Il Giappone, patria del sushi e del sakè, sta vivendo una crisi del riso senza precedenti. Ecco perché trovare il cereale simbolo della cultura nipponica è diventato così difficile.
Il riso è molto più di un cereale in Giappone, è l’alimento basilare della dieta nipponica e recentemente il Paese del Sol Levante fa fatica a portarlo in tavola.
Il cambiamento climatico, il turismo e le politiche agricole hanno generato una tempesta perfetta che ha portato a una crisi inaspettata. Ogni giorno, milioni di giapponesi consumano riso a colazione, pranzo e cena.
Questo cereale non è solo un alimento, ma un pilastro culturale ed economico: è essenziale per la produzione del sakè, del mochi e dell’aceto, e rappresenta un simbolo identitario della nazione. Tuttavia, negli ultimi mesi, gli scaffali dei supermercati giapponesi faticano a rifornirsi di riso, mentre i prezzi sono saliti alle stelle: un sacco da 5 chili costa oltre 4.200 yen, più del doppio rispetto all’anno precedente.
La crisi, in corso da diverse settimane, ha spinto alcuni punti vendita a limitare il numero di confezioni acquistabili per cliente. Ma la penuria di riso non è solo un fatto economico: tocca la quotidianità delle famiglie, destabilizza il settore agricolo e pone interrogativi sul futuro alimentare del Giappone. Dietro questo scenario si nasconde un intreccio complesso di fattori che ha messo a dura prova il cuore dell’identità culinaria giapponese. Ecco quali sono le cause di questa crisi e quali sono i rischi e le soluzioni ad essa per il Giappone.
La crisi del riso, quali sono le cause
Il primo colpo inferto alla produzione di riso giapponese è arrivato l’estate 2023: tra le più calde mai registrate in Giappone, con temperature eccezionalmente elevate che hanno gravemente compromesso la resa agricola. Le piante di riso, che richiedono condizioni ambientali stabili e abbondante acqua, hanno sofferto lo stress termico, dando vita a raccolti inferiori in qualità e quantità. Questo ha rappresentato un duro colpo per un Paese che dipende fortemente dalla produzione interna per soddisfare il fabbisogno di riso.
A peggiorare la situazione, è intervenuto il boom del turismo. Dopo anni di chiusure dovute alla pandemia, il Giappone ha riaperto le frontiere e milioni di turisti hanno ripreso a visitare il Paese, incrementando il consumo nei ristoranti, nei ryokan tradizionali e nei locali tipici come gli izakaya. Proprio mentre l’offerta diminuiva, la domanda è cresciuta in modo vertiginoso.
Tuttavia, il problema ha radici ben più profonde. Fin dagli anni Settanta, il governo giapponese ha adottato una politica agricola chiamata gentan, che prevede sussidi per incentivare gli agricoltori a coltivare meno riso, con l’obiettivo di evitare surplus produttivi e mantenere i prezzi elevati. Un sistema concepito in un altro contesto economico, che oggi si dimostra controproducente: da una parte limita la produzione, dall’altra ostacola il ricambio generazionale e l’innovazione nel settore agricolo. Il risultato? Meno risaie attive, agricoltori sempre più anziani (l’età media è di 71 anni) e un calo del 25% del numero complessivo di agricoltori tra il 2015 e il 2020. La carenza di riso non è quindi solo figlia del clima, ma anche di un’intera struttura che oggi scricchiola.
La crisi del riso, quali sono i rischi e soluzioni per il Giappone
Le conseguenze della crisi del riso in Giappone sono molteplici e vanno oltre l’aumento dei prezzi nei supermercati. Il primo rischio è culturale: il riso non è un alimento qualsiasi, ma un emblema della tradizione giapponese. Vederlo diventare un bene difficile da reperire, o troppo costoso per molte famiglie, colpisce il senso stesso dell’identità alimentare nazionale: è come se in Italia all’improvviso la pasta e il pane diventassero alimenti difficili da comprare e mettere in tavola.
Anche il settore agricolo è in forte sofferenza. I produttori si trovano schiacciati tra costi crescenti, vincoli burocratici e politiche che non li tutelano. Le proteste non si sono fatte attendere: a marzo 2025, oltre 4.000 agricoltori hanno manifestato a Tokyo, denunciando l’impossibilità di vivere dignitosamente del proprio lavoro. Alcuni hanno sfilato con i trattori nel cuore della capitale, chiedendo una revisione immediata delle politiche agricole.
Il governo ha cercato di tamponare la crisi vendendo parte delle riserve strategiche di riso – normalmente destinate a emergenze – e, per la prima volta dal 1999, ha autorizzato l’importazione del cereale dalla Corea del Sud. Tuttavia, si tratta di interventi limitati: solo una parte del riso è arrivata effettivamente nei negozi e l’importazione è simbolica, con appena 22 tonnellate introdotte.
La soluzione richiede un cambiamento profondo e strutturale. È necessario rivedere il sistema gentan, investire nella modernizzazione dell’agricoltura, incentivare i giovani a intraprendere la carriera agricola e garantire una filiera più efficiente e trasparente. In vista delle elezioni politiche previste per luglio, il costo della vita e la sicurezza alimentare stanno diventando temi centrali. Il nuovo primo ministro Shigeru Ishiba dovrà affrontare non solo una crisi agricola, ma anche una sfida politica e sociale, anche oggi la crisi del riso potrebbe trasformarsi in un catalizzatore di cambiamento per il futuro del Giappone.
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