La normativa sull’usura: un corso suddiviso in sei puntate per spiegare l’importanza del tema anche ai meno esperti
Con la presente serie di sei articoli, redatti in collaborazione con lo studio di commercialisti e legali del dott. Giuseppe Cappuccio, si tenterà di effettuare una panoramica sulle principali problematiche connesse alla normativa sull’usura, con la finalità di fornire al lettore alcuni strumenti di analisi.
L’usura consiste nella concessione di un prestito, a tassi considerati illegali ed a condizioni di esclusivo vantaggio del concedente, ad un soggetto in obiettiva difficoltà economica.
Tale fenomeno, sebbene già presente sotto la vigenza del Codice Zanardelli (approvato con R.D. n. 6144/1889), trova la sua genesi soltanto nel codice Rocco del 1930 ove viene qualificato come delitto in virtù del quale viene punito colui che, approfittando dello stato di bisogno di una persona, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, interessi o vantaggi usurari.
Analogamente veniva punita la “mediazione usuraria”, ossia la condotta consistente nel farsi dare o promettere, per procurare a un soggetto in stato di bisogno una somma di denaro o di altra cosa mobile, un compenso usurario.
Anche sul piano civilistico la fattispecie tardò a delinearsi. Di fatti, nel primo Codice civile si considerava sufficiente la pattuizione scritta del tasso ultralegale. Si riteneva, di conseguenza, che il negozio contenente interessi usurari fosse nullo per illiceità della causa.
La disciplina civilistica dell’usura fu introdotta con il codice civile del 1942 che introdusse, agli articoli 1283 e 1284, strumenti di controllo del fenomeno usurario in materia di anatocismo e forma scritta della relativa pattuizione individuando dei parametri specifici per la valutazione degli estremi del reato di usura ai sensi dell’art. 644 c.p. come il vantaggio usurario, lo stato di bisogno del debitore e l’approfittamento di tale stato da parte del creditore.
Tuttavia, i numerosi contrasti giurisprudenziali concernenti la difficoltà di dimostrare gli elementi della fattispecie dell’usura indussero il legislatore ad introdurre una normativa antiusura con la Legge n. 108 del 07/03/1996, incentrando l’attenzione sull’oggettivo squilibrio tra le prestazioni patrimoniali piuttosto che sulle caratteristiche soggettive dei contraenti. La tutela penale si fondava sull’esigenza pubblicistica di regolamentare il mercato creditizio prevenendo fenomeni di lievitazione del costo del denaro.
Da ciò si evince che l’usura si qualifica come reato comune e che può ravvisarsi in qualsiasi contratto a prestazioni corrispettive ove la condotta criminale consiste nel prestito posto in essere dall’usuraio; il soggetto debole, in cambio, dà o promette interessi o altri vantaggi sproporzionati per eccesso. Trattasi della c.d. “usura oggettiva”, disciplinata dall’art. 644 c.p.
Gli interessi o compensi sono definiti usurari quando superano il tasso soglia determinato dalla legge, ai sensi dell’art. 644, co.3, c.p. Viene introdotto, in tal modo, un parametro normativo e specifico al quale l’operatore giuridico deve sempre attenersi. Infatti, la concreta determinazione del tasso di usura è rimessa alle rilevazioni trimestrali effettuate dal Ministro del Tesoro, ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 4, della L. n. 108/1996.
In particolare si legge che
“Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari (…) nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. (…)”
Il comma 4 dello stesso art. 2 regola l’individuazione del tasso soglia. A tale proposito si legge che
“Il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”.
La legge disciplina poi una diversa tipologia di usura definita “soggettiva”, dove non si fa più riferimento all’elemento oggettivo (superamento del tasso soglia) bensì alla condizione di svantaggio economico e finanziario della vittima. In specie, l’art. 644, co. 3, c.p. sancisce che:
“Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, che siano stati percepiti dalla banca unitamente a tutti gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”.
In tali casi, pur se il tasso di interesse non supera il tasso soglia, può accertarsi usura ove si registri sia un superamento del valore del tasso medio applicato ad operazioni simili sia la gravosità delle condizioni applicate. Con tale previsione normativa il legislatore ha inteso scongiurare tutti i fenomeni in cui, sebbene non si profili l’usura oggettiva, vi è il rischio concreto di aggirare tale aspetto con la pattuizione di soglie che solo apparentemente sono legali e rispettose del tasso soglia.
Dal punto di vista prettamente civilistico, non vi è una norma ad hoc che qualifichi l’usura ma dall’interpretazione sistematica dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. si ricava che “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
Tale disposizione normativa risponde al principio cardine di conservazione del contratto evitando, dunque, la declaratoria di nullità ed introducendo una sanzione afflittiva per il mutuante che, in presenza di interessi usurari, non ha diritto al pagamento di alcuna somma a titolo di interesse.
Questione di interesse rilevante nell’ambito dell’usura è il contrasto interpretativo sulla c.d. “usura sopravvenuta”, ossia l’ipotesi in cui il tasso di interesse concordato originariamente tra parte mutuante e parte mutuataria superi, nel corso del rapporto, la soglia dell’usura.
Tale problema investe una tematica di estrema importanza: le sopravvenienze contrattuali. Parte della giurisprudenza, in ossequio al principio pacta sunt servanda, ritiene irrilevanti i mutamenti sopravvenuti nel corso del rapporto giacché occorre guardare alle condizioni pattuite in sede di stipulazione del contratto (quindi il tasso soglia vigente al momento della pattuizione).
Di diverso avviso, invece, l’orientamento che attribuisce spessore al momento funzionale ed esecutivo del contratto e, di conseguenza, all’effettivo momento di corresponsione degli interessi ai fini della valutazione dell’usura sopravvenuta.
Il dibattito giurisprudenziale è stato risolto definitivamente dalle Sezioni Unite della Suprema Corte che, con sentenza n. 24675 del 19.10.2017, hanno ribadito che, ai fini dell’applicazione del tasso soglia e della rilevanza dell’usura, occorre considerare il momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento.
Quanto appena letto costituisce un’introduzione alla normativa sull’usura. Nei prossimi articoli si procederà ad analizzare in maniera più specifica e pratica le modalità di rilevazione dei tassi applicati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA