Femminicidio o femmicidio, qual è la differenza?

Giorgia Bonamoneta

02/06/2023

21/11/2023 - 08:43

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Solo nella settimana dal 22 al 28 maggio 2023 sono stati commessi 4 omicidi di genere. Il termine corretto è femminicidio. Qual è la differenza tra un femmicidio e un femminicidio?

Femminicidio o femmicidio, qual è la differenza?

“Femminicidio” non è solo un termine giornalistico utilizzato per connotare in maniera chiara la tipologia di omicidio. Così dicendo si rischia di escludere gli Studi di genere e il percorso affrontato per decostruire la violenza di genere, essenziali invece per comprendere il significato del termine. Per capire la differenza tra femminicidio e femmicidio serve però partire dall’inizio.

Ripartire da cos’è “omicidio” e dal perché si distingue la natura delle uccisioni. Non esiste infatti soltanto il femminicidio - un termine che nel tempo è diventato fastidioso e scomodo -, ma anche l’infanticidio, il parricidio e il maschicidio. Quest’ultimo è un termine che ha suscitato molte polemiche nel tempo, perché è utilizzato prevalentemente dagli opinionisti per contrapporsi alla narrazione di allarme sui numeri del femminicidio.

L’evoluzione del termine femminicidio prende avvio in Italia anche grazie alla soluzione giuridica contro lo sconto di pena per uxoricidio. Con questo termine si intendeva l’omicidio della moglie da parte del marito, reato che permetteva di ottenere uno sconto di pena se commesso in flagranza di adulterio (il cosiddetto “delitto d’onore”). L’abrogazione del reato di adulterio, l’introduzione del divorzio, la riforma del diritto di famiglia, l’introduzione della legge per l’interruzione volontaria di gravidanza hanno aperto la strada all’abrogazione del delitto d’onore il 5 agosto 1981 (legge 442).

Ancora oggi però l’interesse istituzionale verso il femminicidio è fermo alla raccolta di dati statistici sulla violenza di genere e anzi sembra fare passi indietro. L’Unione Europea l’11 maggio ha votato per aderire alla Convenzione di Istanbul, poi ratificata, ma Lega e Fratelli d’Italia si sono in larga parte astenuti, mentre due deputate della Lega hanno persino votato contro. La Convenzione di Istanbul è un testo fondamentale per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e la violenza domestica.

La Convenzione definisce degli obblighi per gli Stati che aderiscono per contrastare la violenza attraverso centri antiviolenza, linee telefoniche e consulenza psicologica per le vittime. Cosa vuol dire votare contro la Convenzione di Istanbul? Vuol dire forse che la violenza sulle donne è accettabile o che non è importante che uno Stato si impegni affinché queste non avvengano? La risposta della politica italiana oggi è nulla. Lo scorso 19 gennaio l’assemblea della camera dei deputati ha approvato una Commissione bicamerale di inchiesta per indagare il fenomeno della violenza di genere, ponendo attenzione proprio al tema del femminicidio. Non solo non risultano risultati, ma neanche attività da parte della Commissione. L’attenzione è rivolta altrove, ma nel frattempo le donne continuano a morire per mano degli uomini.

Qual è la differenza tra femmicidio e femminicidio?

Il termine più antico con il quale si identifica l’uccisione di una donna da parte di un uomo attraverso specifiche modalità è “femmicidio”. Femmicidio deriva dall’inglese femicide, che significa letteralmente omicidio di una donna, ovvero l’uccisione di una donna in quanto tale. Viene introdotto per la prima volta nel 1801 all’interno di un testo satirico.

Il termine è diventato molto in voga, tanto che il femminismo lo accolse prima e lo indagò, prima di allontanarlo. Il femmicidio infatti indicava l’uccisione di una donna, ma non specificava i colpevoli (non solo l’uomo che cala la mano, ma il sistema). La differenza tra femmicidio e femminicidio è quella di fare esplicito riferimento ai motivi dell’uccisione da parte di un uomo, indicando colpevole e responsabili.

“Femmicidio” è stato un termine di passaggio e che solo nel 1992, grazie alle analisi della criminologa e femminista Diana Russell, pose davvero le basi per sottolineare l’origine sessista dell’ omicidio di genere. In questo caso femmicidio non era più soltanto l’omicidio di una donna in quanto tale, ma all’esito di comportamenti e pratiche sociali misogini. Ancora oggi però si leggono affermazioni più o meno autorevoli che inquadrano l’omicidio di genere come un omicidio passionale, di gelosia, un raptus o esito di una provocazione; si passa così da una narrazione preoccupante e che giustifica, anche se non in maniera esplicita, il motivo dell’omicidio di genere, al victim blaming, cioè cercare parte della colpa nelle scelte della vittima.

Da femmicidio a femminicidio: cosa implica il nuovo termine

In Italia il termine femminicidio non è un termine nuovo e risale anch’esso all’Ottocento, utilizzato per la prima volta all’interno di un commento di Augusto Franchetti a un testo di Luigi Capuana. Anche se utilizzato, nel corso del tempo è stata fatta una dura resistenza affinché il termine non diventasse di uso comune.

Ma cosa vuol dire femminicidio? Se il femmicidio è l’opposto di maschicidio, il femminicidio invece palesa un sistema di oppressione che porta alla morte di una donna per motivi legati al suo genere e alla sua funzione nella società. Con femminicidio infatti si denuncia anche la responsabilità sociale e politica della morte di una donna: l’assenza di un’educazione sessuo-affettiva e al consenso, l’assenza di personale pubblico formato contro la violenza di genere e domestica, la disattenzione politica dopo e prima il 25 novembre e molto altro.

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