Lego accelera sulla sostenibilità. Lo storico brand di mattoncini mira a eliminare del tutto la plastica entro il 2032, puntando su materiali ecologici e un modello di produzione green.
Da quasi un secolo, i mattoncini colorati della Lego rappresentano un simbolo universale di creatività e gioco. Con oltre 10.000 set prodotti e miliardi di pezzi sparsi in ogni angolo del pianeta, quei piccoli blocchi di plastica rappresentano ormai un pezzo importante della cultura popolare mondiale.
Generazioni di bambini - ma anche adulti - sono cresciuti incastrando mattoncini per dare vita a costruzioni in miniatura di ogni tipo, dalle città alle astronavi, fino ai personaggi più amati di cartoni animati, film e serie televisive.
Dietro questo mito dell’infanzia, però, si nasconde anche una delle più grandi sfide ambientali del nostro tempo. Come si può rendere sostenibile un impero costruito sulla plastica? I celebri mattoncini, che devono la loro resistenza e brillantezza a materiali derivati dal petrolio, sono praticamente indistruttibili. Un pregio per chi gioca, ma un grosso problema per il pianeta.
Dopo il fallimento del primo tentativo verso una svolta green che è costato a Lego 1,2 miliardi di dollari, adesso il gigante delle costruzioni punta a intraprendere un nuovo percorso di trasformazione profonda, investendo in ricerca, nuovi materiali e processi produttivi più sostenibili.
Dal legno alle costruzioni. L’ascesa del marchio Lego
Il cuore pulsante della Lego si trova ancora oggi a Billund, un piccolo paese della Danimarca di appena 7.000 abitanti. Qui, nel 1916, il falegname Ole Kirk Christiansen acquistò una bottega senza immaginare che, solo pochi anni dopo, avrebbe dato vita a uno dei marchi più amati al mondo.
Durante la crisi economica degli anni Trenta, Ole iniziò a produrre giocattoli di legno assemblabili, tra cui yo-yo, papere, cavallucci e automobili. Da lì nacque la filosofia che ancora guida l’azienda: “smontare per ricostruire”. Anche il termine “Lego” riflette questa visione: deriva dal danese “leg godt”, ovvero “gioca bene”. E pensare che, anche in latino, il nome del marchio significa “io assemblo”.
Negli anni Quaranta, per stare al passo con i tempi, l’azienda acquistò la sua prima macchina per lo stampaggio della plastica. Nel 1958, poi, arrivò il brevetto che avrebbe cambiato tutto: il sistema a tubi interni che permette ai pezzi di incastrarsi perfettamente. Fino a oggi, ogni mattoncino prodotto dall’azienda è compatibile con quelli di 60 anni fa.
leggi anche
Lo Stato investe in Giochi Preziosi. È la seconda azienda di giocattoli in Europa (dopo Lego)
Un successo (ancora) di plastica
Dal 1963 i mattoncini Lego sono realizzati in acrilonitrile butadiene stirene (ABS), una plastica dura, brillante e praticamente indistruttibile, ma derivata da fonti fossili. È questo il fulcro del problema ambientale dell’azienda.
Il gruppo produce centinaia di milioni di pezzi ogni anno nei suoi stabilimenti sparsi in tutto il mondo tra Danimarca, Ungheria, Vietnam e Messico. L’apertura di un nuovo stabilimento negli Stati Uniti è prevista per il 2027.
Solo a Billund si stima che vengano realizzati fino a 330 milioni di mattoncini l’anno, giorno e notte, con una precisione che sfiora la perfezione. Dal 1978, inoltre, sono state create oltre 10 miliardi di minifigure, collezioni di personaggi costruibili in edizione limitata ispirati ai temi più svariati, come lo spazio, i supereroi, i film e altro ancora.
Un numero così alto di mattoncini solleva una questione inevitabile e preoccupante: quanto danneggiano l’ambiente queste costruzioni di plastica?
Il progetto di sostenibilità
Negli ultimi anni, Lego ha scelto di muoversi verso un modello sostenibile, senza tuttavia compromettere la qualità dei loro giochi. Dal 2015 ha testato oltre 600 materiali alternativi per ridurre la dipendenza dal petrolio e abbassare le emissioni.
Attualmente, più del 50% degli imballaggi è in materiali riciclabili, con l’obiettivo di arrivare al 100% entro il 2027. Dal 2018 una parte dei set contiene elementi in plastica “bio based”, un polietilene derivato dalla canna da zucchero. L’azienda ha iniziato a utilizzare anche plastiche riciclate da reti da pesca, scarti industriali e piani di lavoro in marmo artificiale.
Un’altra innovazione è l’uso dell’e-metanolo, una plastica ottenuta da CO2 biogenica ed energia solare. Secondo le certificazioni di Lego, poi, la maggior parte dell’ABS utilizzato per la costruzione dei mattoncini proviene da fonti sostenibili.
Ma la vera forza del marchio sta anche nella sua durabilità. Uno dei motti principali dell’azienda è “i mattoncini Lego non si buttano”, anzi, passano di generazione in generazione, riducendo naturalmente gli sprechi. La storica azienda danese ha fissato il 2032 come data per rendere sostenibili tutti i processi produttivi e il 2050 come orizzonte per la neutralità climatica, con l’obiettivo di costruire un futuro in cui anche i loro giochi possano essere amici dell’ambiente.
leggi anche
Come fare soldi con i Lego: 8 consigli utili
© RIPRODUZIONE RISERVATA