La Giornata contro la violenza sulle donne spiegata a bambine e bambini

Flavia Provenzani

25 Novembre 2025 - 10:19

La Giornata del 25 novembre insegna a grandi e piccoli il valore del rispetto. Ecco come spiegare cos’è la violenza sulle donne e come costruire insieme un futuro più sicuro e libero.

La Giornata contro la violenza sulle donne spiegata a bambine e bambini

Il 25 novembre è una data che porta con sé un significato profondo. È la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, un momento simbolico - ma speriamo anche concreto - per riflettere su un tema che coinvolge ciascuno di noi, nessuno escluso. Neanche bambine e bambini.

È vero, spiegare ai più piccoli cosa significa questa giornata non è facile, ma è essenziale. Non per spaventarli, ma per aiutarli a crescere con una bussola morale forte, fatta di rispetto, uguaglianza e consapevolezza.

Cos’è la violenza sulle donne?

Quando parliamo di violenza sulle donne, non ci riferiamo solo alla violenza fisica. Spesso è una sofferenza silenziosa, fatta di parole che fanno male, di minacce che non si vedono, di controllo economico o psicologico. È un problema che nasce dalle disuguaglianze, da stereotipi antichi che pesano ancora, e tanto, sulle relazioni quotidiane.

Proviamo a immaginare una piramide, dove alla base ci sono comportamenti apparentemente poco gravi - battute offensive, commenti svalutanti, comportamenti prevaricatori. Ma sono gravi, sono “brutti”, perché possono alimentare un clima che rende possibile la violenza più grave, fino agli abusi fisici.

Ogni forma di violenza, anche quella più “leggera”, ha il potere di rovinare la dignità di una persona e di creare ferite invisibili, ma reali.

Il primo passo per parlare con i più piccoli, di qualsiasi argomento, è adattare il modus comunicativo al loro livello. E non dare nulla per scontato. Esistono dei termini, comunemente utilizzati in questo contesto, che potrebbero non conoscere, ma che è bene chiarire, con linguaggio semplice ed efficace:

  • Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne: è una giornata che si celebra il 25 novembre in tutto il mondo. Serve a ricordare che le donne devono poter vivere senza paura, senza insulti e senza persone che le trattano male. È un momento per parlare di rispetto, gentilezza e diritti, così tutti, anche i bambini, possono imparare a costruire un mondo più sicuro;
  • Rispetto: è il modo in cui dimostriamo agli altri che teniamo a loro e che riconosciamo il loro valore. Significa ascoltare, non usare parole cattive, non ridere degli altri e non costringerli a fare ciò che non vogliono. È come una regola invisibile che ci aiuta a stare bene insieme;
  • Consenso: è quando due persone decidono insieme se fare qualcosa. Prima di iniziare un gioco o toccare un’altra persona, bisogna sempre chiedere: “Ti va?”. Se la risposta è sì, si può continuare. Se è no, bisogna fermarsi. Il consenso insegna che nessuno deve essere obbligato o forzato;
  • Violenza di genere: è quando una persona viene maltrattata solo perché è donna o perché non rientra nelle idee rigide su come dovrebbero essere le persone. Può essere fatta di parole, di gesti o di comportamenti che fanno male. È un’ingiustizia che dobbiamo riconoscere e combattere tutti insieme;
  • Violenza economica: è una forma di violenza in cui qualcuno impedisce a un’altra persona di usare i suoi soldi, di lavorare o di prendere decisioni sulla propria vita. Può far sentire l’altra persona intrappolata e senza libertà. Anche se non si vede, è una forma di violenza molto seria;
  • Abuso: è quando qualcuno fa male, con parole o con azioni, a un’altra persona in modo ripetuto e ingiusto. Può far sentire tristi, spaventati o incapaci di reagire. Non è mai colpa di chi lo subisce, e parlare con un adulto di fiducia è sempre la cosa giusta da fare;
  • Controllo psicologico: è quando una persona cerca di comandare la vita di un’altra, facendo pressione, manipolando, sorvegliando o facendo sentire in colpa. Il controllo psicologico non lascia segni sul corpo, ma può fare molto male ai pensieri e alle emozioni;
  • Disuguaglianza: è quando alcune persone hanno più opportunità di altre senza un motivo giusto. Succede, per esempio, quando qualcuno viene trattato meglio perché è maschio, o peggio perché è femmina. Capirla aiuta a costruire un mondo dove tutti possano avere le stesse possibilità;
  • Educazione affettiva: aiuta bambini e bambine a capire le emozioni proprie e degli altri. Serve per imparare a comunicare, a risolvere litigi in modo sereno, a riconoscere quando un comportamento è sano e quando invece fa soffrire. È un percorso che insegna a costruire relazioni gentili e sicure;
  • Consapevolezza: è la capacità di capire meglio ciò che succede dentro di noi e intorno a noi. Significa riconoscere le nostre emozioni, capire quando qualcosa ci fa stare bene o male e saper chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno. Essere consapevoli ci rende più forti e più attenti agli altri.

