Offese su Whatsapp, ingiuria o diffamazione? Cosa cambia dal 2022

Francesca Nunziati

27 Agosto 2022 - 14:06

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Vediamo insieme Il corretto inquadramento normativo dell’ingiuria piuttosto che della diffamazione negli scritti offensivi in una chat Whatsapp. In particolare analizziamo una recentissima sentenza.

Offese su Whatsapp, ingiuria o diffamazione? Cosa cambia dal 2022

La Cassazione torna a occuparsi di offese su WhatsApp e stabilisce quando è ingiuria e quando diffamazione. Con la sentenza della Corte di Cassazione 28675/2022 i giudici di legittimità, infatti, si sono occupati del corretto inquadramento tra ingiuria e diffamazione degli scritti offensivi in una chat WhatsApp.

La Suprema Corte ha innanzitutto richiamato un suo recente precedente (la sentenza n. 13252/2021) in cui, nell’interrogarsi sulla natura ingiuriosa o diffamatoria dell’invio di e-mail a più destinatari tra cui anche l’offeso, ha operato una schematizzazione delle situazioni concrete in rapporto ai vari strumenti di comunicazione che possono dare luogo ai reati in parola.

Per schematizzare e rendere più agevole la comprensione di quanto sostenuto con quest’ultima pronuncia si precisa che l’offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone.

L’offesa, invece, diretta a una persona «distante» costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario.

Se la comunicazione «a distanza» è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso, si configura il reato di diffamazione. Infine se l’offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione.

Ma analizziamo più da vicino i due reati.

Differenza tra ingiuria e diffamazione

In primo luogo per capire meglio questa fattispecie normativa bisogna fare una importante precisazione: è reato la diffamazione, non è reato l’ingiuria (non lo è più a seguito della depenalizzazione operata dal D.lgs 7/2016).

Ora, cerchiamo di comprendere meglio la differenza tra le due condotte:

  • la diffamazione è l’offesa pronunciata in assenza della vittima davanti a più persone (almeno due).
  • l’ingiuria è invece rivolta direttamente alla vittima, in un colloquio a due, a prescindere dal fatto che questo avvenga in presenza di altre persone.

Entrambe le condotte possono verificarsi mediante l’espressione di offese verbali o scritte, anche con l’utilizzo di mezzi telematici.

La diffamazione è reato. Questo significa che la parte offesa può depositare una querela ai carabinieri o direttamente alla Procura della Repubblica presentandosi con un proprio scritto oppure facendosi assistere da un avvocato che la redigerà e depositerà; sarà poi la Procura ad avviare indagini nei confronti del querelato e al termine delle stesse, a valutare se chiedere l’archiviazione (la querela non avrà seguito) o esercitare l’azione penale (in questo caso si aprirà il processo).

Nel secondo caso la persona offesa può anche ottenere il risarcimento del danno subito costituendosi parte civile nel giudizio a mezzo di un avvocato.

Nel caso dell’ingiuria, invece, l’offeso può far valere il proprio diritto solo in sede civile tramite un atto di citazione notificato alla persona che ha proferito le offese dal proprio legale. Chi agisce anticipa i costi della causa.

La prova è molto più difficile: posto il divieto per le parti di testimoniare a proprio favore, se non ci sono supporti informatici che contengono le offese scritte o registrate e nessuno ha assistito al fatto sarà difficile ad esempio dimostrare l’illecito consistito in una condotta verbale.

In ogni caso, se il giudice dovesse ritenere raggiunta la prova, condannerà il colpevole al risarcimento degli eventuali danni all’onore dell’attore e a una sanzione da 200,00 a 12.000,00 euro.

Oggi non è più pericoloso, come prima della riforma del 2016, inviare un messaggio offensivo tramite Sms, WhatsApp o email. Questo perché, se oltre al destinatario non ci sono altri soggetti in copia, si commette un’ingiuria che, come già detto, non costituisce più reato.

Dall’ingiuria si passa però alla diffamazione se in copia nell’email ci sono altri indirizzi di posta elettronica o se l’espressione viene proferita all’interno di un gruppo WhatsApp e quindi innanzi a più soggetti.

Approfondimento sentenza del 2022

La decisione in discorso ha poi approfondito il concetto di «presenza» rispetto ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che riguardo alla persona offesa vi siano situazioni sostanzialmente equiparabili, realizzate con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici (call conference, audioconferenza o videoconferenza), in cui si può ravvisare una presenza virtuale del destinatario delle affermazioni.

Sentenza Corte di Cassazione n. 28675/2022
In allegato il testo della sentenza in oggetto

In sostanza Secondo la Suprema corte occorre, dunque, valutare caso per caso:

  • se l’offesa viene operata nel corso di una riunione «a distanza» (ovvero «da remoto»), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone;
  • laddove, invece, vengano in rilievo comunicazioni scritte o vocali, indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente «presenti» (in accezione estesa alla presenza «virtuale» o «da remoto»), ricorreranno i presupposti della diffamazione.

Sulla base delle delineate coordinante la Corte di cassazione ha quindi evidenziato che la chat di gruppo di WhatsApp consente l’invio contestuale di messaggi a più persone, che possono riceverli immediatamente o in tempi differiti a seconda dell’efficienza del collegamento a Internet del terminale su cui l’applicazione viene da loro utilizzata.

Ma cosa accade se non si legge subito il messaggio?
I destinatari infatti possono leggere i messaggi in tempo reale perché stanno consultando, in quel momento, proprio quella specifica chat, e, quindi, rispondere con immediatezza.

Oppure, come accade molto più spesso, possono leggerli, anche a distanza di tempo, quando non sono online oppure, pur essendo collegati a WhatsApp, si trovino impegnati in altra conversazione virtuale e non consultino immediatamente la conversazione nell’ambito della quale il messaggio è stato inviato.

Se questo è il funzionamento del servizio di messaggistica istantanea che viene in rilievo in casi come quello in vicenda, se ne può dedurre che la percezione da parte della vittima dell’offesa può essere contestuale ovvero differita.
Ciò a seconda che stia consultando proprio quella specifica chat di WhatsApp o meno.

Nel primo caso, vi sarà ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quanti sono i membri della chat perché la persona offesa dovrà ritenersi virtualmente presente.
Nel secondo caso si avrà diffamazione, in quanto la vittima dovrà essere considerata assente.

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