La Argeo quotata alla Borsa di Oslo ha dichiarato ufficialmente bancarotta e avviato l’istanza di fallimento.
Il consiglio di amministrazione ha tentato in ogni modo di salvare l’azienda, valutando ogni possibile alternativa, ma alla fine non c’è stato nulla da fare: è stata dichiarata la bancarotta. Stiamo parlando della Argeo, società norvegese di servizi petroliferi quotata alla Borsa di Oslo, che ha ufficialmente presentato istanza di fallimento per l’intero gruppo.
Negli ultimi mesi si è cercato di attrarre nuovi proprietari o investitori disposti a immettere liquidità nel capitale dell’azienda, ma tutti i tentativi si sono rivelati vani. Senza l’arrivo di nuovi fondi, per Argeo non è rimasta altra scelta. «Il consiglio di amministrazione ha preso in considerazione tutte le possibili soluzioni, ma senza un’iniezione di capitale non abbiamo avuto altra opzione se non dichiarare fallita la società», ha dichiarato il presidente Jan Grimnes in un comunicato ufficiale.
Ora i creditori avranno tempo fino al 28 agosto per presentare le proprie richieste. Secondo quanto affermato dall’amministratore Andreas S. Christensen dello studio legale KCO, incaricato della procedura, le richieste saranno numerose e rilevanti. Il debito stimato ammonterebbe infatti a circa 1 miliardo di corone norvegesi, pari a 88,5 milioni di euro.
«La decisione è profondamente deplorevole per i dipendenti, che hanno creduto in Argeo come datore di lavoro, e per gli investitori, che avevano intravisto in questa realtà un’opportunità imprenditoriale seria e lungimirante», si legge ancora nel comunicato diffuso alla stampa.
Fatali gli elevati costi operativi e il calo della domanda
Argeo era attiva nel settore energetico e petrolifero, con diversi progetti operativi nel campo dell’eolico offshore e dell’estrazione di minerali marini dai fondali oceanici. Tuttavia, nel corso dell’ultimo anno, la domanda è calata bruscamente e l’azienda si è trovata ad affrontare gravi criticità economiche e gestionali.
Il vero ostacolo era rappresentato dagli elevati costi operativi, stimati in circa 126.000 euro al giorno, dovuti in larga parte alla gestione di navi, personale e attrezzature tecniche. Già lo scorso luglio, i vertici della società avevano comunicato l’intenzione di presentare istanza di fallimento, salvo poi fare marcia indietro in seguito all’avvio di trattative con potenziali acquirenti interessati al salvataggio dell’azienda.
Purtroppo, quelle trattative non sono andate in porto. Nel frattempo si era cercato di ridurre le spese e trovare soluzioni alternative con l’aiuto di banche d’investimento e consulenti legali. Tra le ipotesi vagliate: la vendita di parte della flotta navale, il rifinanziamento del debito, eventuali fusioni e l’acquisizione di nuovo capitale. Tutte le opzioni, però, richiedevano l’immissione immediata di almeno 12,5 milioni di euro, cifra che non è mai stata raccolta. A quel punto la dichiarazione di fallimento è diventata inevitabile.
I creditori, come previsto dalla normativa norvegese, potranno presentare domanda fino al 28 agosto e le prime novità ufficiali sulla procedura dovrebbero arrivare a settembre. Intanto, alcuni azionisti, che rappresentano almeno il 5% della società, hanno inviato una lettera al consiglio di amministrazione chiedendo la convocazione di un’assemblea generale straordinaria.
Lo scopo? Esaminare la proposta di aprire un’indagine sull’operato dell’amministrazione e sulla gestione contabile dell’azienda per il periodo compreso tra il 1° ottobre 2024 e il 4 luglio 2025. Gli stessi azionisti hanno inoltre chiesto di poter eleggere un nuovo consiglio di amministrazione, composto da tre o cinque membri, per tentare di imprimere un cambio di rotta nella gestione del caso e valutare eventuali responsabilità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA