza va sospeso in estate per far sì che chi lo prende possa essere interessato ad accettare un lavoro come stagionale.

D’altronde sono sempre di più le aziende che lamentano difficoltà nell’assumere personale per la stagione estiva: mancano camerieri, baristi, addetti alle attività ricettive. Secondo alcuni la colpa è del reddito di cittadinanza, visto che la mancanza di stagionali sarebbe dovuta al fatto che le persone preferiscono percepire il sostegno pur di lavorare. E sarebbe pur lecito qualora si tratti di grandi importi: ma va detto che - almeno non sempre - la colpa non può essere di un sostegno mensile che in media ammonta a poco più di 500 euro a famiglia.

Come la colpa non può essere sempre delle aziende: perché se è vero che ci sono offerte di lavoro che non prevedono condizioni adeguate all’impegno richiesto, ce ne sono altre che effettivamente stanno facendo tutto il possibile per trovare il personale necessario.

Nonostante ciò, ci troviamo oggi, con la stagione estiva ormai iniziata, nella situazione per cui su un totale di 387 mila lavoratori stagionali richiesti ne risulta introvabile il 40%.

Non si trovano stagionali per la concorrenza del reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza è uno dei motivi per cui negli ultimi anni può risultare più complicato trovare lavoratori stagionali da assumere.

Non si può negare, infatti, che in alcuni casi percepire il reddito di cittadinanza possa comportare un disincentivo ad accettare un’offerta di lavoro senza garanzie per il futuro, in quanto limitata a tre o quattro mesi, specialmente quando l’importo percepito è sufficiente per soddisfare i propri bisogni quotidiani.

Prendiamo come esempio Tizio, unico componente del nucleo familiare, che percepisce il massimo di reddito di cittadinanza previsto per la persona sola: 500 euro al mese (a cui si aggiungono eventuali rimborsi per le spese di affitto o mutuo). È ovvio che per far sì che questo rinunci al reddito di cittadinanza per iniziare a lavorare è necessario che lo stipendio offerto sia molto più alto del sostegno percepito.

Ma prendiamo come esempio una famiglia composta da quattro componenti maggiorenni - padre, madre e due figli - che prende un reddito di cittadinanza di 800 euro. Davvero il reddito di cittadinanza percepito, di cui probabilmente sono i genitori a utilizzarlo per far fronte alle spese familiari, è la ragione per cui i figli non accettano un lavoro come stagionali?

È ovvio che questa non può essere dunque l’unica ragione per cui mancano lavoratori stagionali ed è per questo che la proposta di Licia Ronzulli, che al momento sembra essere più uno spot elettorale che un’idea effettivamente realizzabile, non sembra essere la soluzione al problema.

Mancano lavoratori stagionali per colpa delle aziende?

Come ogni estate da qualche anno, quindi, si torna a parlare della mancanza di lavoratori stagionali, con le aziende che scaricano le colpe sul reddito di cittadinanza, mentre dall’altra parte si ritiene che la causa del problema siano le aziende stesse che non offrono condizioni tali da renderle competitive con gli aiuti erogati dallo Stato.

D’altronde, non essere competitivi con un sostegno che in media - secondo gli ultimi dati Inps - supera appena i 560 euro (e non a persona, ma a famiglia), vorrebbe dire che davvero le condizioni dell’offerta di lavoro non sono adeguate a quella che è la normativa vigente.

Ma anche qui non si può generalizzare. Vero che ci sono imprese che offrono “contratti” con condizioni svantaggiose per il lavoratore, ma ce ne sono altre che invece fanno le cose per bene attenendosi a quelle che sono le tutele garantite dai contratti collettivi nazionali di categoria.

Per quale motivo allora mancano lavoratori stagionali?

Ricapitolando, tra le cause per cui oltre il 40% dei lavoratori stagionali richiesti non si trova, ci sono sia il reddito di cittadinanza che le condizioni sfavorevoli offerte da alcuni datori di lavoro.

Ma il problema poggia su radici più profonde. Specialmente tra i giovani, infatti, è cambiato il modo d’intendere il lavoro, come dimostra il boom di dimissioni registrate, non solo in Italia, nell’ultimo anno.

Da una parte ci sono gli imprenditori, la maggior parte, che ritengono che almeno in una fase iniziale il lavoro debba essere sinonimo di sacrificio. Dall’altra ci sono i giovani, dove ormai spopola la filosofia del “lavorare per vivere”: c’è l’interesse crescente a tutelare i propri diritti, a godersi la vita e a non sacrificare l’estate senza garanzie per il futuro.

Ne ha parlato Jonathan Malesic nel libro “The end of burnout”, secondo il quale il boom delle dimissioni, ma anche la mancanza di stagionali rientra nella stessa problematica, è dovuto al fatto che negli ultimi anni, con la pandemia che ha sicuramente accelerato il processo, si sta facendo strada il desiderio di vivere meglio, tanto da essere disposti persino a guadagnare meno pur di raggiungere questo obiettivo.

Sospendere il reddito di cittadinanza nei mesi estivi, dunque, non può essere la soluzione a un problema che, come appena visto, ha ragioni ben più profonde.

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