Lavoro a tempo determinato, rinnovi più semplici: cosa cambia per durata e causali

Luna Luciano

16 Aprile 2023 - 17:03

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Il Governo Meloni mette mano al decreto Dignità modificando i contratti a tempo determinato, portandoli a 12 mesi. Cosa cambia per durata e causali e quali sono i rischi per i lavoratori.

Lavoro a tempo determinato, rinnovi più semplici: cosa cambia per durata e causali

Il Governo Meloni cambia i contratti a termine, modificandone le causali per portare i contratti a tempo determinato da 12 a 24 mesi, rendendoli rinnovi più semplici per le aziende. Queste sono le prime novità che emergono dalla bozza del decreto Lavoro che dovrebbe essere approvato dal governo in uno dei prossimi Consigli dei ministri.

L’esecutivo vorrebbe quindi cambiare i fondamentali del Decreto Dignità che nel 2018 aveva introdotto causali più rigide per i contratti a termine, con l’obiettivo di limitare il ricorso all’occupazione a termine, rendendo di fatto quasi impossibile - se non in casi particolari - il prolungamento oltre la soglia dei dodici mesi, dopo i quali doveva scattare l’assunzione a tempo indeterminato.

Se da una parte la decisione del Governo Meloni sarà sicuramente apprezzata dalle aziende, potrebbe non essere così per i lavoratori, per i quali la situazione si complica maggiormente, rischiando di trovarsi intrappolati nel limbo della precarietà, come evidenziato da un’inchiesta di Dataroom. È quindi opportuno sapere cosa cambierebbe nei contratti a termine, quali possono essere i rischi dei lavoratori e se esiste un modello alternativo a quello adottato dal Governo.

Lavoro a tempo determinato: cosa cambia per durata e causali

Nel dettaglio stando all’ultima bozza del decreto Lavoro, sarebbero previste nuove causali per allungare i contratti a termine da 12 a 24 mesi.

Il decreto Dignità del 2018 prevedeva che dopo un 12 mesi di contratto a termine scattasse l’assunzione; oppure che il datore di lavoro prorogasse il contratto per un tempo massimo di altri 12 mesi, indicando però una causale e pagando uno 0,5% di contribuzione in più.

Nel caso in cui fosse approvato l’attuale testo del decreto Lavoro, l’esecutivo non interverrebbe nello schema generale ma in modo puntuale proprio sulle causali, rendendole più accessibili per le aziende. Causali che non serviranno per contratti a 12 mesi, ma saranno necessarie per i contratti a 24 mesi e potranno essere 3:

  • specifiche esigenze previste dai contratti collettivi;
  • specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva;
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

Al termine di questi 24 mesi - come in precedenza accadeva per il contratto di 12 mesi - potrà essere previsto un ulteriore rinnovo fino a 12, per arrivare a un periodo complessivo di 36 mesi con contratto a termine.

Lavoro a tempo determinato, rinnovi più semplici: i rischi per i dipendenti

La modifica che il Governo vorrebbe apportare non è certo da poco. In Italia — come evidenziato in un’inchiesta di Dataroom dal Corriere — negli ultimi anni il contratto di lavoro più diffuso è stato proprio quello a tempo determinato. Infatti, nel 2021 ne sono stati attivati 7,7 milioni (il 69% del totale), diventati poi 8,5 milioni nel 2022. Nel terzo trimestre del 2022 oltre il 31% dei contratti a termine sottoscritti aveva una durata massima di un mese e il 46,5% non superava i 90 giorni.

Contratti a tempo determinato che rischiano di lasciare nel limbo del precariato numerosi lavoratori, come spiegato nel rapporto 2022 dell’Inapp (Istituto nazionale per le politiche pubbliche). Occorre sapere, infatti, che il lavoro atipico non è più quello “strumento intermedio che serve poi ad ottenerne uno stabile, ma è diventato «una trappola» che ti mantiene precario a vita”; basti pensare che stando alle stime del rapporto solo il 35-40% dei lavoratori con contratti a termine riescono ad ottenere un contratto a tempo indeterminato.

Stando quindi a questo report, aumentare le possibilità di rinnovare contratti a termine complica maggiormente la situazione dei lavoratori, rischiando di incrementare il livello di precarietà che già inficia e priva di libertà e autonomia i giovani della penisola.

Contratti a termine, Spagna sceglie direzione opposta all’Italia: quali sono i benefici

Di fronte alla linea adottata dal Governo Meloni, non si può non domandarsi se esista un modello alternativo per poter risollevare le sorti economiche del Paese. Eppure un modello esiste e proviene dalla vicina Spagna.

La Spagna per anni è stato il Paese europeo con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, e per uscirne, a inizio 2022, ha introdotto una riforma del lavoro che va nella direzione opposta a quella italiana: imponendo una forte riduzione dei contratti a termine e limitazione a tutte le forme di esternalizzazione del lavoro.

La legge, varata in accordo con sindacati e imprese, ha ridato centralità ai contratti standard, e per ridurre la precarietà utilizza oltre 2,3 miliardi dei fondi del Next Generation Eu con il risultato evidente e concreto della creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato, del crollo del tasso di precarietà di 12 punti (dal 26,1% al 14%) con un’enorme crescita di posti fissi per donne e under 30.

Ancora, a febbraio 2023 il governo di Pedro Sánchez, per contrastare l’inflazione, ha alzato anche il salario minimo di 93,3 euro al mese per 14 mensilità. È quanto mai opportuno evidenziare che per rilanciare l’economia forse servirebbe una maggiore attenzione alle condizioni dei lavoratori: non è necessario comprimere i salari e le garanzie dei lavoratori, infatti nel 2022 l’economia spagnola è cresciuta del 5,5%.

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