Pensioni, la riforma è confermata ma ci sono almeno 3 cattive notizie

Simone Micocci

11 Aprile 2024 - 10:07

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Riforma delle pensioni, il Def non lascia scampo: ci sono almeno 3 modi con cui il governo potrebbe fare cassa.

Pensioni, la riforma è confermata ma ci sono almeno 3 cattive notizie

Nella nota di aggiornamento al Def dello scorso settembre la riforma delle pensioni era indicata come uno degli obiettivi da approvare tra il 2025 e il 2027. Lo stesso viene fatto dal Documento di economia e finanza che martedì scorso ha ottenuto il via libera del Consiglio dei ministri, con il quale vengono confermati tutti gli impegni presi dal governo Meloni nella Nadef.

Resta quindi l’intenzione di approvare un decreto legge che possa rivedere il sistema pensionistico, ma manca la parte più importante: le risorse.

Come già abbiamo avuto modo di spiegare, infatti, con il Def ci sono fondi limitati complice una crescita inferiore a quelle che erano le aspettative di settembre (siamo passati dall’1,2% all’1%) e una procedura d’infrazione che incombe sull’Italia.

E se consideriamo che il governo ha già riservato 10 miliardi di euro (sempre che riesca a trovarli) per la conferma del cuneo fiscale - che è bene ricordare non comporta alcun vantaggio per i pensionati - appare impossibile pensare che possa esserci spazio anche per un intervento sulle pensioni.

Anzi, il rischio è che ancora una volta, come già successo con la legge di Bilancio scorsa, il governo potrebbe utilizzare le pensioni per fare cassa. E ci sono almeno 3 modi in cui potrebbe farlo.

Addio all’aumento delle pensioni minime

A inizio mandato il governo Meloni ha iniziato un percorso che almeno nelle intenzioni avrebbe dovuto portare le pensioni minime ad avvicinarsi alla soglia dei 1.000 euro mensili.

Ha iniziato prevedendo per il 2023 un incremento dell’1,5% per tutti i trattamenti, del 6,4% per gli over 75, e per il 2024 un aumento per tutti del 2,7%. Con la scorsa legge di Bilancio però c’è stata la prima battuta di arresto, in quanto a dispetto delle attese non è stato confermato l’aumento straordinario per i pensionati con più di 75 anni.

Il rischio è che con la prossima manovra a non essere confermato sarà l’intero aumento - attualmente in scadenza a fine del 2024 - con il governo che potrebbe ritenerlo non più necessario in un contesto in cui l’inflazione ha finalmente rallentato.

Addio alla pensione anticipata

Un’altra misura in scadenza a fine anno è Quota 103, opzione che consente il pensionamento anticipato a chi all’età di 62 anni ha maturato almeno 41 anni di contributi.

Già con l’ultima manovra questa misura di flessibilità è stata rivista e peggiorata attraverso l’introduzione di una penalizzazione in uscita per chi vi ricorre, ossia un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno che ne comporta generalmente una riduzione.

Adesso bisognerà decidere il da farsi per il 2025: in un contesto persino peggiore rispetto a quello in cui il governo si trovava in fase di approvazione della precedente manovra non è da escludere l’addio di Quota 103 o comunque una limitazione dei beneficiari (ad esempio aumentando di un anno l’età pensionabile, passando quindi a una Quota 104 a 63 anni).

In scadenza anche Ape Sociale e Opzione Donna, già riviste - in peggio - dall’ultima legge di Bilancio con il rischio di nuovi interventi volti a ridurne la platea.

Rivalutazione delle pensioni

L’ultimo tema dove il governo potrebbe intervenire per fare cassa è quello della rivalutazione, per la quale nel 2025 è stato stimato un tasso dell’1,6%. Per quanto sia molto più basso rispetto ai precedenti (8,1% nel 2023, 5,4% nel 2024) il governo deve affrontare il problema del ritorno alle vecchie regole della rivalutazione, più vantaggiose per il pensionato ma ovviamente meno per il governo che rischia un maggiore esborso di risorse.

Ragion per cui potrebbe esserci la conferma delle percentuali introdotte nell’ultimo biennio, con una nuova stretta ai danni dei pensionati che rischierebbero così di ricevere aumenti irrisori sull’assegno.

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