Quando marito e moglie possono essere cacciati di casa

Ilena D’Errico

04/10/2023

04/10/2023 - 19:44

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In quali casi il marito può cacciare di casa la moglie o la moglie il marito? Ecco cosa prevede la legge e quali diritti hanno i coniugi cacciati di casa.

Quando marito e moglie possono essere cacciati di casa

Nei matrimoni le incomprensioni sono all’ordine del giorno e finché i coniugi riescono a trovare accordi e compromessi si riesce a mantenere una certa stabilità. A volte si cercano anche periodi di distacco per facilitare l’equilibrio, soprattutto se sono capitati eventi forti dal punto di vista emotivo come un tradimento. Ecco che spesso si sente di mogli e mariti cacciati via di casa che, pur scontenti, accettano per senso di colpa e credendo così di poter riconquistare la fiducia del partner.

Che la lontananza possa essere di aiuto, questo dipende dalla coppia, che in comune accordo possono gestire il loro matrimonio in piena libertà. La possibilità di restare, anche contro il volere del coniuge, nella casa coniugale è però definita dalla legge e infatti non dipende dalle dinamiche relazionali. Scopriamo quando marito e moglie possono essere cacciati di casa e quali sono le conseguenze.

Marito e moglie possono essere cacciati di casa?

Mariti e mogli cacciati di casa dal coniuge dopo aver scoperto un tradimento o dopo una brusca litigata. Di storie simili se ne sentono parecchie, che peraltro a volte si risolvono anche positivamente. Di fronte a un allontanamento sono però in pochi ad opporsi, specialmente se si sentono in errore o sono comunque turbati.

Eppure, sarebbero tutelati dalla legge, che sancisce il diritto dei coniugi di abitare nella casa familiare in egual misura. In altre parole, la moglie non può cacciare il marito e il marito non può cacciare la moglie fintanto che sono sposati.

Marito e moglie si separano, chi va via dalla casa coniugale

Soltanto il provvedimento di un giudice può decretare l’allontanamento dalla casa coniugale determinandone l’assegnazione. In ogni caso ciò avviene dopo la separazione, in seguito alla quale il tribunale può determinare l’assegnazione in favore del coniuge collocatario dei figli (in maniera del tutto indipendente dalla titolarità sull’immobile).

Altrimenti, in seguito alla separazione la divisione della casa coniugale avviene su accordo dei coniugi o pronuncia giudiziale nel caso in cui l’accordo risulti impossibile. Si aprono quindi diverse possibilità:

  • Se l’immobile è in proprietà di entrambi e non si trova un accordo il giudice ne pronuncia la divisione tramite la vendita;
  • se l’immobile è in affitto intestato a entrambi uno dei due deve trovare un altro alloggio a seconda di chi ha la possibilità di farlo per primo, secondo la valutazione del giudice.

Nell’ipotesi in cui la casa coniugale sia di proprietà di uno solo dei coniugi o in affitto di uno solo dei due, la casa spetta al legittimo titolare. Questo, ovviamente, quando non ci sono figli che determino l’assegnazione della casa coniugale.

Quando marito e moglie possono essere cacciati di casa

Alla luce di quanto detto, né moglie né marito possono essere cacciati di casa fino alla separazione e alla relativa pronuncia del giudice. Esiste però una dovuta eccezione, ovvero la legittima difesa riconosciuta al coniuge vittima di violenze. In questo caso l’allontanamento del coniuge violento è ovviamente riconosciuto come autotutela, infatti è preferibilmente perfezionabile con un ordine di protezione chiesto al tribunale.

Ci si riferisce con legittima difesa solamente alle situazioni più particolari e di pericolo, dalla quale si esclude ad esempio il tradimento.

Al contrario, se la moglie caccia il marito (o viceversa) pur non avendone diritto commette il reato di violenza privata, nel caso in cui impedisca effettivamente il suo accesso (ad esempio cambiando la serratura). Il coniuge cacciato, oltre a poter sporgere denuncia, ha comunque pieno diritto di rientrare in casa e può infatti avviare l’azione di reintegrazione del possesso.

Quanto detto si riferisce esclusivamente alle coppie sposate, per le quali non rileva (fino alla separazione) la titolarità legale dell’immobile, presupponendosi la convivenza.

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