Province, il governo vuole il ripristino: cosa cambia e quanto verrebbe a costare

Alessandro Cipolla

11 Gennaio 2023 - 13:07

Il governo accelera per il ripristino dell’elezione diretta di presidenti e consiglieri delle Province: presentato un disegno di legge, ecco i costi e cosa cambierebbe.

Province, il governo vuole il ripristino: cosa cambia e quanto verrebbe a costare

Il ritorno delle Province come erano prima della riforma Delrio potrebbe avvenire molto presto, visto che la capogruppo di Forza Italia al Senato Licia Ronzulli ha presentato un disegno di legge per un sostanziale ritorno al passato.

Vogliamo ridare voce a milioni di elettori che a causa della riforma Delrio - ha spiegato a Il Giornale Ronzulli - si sono visti rimuovere il loro diritto a votare direttamente il loro presidente della Provincia e il consiglio provinciale”.

La volontà di riportare le Province ai vecchi di fasti è trasversale in tutta la maggioranza, con Matteo Salvini che da tempo spinge per riassegnare agli enti “funzioni, eletti, denari e poteri” e Giorgia Meloni che è sostanzialmente d’accordo su questa contro-riforma specie ora che il centrodestra sta accelerando anche sul presidenzialismo.

Del resto la riforma Delrio è una sorta di incompiuta, visto che le Province dopo il fallimento del referendum costituzionale renziano fanno ancora parte della nostra Costituzione, con la Repubblica che è costituita “dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.

Province: la riforma Delrio

Attualmente in Italia ci sono 107 Province, ma la loro funzione dal 2014 è mutata per effetto della riforma Delrio visto che sono state trasformate in enti amministrativi di secondo livello con elezione dei propri organi a suffragio ristretto; in più sono state create anche dieci Città Metropolitane.

Il presidente della Provincia infatti adesso è eletto dagli amministratori locali e non più a suffragio universale, mentre è stata abolita la Giunta provinciale con il Consiglio ridotto nel numero dei componenti e svuotato di competenze.

Le competenze rimaste sono soprattutto quelle relative a 132.000 chilometri di strade e agli edifici scolastici delle superiori; come detto, il fallimento del referendum costituzionale del 2016 ha reso la riforma Delrio una sorta di ibrido, dopo che era stata voluta soprattutto per far risparmiare lo Stato.

I costi

Non è un mistero che il centrodestra sia nostalgico della vecchia struttura delle Province, con Forza Italia che dopo la nascita del governo Meloni non ha voluto perdere tempo presentando subito un disegno di legge per superare la riforma Delrio.

L’obiettivo della riforma era quello di risparmiare 1 miliardo l’anno su un costo totale delle Province in Italia all’epoca di quasi 12 miliardi; alla fine però i benefici economici per le casse dello Stato sono stati minori delle attese.

Secondo uno studio dell’Upi (Unioni delle Province d’Italia) fatto poco dopo l’entrata in vigore della riforma, il risparmio effettivo sarebbe soltanto quello relativo ai minori costi per gli stipendi e le indennità degli amministratori, per un totale di soli 32 milioni l’anno.

Una cifra questa ben lontana da quella auspicata dall’allora governo Renzi, con il grosso dei fondi a disposizione delle Province che è rimasto invariato visto che è continuato a essere necessario per garantire servizi ai cittadini.

Insomma la riforma Delrio non avrebbe prodotto i risparmi auspicati e, a questo punto, le cose da fare sarebbero sostanzialmente due: abolire le Province e assegnare gli oltre 10 miliardi annui di fondi ad altri enti, oppure riportarle in vita tornando a far eleggere presidente e consiglieri ai cittadini.

Di fronte a questo bivio, il governo Meloni sembrerebbe già aver scelto di imboccare la via del ritorno al passato.

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