Tra costi crescenti e fallimenti clinici, l’IA promette di accelerare i trial e ridurre i rischi. Ma ostacoli normativi ed etici restano sul percorso.
Scoprire nuovi farmaci è un’impresa costosa. Dal 2012 al 2022, al netto dell’inflazione, la spesa globale in ricerca e sviluppo farmaceutico è aumentata di quasi la metà, raggiungendo circa 250 miliardi di dollari, secondo Bernstein Research. Eppure, il numero di nuove approvazioni di molecole innovative è rimasto sostanzialmente stabile. L’IA potrebbe aiutare a cambiare questo scenario.
La nascita di un nuovo trattamento è piena di ostacoli. Un trial di Fase 3 su 1.000 pazienti affetti da polmonite batterica contratta in ospedale è costato quasi 90.000 dollari a paziente, secondo uno studio delle università di Tufts e Duke. Un altro problema è la scarsità di candidati: in un’analisi, oltre due terzi dei trial clinici nel Regno Unito non sono riusciti ad arruolare un numero sufficiente di partecipanti.
Già oltre dieci anni fa, Jack Scannell e colleghi hanno definito questa tendenza come la Legge di Eroom: la versione al contrario della Legge di Moore, che prevede il raddoppio dei transistor su un microchip ogni due anni. In questo caso, invece, il numero di nuovi farmaci sviluppati per ogni miliardo di dollari investito in R&S si è dimezzato circa ogni nove anni dal 1950. Secondo McKinsey, i trial clinici dalla Fase 1 al lancio impiegano in media un decennio, e solo uno su dieci arriva al successo. [...]
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