Prezzo petrolio: per Goldman bisogna andare long, ma i dati parlano di un prossimo crollo

C. G.

12/05/2017

Prezzo petrolio: la quotazione oscilla. Per Goldman è il momento di andare long, ma per altri esperti il rimbalzo è illusorio e bisogna prepararsi al peggio.

Prezzo petrolio: per Goldman bisogna andare long, ma i dati parlano di un prossimo crollo

Prezzo petrolio: la quotazione torna a viaggiare senza una strada ben definita e le previsioni degli analisti si fanno sempre più nefaste, ma non tutte.

Dopo il crollo della scorsa settimana il prezzo del petrolio ha tentato un rimbalzo che ha portato la quotazione del Brent a risalire sopra i 50 dollari a barile. È proprio in virtù di questo rafforzamento attuale del prezzo del petrolio che gli analisti di Goldman Sachs stanno consigliando di andare long sulla quotazione. Secondo Jeff Currie, infatti, il mercato è in fase di equilibrio, o meglio, è già possibile osservare un deficit dell’offerta.

Accanto a questi esperti ce ne sono altri che tuttavia stanno teorizzando l’arrivo di un nuovo crollo per il prezzo del petrolio. Secondo le loro view l’attuale rimbalzo della quotazione è in realtà illusorio e bisognerà prepararsi ad assistere ad una nuova battuta d’arresto della quotazione. Le discussioni circa il futuro andamento del prezzo del petrolio continuano a guardare con ansia alle decisioni dei paesi produttori che, a quanto pare, hanno raggiunto un compromesso preliminare circa l’estensione dello storico accordo OPEC sulla produzione oltre il limite di giugno 2017.

A dirlo, e a spingere al rialzo la quotazione, sono stati i ministri dell’energia di Iraq e Algeria in una conferenza congiunta tenutasi nella giornata di ieri. In realtà il numero degli scettici nei confronti del Cartello è cresciuto a dismisura da dicembre ad oggi, e questo perché nonostante i tagli alla produzione abbiano fatto risalire il prezzo del petrolio, questo recupero non è stato così evidente come sperato.

Tramite le view degli analisti, cerchiamo allora di capire quale sarà la direzione intrapresa dalla quotazione di petrolio e quali saranno dunque le mosse più azzeccate da compiere. Quali le tre strade che potrebbero salvare il prezzo del petrolio?

Prezzo petrolio: rimbalzo illusorio, i 3 precedenti

Accanto all’ottimismo di Goldman Sachs c’è un’altra parte di analisti convinta che l’attuale rialzo della quotazione sarà a breve seguito da un disastroso crollo. Nel momento in cui è iniziata la crisi del greggio, ossia dal 2014, il prezzo del petrolio ha attraversato 3 periodi di vero e proprio rally.

Tutti e tre questi periodi di estremo rialzo sono stati determinati da migliori aspettative circa il riequilibrio del mercato, spesso accentuate da proclami e tentativi OPEC di normalizzare la domanda e l’offerta di greggio e di conseguenza la quotazione. In ognuno di questi 3 casi, però, il prezzo del petrolio è crollato dopo qualche tempo, nel momento in cui dati più accurati non hanno mostrato alcuna diminuzione del gap.

Prezzo petrolio: attenzione all’ultimo rally della quotazione

L’ultimo rally del prezzo del petrolio può dirsi avviato dallo scorso settembre, quando i paesi produttori hanno iniziato a parlare di un accordo relativo alla riduzione dell’output. Il boom, però, si è verificato soltanto a fine novembre con il raggiungimento dell’accordo di Vienna che ha fatto schizzare la quotazione verso i 60 dollari a barile.

Ancora una volta, e nonostante le attese, i dati sul mercato del greggio e sulla produzione hanno ripetutamente affossato il prezzo del petrolio e a pesare sono stati molto spesso i risultati relativi alle giacenze e agli impianti di trivellazione statunitensi. Nelle scorse settimane la quotazione ha perso più del 10% e gli investitori hanno chiuso molte delle loro posizioni long sul future.

Secondo gli analisti gli stessi investitori non avranno il coraggio di gettarsi sul greggio basandosi soltanto sulla parola d’onore dei paesi produttori, ma avranno bisogno di prove più tangibili di una riduzione delle scorte.

Prezzo petrolio: lo scetticismo spiegato in 3 punti

Un’estensione dell’accordo OPEC e una riduzione delle scorte USA, potrebbero portare il prezzo del petrolio a salire ben oltre la soglia dei 50 dollari a barile durante l’estate. Ci sarà però da capire se le giacenze continueranno a scendere come previsto nel corso dell’anno. Secondo un’analisi pubblicata dalla CNBC i motivi principali dello scetticismo sono 3.

In primis ci sono le preoccupazioni legate ai barili “scomparsi” dai nebulosi dati asiatici nell’anno 2014. Sono stati accumulati o utilizzati? Per gli analisti la soluzione più probabile è la prima, cosa che aumenterebbe l’entità delle scorte rispetto alla domanda e affosserebbe il prezzo del petrolio.

Poi ci sono i timori relativi al grado in cui i produttori osserveranno l’estensione dell’accordo OPEC, in previsione del classico aumento della domanda estiva che potrebbe portare a fare del tutto per proteggere la propria fetta di mercato. Al che si aggiungano anche le preoccupazioni legate alla produzione dei paesi esenti dai tagli, tra cui la Libia.

