Ex Ilva, primo forno elettrico entro il 2029. Presentato il piano di decarbonizzazione

Giorgia Paccione

15 Luglio 2025 - 11:57

Il governo accelera sulla transizione green dell’acciaieria di Taranto: due scenari per la decarbonizzazione, via al primo forno elettrico entro quattro anni e piano per la nuova autorizzazione.

Ex Ilva, primo forno elettrico entro il 2029. Presentato il piano di decarbonizzazione

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha presentato il nuovo piano di decarbonizzazione per l’ex Ilva di Taranto che promette, entro la fine del 2029, l’entrata in funzione del primo forno elettrico presso lo storico stabilimento pugliese. Il progetto, discusso con le parti sociali in un incontro presieduto dal ministro Adolfo Urso, costituisce la base per la sottoscrizione dell’accordo interistituzionale necessario alla nuova Autorizzazione Integrata Ambientale e Sanitaria (AIA), condizione imprescindibile per il futuro industriale del sito e per evitare decisioni sfavorevoli dai tribunali e dalle autorità europee.

La bozza del piano propone due scenari con in comune l’entrata in funzione del primo forno elettrico a Taranto nel 2029.

  • Scenario A
    Realizzazione di tre forni elettrici e quattro impianti di preriduzione (DRI, Direct Reduced Iron) nello stesso sito di Taranto. Questo permetterebbe una transizione completa alla produzione acciaieristica decarbonizzata in 8 anni, ovvero entro il 2033. I primi due impianti del polo DRI dovrebbero essere avviati già entro fine 2029.
  • Scenario B
    Previsti tre forni elettrici a Taranto, mentre gli impianti di DRI sarebbero costruiti e gestiti in altri siti sul territorio nazionale, probabilmente a Gioia Tauro. In questo caso, la transizione si completerebbe in 7 anni, con la piena realizzazione degli impianti entro il 2032.

In entrambi i casi, il sito di Taranto dovrebbe poter contare anche su una nuova centrale elettrica ad alto rendimento, per garantire l’autonomia energetica dall’esterno e mantenere la competitività del polo industriale.

Piano di decarbonizzazione ex Ilva: gli impatti economici e industriali

Il piano di decarbonizzazione rappresenta un passaggio cruciale per il rilancio produttivo e occupazionale dell’ex Ilva, con l’obiettivo di raggiungere una capacità fino a 8 milioni di tonnellate annue di acciaio prodotto tra Taranto e Genova. In particolare, nella prima fase di transizione sono previsti 6 milioni di tonnellate annue di acciaio prodotto a Taranto (3 forni elettrici e due altiforni ancora attivi nella fase iniziale) e 2 milioni a Genova.

Gli investimenti prospettati sono di rilevanza significativa, in linea con le richieste dell’Unione Europea in materia di riconversione green dei grandi impianti industriali. Il governo punta a coinvolgere sia capitali pubblici sia nuovi investitori privati, con l’attivazione di strumenti straordinari a tutela dell’occupazione, anche attraverso meccanismi di uscite incentivate e misure di accompagnamento per la gestione della transizione. Secondo le dichiarazioni ministeriali, “nessuno deve rimanere indietro” durante questo percorso di trasformazione, anche se alcune sigle sindacali ribadiscono la necessità di garanzie certe sia sulla tenuta dei livelli occupazionali che sulla partecipazione dei lavoratori nelle scelte strategiche.

Il nodo degli investimenti riguarda anche il dissequestro e la riattivazione dell’Altoforno 1 di Taranto, sotto sigilli dopo il recente incendio di maggio. Il cronoprogramma indica il ritorno in funzione entro la primavera 2026, mentre si prevede la marcia regolare di tre altiforni fino al pieno avviamento dei nuovi forni elettrici.

Riconversione green e approvvigionamento energetico

Uno degli aspetti più discussi riguarda l’approvvigionamento energetico necessario per la riconversione green dello stabilimento. Secondo le ultime dichiarazioni del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, “serve un certo quantitativo di gas, ma non è detto che debba essere necessariamente un rigassificatore. Potrebbe essere anche un’altra fonte”. L’intesa potrebbe essere raggiunta, per ora, indicando solo il fabbisogno senza specificarne la provenienza, lasciando aperta la questione tecnica sulle modalità di fornitura.

Questa incertezza si riflette anche sulle strategie di attrazione di nuovi investitori. La presenza o meno del rigassificatore, e quindi della certezza sugli approvvigionamenti, costituisce una delle variabili che ha già rallentato la trattativa con i potenziali acquirenti, in primis il gruppo Baku Steel, che aveva subordinato parte della propria offerta alla possibilità di ormeggiare una nave rigassificatrice proprio a Taranto.

Sul piano politico e istituzionale, rimane quindi fondamentale la collaborazione tra ministero, Regioni, enti locali e parti sociali per accelerare l’approvazione della nuova AIA ed evitare ritardi che potrebbero mettere a rischio la riconversione del più grande polo siderurgico d’Italia.

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