Perché e come parlarne con i più piccoli

Quando raccontiamo ai bambini la Giornata del 25 novembre, stiamo gettando un seme potente, quello del rispetto. Gli stiamo offrendo parole nuove - come “consenso”, “rispetto”, “uguaglianza”, “libertà di essere se stessi” -, possibilmente in modo semplice e accessibile. Così l’idea di rispettare gli altri, di non usare la forza o la prepotenza, può finalmente diventare parte del loro modo di guardare il mondo.

Educare al rispetto significa anche aiutare i bambini a riconoscere cosa può fare male, non solo un gesto violento, ma anche parole cattive, condizioni di disagio, controllo. Significa offrire loro consapevolezza: ognuno ha diritto a sentirsi sicuro e valorizzato, senza paura.

La necessità è chiara. Occorre che bambine e bambini capiscano che la violenza non è solo un gesto brutale, può essere anche una parola cattiva, un “mi arrabbio con te perché non fai quello che voglio”, oppure un controllo costante su ciò che l’altra persona fa, pensa o desidera.

E sì, non è sempre facile distinguere tra una discussione normale e un comportamento violento, perché la violenza di genere si intreccia con il potere. Qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a comandare perché crede di essere “superiore”, o perché pensa di avere il diritto di comandare. Spiegare questo significa far capire ai più piccoli che il rispetto non è un’opinione, ma una condizione necessaria per ogni relazione sana.

Cosa significa “violenza di genere”?

La violenza contro le donne - e più in generale la violenza di genere - può assumere forme diverse, spesso subdole e silenziose. Può essere aggressione fisica, ma anche intimidazione psicologica, controllo continuo, imposizione, isolamento, disparità economica.

Urge spiegare ai nostri figli (e non solo) che la violenza non è amore, perché l’amore non significa maltrattare, non significa imporre, non significa togliere libertà. Quando in una relazione qualcuno dice “Se mi ami, fammi questo”, oppure “Se non fai come dico io, allora vuol dire che non me ne importa”, non è amore, è abuso. Un qualcosa che tutti, anche da piccoli, possono imparare a riconoscere.

Cosa vuol dire rispetto e consenso?

Il rispetto significa considerare gli altri come persone, con il loro mondo, i loro desideri, i loro sentimenti. Significa sapere che un “no” va rispettato, che chiedere il permesso è importante, che ognuno ha diritto a scegliere.

E qui entra in gioco il consenso. Il consenso vuol dire chiedere, ascoltare, capire che un “no” è sacro e che un “sì” deve essere dato liberamente. Anche ai bambini si può insegnare cosa significa accettare il “no” dell’altro, rispettare i suoi tempi, comprendere che ognuno ha dei diritti sul proprio corpo e sulle proprie emozioni. Un insegnamento morale, certo, ma anche una vera e propria forma di prevenzione. Educare al consenso significa quantomeno provare a mettere un argine alla violenza, perché chi è capace di rispettare i limiti dell’altro è meno incline a oltrepassarli.

Le scuole e le famiglie hanno un ruolo cruciale in questo processo educativo. L’educazione affettiva - ovvero un’educazione che ascolta, insegna l’empatia, educa alle emozioni - non è un extra, ma una componente essenziale per prevenire la violenza di genere.

Un impegno quotidiano

Teniamo accesa l’attenzione su un problema che, troppo spesso, viene ignorato, nascosto, taciuto, ben oltre il 25 novembre di ogni anno.

Mentre aspettiamo e sollecitiamo la società a intraprendere un percorso di cambiamento reale, educare bambine e bambini è un passo fondamentale. Parlare di rispetto, di diritti, di uguaglianza non è “roba da grandi”. È qualcosa che riguarda tutti.

Perché la violenza non riguarda solo chi la subisce. Riguarda ciascuno di noi, nella maniera in cui scegliamo di trattare gli altri ogni giorno.

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