A pesare sul prezzo del petrolio potrebbe essere anche il discorso relativo allo shale americano: l’offerta potrebbe aumentare di 600.000 barili al giorno da giugno a dicembre. Ecco i 3 motivi dello scetticismo degli esperti sulla quotazione.

Prezzo petrolio: i dati sulle scorte

Come già accennato, a determinare i recenti rialzi del prezzo del petrolio ci hanno pensato in primis i dati dell’API sulle scorte di greggio che hanno sorpreso totalmente le attese degli analisti. Gli esperti avevano stimato un calo delle scorte di 1,8 milioni di barili, mentre il dato odierno ha segnato un vero e proprio crollo di 5,789 milioni di unità. Per questo motivo il prezzo del petrolio è tornato a guadagnare un po’ di quel terreno perduto nei giorni scorsi.

Prezzo petrolio: l’OPEC ha fallito?

Nel momento in cui l’OPEC ha deciso di tagliare la produzione, il prezzo del petrolio è sì schizzato rispetto ai minimi del 2016, ma tuttavia non è mai riuscito a svincolarsi da un ristretto trading range che mai gli ha permesso di tornare su quota $60. La quotazione, poi, è stata continuamente messa sotto pressione non solo da eventi geopolitici, ma anche e soprattutto da una produzione americana che ha messo a repentaglio gli sforzi dell’OPEC, ad oggi considerati inutili dai più scettici.

Il Cartello ha tentato ancora una volta di risollevare il prezzo del petrolio parlando di estendere i tagli OPEC oltre il termine di giugno 2017, anche se molti non credono ciò avverrà. Il solo parlare di un’estensione dell’accordo di Vienna ha fatto viaggiare il petrolio in rialzo, ma l’euforia è durata davvero poco e il crollo è tornato più imponente di prima.

Prezzo petrolio giù: 3 possibili strategie dell’OPEC

Il prossimo 25 maggio, i ministri dell’energia dei Paesi membri del Cartello si riuniranno finalmente per discutere di quel riequilibrio del mercato tanto desiderato ma ancora piuttosto lontano. I membri dell’OPEC avranno diverse opzioni su cui lavorare per stabilizzare il prezzo del petrolio. Eccole di seguito.

#1 - Prezzo petrolio e OPEC: l’estensione dei tagli
Essi potranno decidere, come accennato, di estendere i tagli oltre il termine fissato a giugno 2017. In questo caso l’accordo avrebbe altri 6 mesi di validità, fino a dicembre prossimo. Per molti esperti, però, la mossa dell’OPEC si rivelerebbe inutile a causa della produzione di shale da parte degli USA. I membri del Cartello potrebbero anche decidere di estendere i tagli fino a dicembre, ma finché il prezzo del petrolio sarà sopra i $40, gli USA continueranno a pompare e la quotazione continuerà a viaggiare sotto pressione.

#2 - Prezzo petrolio e OPEC: aumento della produzione
I paesi produttori, anziché estendere l’accordo OPEC, potrebbero anche decidere di riprendere a pompare greggio con lo scopo di mettere fuori mercato i produttori di shale americani. In questo caso si assisterebbe non soltanto ad un nuovo crollo del prezzo del petrolio sotto i $40, ma le conseguenze potrebbero essere imponenti.

Si pensi al precedente dell’Arabia Saudita che circa 3 anni fa ha scelto di non ridurre la propria produzione e di tenere basse le sue quotazioni, non curandosi del prezzo del petrolio in calo, e con lo scopo di arginare la produzione USA. Se l’obiettivo di “combattere” i produttori di shale ha avuto successo, le conseguenze sul budget dell’OPEC sono state a dir poco disastrose e i membri del Cartello hanno dovuto introdurre vere e proprie misure di austerity.

#3 - Prezzo petrolio e OPEC: l’immobilismo
In ultima istanza, i membri dell’OPEC potrebbero anche decidere di non fare nulla. In questo caso la reazione del prezzo del petrolio potrebbe essere ancor più marcata di quanto ipotizzato. Questo perché si è già discusso molto circa l’estensione dei tagli e ove questa non vedesse la luce, il mercato potrebbe risentirne enormemente accentuando il proprio trend ribassista.

Prezzo petrolio: cosa pesa sulla quotazione?

Diversi elementi hanno contribuito alla debolezza del petrolio. Ultima, ma non ultima, la produzione dell’Iran che a quanto pare dovrebbe salire di 3 milioni di barili al giorno, secondo quanto affermato da esponenti governativi. A pesare maggiormente sul prezzo del petrolio, però, continuano ad essere la produzione americana e le prospettive circa il rallentamento della domanda.

Si pensi soltanto ai dati relativi agli impianti di trivellazione che continuano a mostrare il recupero più forte degli ultimi 30 anni. Gli impianti USA sono cresciuti di 7,3 milioni di unità a settimana nelle ultime 52 settimane, il che significa che gli Stati Uniti stanno costruendo un tesoretto di offerta che potrebbe eccedere quota 1 milione di barili al giorno.

Alla luce di tutti i rischi che pesano sulla quotazione e alla luce dei prossimi ostacoli che l’OPEC e i produttori in generale dovranno superare, cosa bisognerà aspettarsi dal prezzo del petrolio dopo il rialzo odierno?

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it