La sabbia del Sahara riduce l’efficienza dei pannelli fotovoltaici fino al 30%. Ecco perché succede e come proteggere gli impianti solari.
La pioggia di sabbia che sempre più di frequente arriva in Europa dal Sahara potrebbe danneggiare seriamente i pannelli fotovoltaici.
A confermarlo è stato uno studio dell’università spagnola, che ha rilevato una riduzione della produzione energetica tra il -5% e il -30% a seguito di un’ondata di sabbia sahariana. Questo fenomeno atmosferico, noto come “pioggia di sabbia”, si verifica quando venti caldi sollevano sabbia e polveri fini dal deserto del Sahara e le trasportano in Europa, dove si mescolano con le precipitazioni.
Il risultato? Una sottile pellicola marrone-arancione che si deposita su auto, terrazzi, finestre e, purtroppo, anche sui pannelli solari. Sempre più diffuso in aree mediterranee come il Sud Italia, la Spagna e il sud della Francia, questo evento naturale è diventato una nuova sfida per chi investe nell’energia solare.
I pannelli fotovoltaici, infatti, lavorano al meglio solo se puliti e ben esposti alla luce. La sabbia, anche se in apparenza innocua, compromette la loro capacità di assorbire l’irraggiamento solare. Ecco cosa accadei ai pannelli solari e come proteggerli dalla sabbia del Sahara.
Perché la sabbia del Sahara può danneggiare i pannelli solari?
La principale criticità legata alla sabbia del Sahara è la sua capacità di ridurre drasticamente l’efficienza dei pannelli fotovoltaici. Anche uno strato sottile di polvere può bloccare una parte significativa della luce solare, con un impatto diretto sulla produzione di energia. Nei casi più estremi, la perdita di efficienza può arrivare fino al 30%. A rendere il problema ancora più serio è la durata dell’accumulo: se la sabbia non viene rimossa tempestivamente, può permanere sui pannelli per giorni o settimane, riducendo costantemente la resa energetica.
Inoltre, le particelle di sabbia possono diventare abrasive con il tempo. Se si depositano e si asciugano sulla superficie in vetro dei pannelli, formano uno strato difficile da rimuovere, che può causare micrograffi durante una pulizia non adeguata. Questi danni superficiali, sebbene spesso invisibili a occhio nudo, compromettono l’assorbimento della luce e, nel lungo periodo, accorciano la vita utile dei moduli.
Ad esempio si è registrato che un impianto da 6 kW in Sicilia, dopo un evento di pioggia di sabbia, ha perso il 15% della propria efficienza nei giorni successivi, e si è normalizzata solo dopo una pulizia manuale. Questo dimostra come il problema non sia solo teorico, ma concreto e misurabile.
A tutto ciò si aggiungono i maggiori costi di manutenzione. Chi vive in zone soggette a questi fenomeni deve investire più spesso in pulizie e controlli, con un impatto diretto sul ritorno economico dell’impianto fotovoltaico.
Sabbia del Sahara e pannelli solari: come prevenire i danni?
Per proteggere i pannelli fotovoltaici dagli effetti della sabbia sahariana, la prevenzione e la manutenzione regolare sono fondamentali. Una prima strategia consiste nell’installazione dei pannelli con un’inclinazione adeguata, idealmente superiore ai 10-15 gradi. Questo consente alla pioggia di scivolare via più facilmente, portando con sé parte della sabbia. Un altro accorgimento è l’adozione di pannelli dotati di rivestimenti autopulenti o trattamenti nano-coating, che rendono la superficie meno soggetta all’adesione delle particelle di polvere.
Anche il monitoraggio della produzione è un alleato importante: un calo improvviso della resa può indicare un accumulo di sabbia e suggerire un intervento tempestivo. In caso di necessità, la pulizia deve essere eseguita con attenzione. È consigliato l’uso di acqua demineralizzata (per evitare aloni e incrostazioni) e strumenti delicati come panni morbidi o spazzole a setole leggere. Sono da evitare detergenti aggressivi e, soprattutto, pulizie durante le ore più calde: il contrasto tra vetro caldo e acqua fredda può provocare shock termici e danni strutturali.
Per accumuli leggeri, si può ricorrere a un soffiatore d’aria, ma è bene evitare stracci asciutti che potrebbero graffiare la superficie. In ogni caso, è buona pratica programmare una pulizia almeno 2-4 volte l’anno nelle aree ad alto rischio. Inoltre, dopo ogni evento evidente di pioggia di sabbia, è utile fare una ispezione visiva.
Se invece i primi danni si manifestano con cali prolungati di produzione, può essere utile rivolgersi a un tecnico per verificare la presenza di graffi o usura precoce. Intervenire tempestivamente può prevenire problemi più gravi e prolungare la vita dell’impianto che aiuta il pianeta verso la transizione ecologica.
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