Divieto di mandare i figli in camera: cos’è il time out e cosa ha detto il Consiglio d’Europa

Giorgia Bonamoneta

14 Ottobre 2022 - 23:56

condividi

L’Europa ha davvero vietato di mandare i figli in camera dopo un litigio? Ecco cosa è stato detto e scritto sulla pratica del time out.

Divieto di mandare i figli in camera: cos’è il time out e cosa ha detto il Consiglio d’Europa

Il Consiglio d’Europa ha vietato la pratica del time out? Per “time out” si intende la comune pratica di spedire i propri figli nella loro stanza dopo un litigio o un danno arrecato e causato dal figlio. Diversi giornali hanno titolato che, in merito alla campagna che celebra il Giorno dell’educazione (#EducationDay), l’Europa abbia vietato di mandare i figli in camera propria. I giornali in seguito hanno corretti o del tutto rimosso la notizia. Ma il rimane un dubbio.

Infatti sembra che in passato la comunità europea avesse in realtà definito la pratica del time out una pratica non violenta per far concentrare i figli su quanto avvenuto, una fase di liberazione del senso di colpa, dell’errore o di un comportamento scorretto che è considerato da diversi psicologi infantili come una pratica non dannosa. Si trova scritto proprio nelle indicazioni del Consiglio d’Europa sui comportamenti da adottare per una genitorialità non violenta. Tra i diversi consigli c’era proprio quello di “punire” bambini con una forma di educazione non violenta attraverso la pratica del time out e non solo.

Della notizia rimangono appena due titoli di giornale che dichiarano come il Consiglio europeo si sia espresso contro i castighi tra cui lo spedire il figlio in camera o togliere la paghetta, ma questo è un ottimo spunto per spiegare che cos’è il time out e quali altri sono le forme di genitorialità non violenta.

Consiglio d’Europa contro il time out, non proprio: che cos’è

A fare un breve fact checking delle notizie uscite circa due giorni fa in merito al divieto di mandare i figli in camera da parte del Consiglio d’Europa è stato Green me. La rivista dedicata all’ambiente, alla salute e alla scienza ha dedicato un breve articolo nel quale spiega come l’Europa non abbia affatto dichiarato vietato il time out. La tecnica del time out è in fase di discussione, infatti potrebbe essere sostituito da una forma più discorsiva e dialogata sul fermarsi a pensare a quanto fatto o accaduto così da creare anche un momento di discussione tra genitori e figli.

Il time out infatti non è considerato un avere propria punizione e non è così che deve essere intesa dal bambino. Spedire il proprio figlio in camera con tono minaccioso può avere l’effetto contrario e indesiderato di creare all’interno della stanza un ambiente più favorevole al figlio di quello della convivenza nel resto dell’abitazione. Al contrario invitare il bambino al ragionamento, prendendosi il proprio tempo nella stanza dove si trova a proprio agio è una tecnica consigliato da diversi psicologi. Si tratta di una forma di reazione non violenta che prevede un “dopo” da parte del genitore, un confronto. Anche spiegare che cos’è il time out, cioè perché si manda in camera propria il bambino per un comportamento sbagliato, può essere parte del metodo. Infatti questo metterebbe di fronte al bambino l’evento, i propri sentimenti su questo e anche la necessità di ragionare. Per esempio “Vai in camera e pensa a cosa hai fatto” e non solo “Vai in camera tua!”.

Quando non usare il time out?

Nel testo che indica i comportamenti da adottare per una genitorialità non violenta il Consiglio d’Europa, nel lontano 2008, aveva inserito il time out, ma anche l’abbassamento della paghetta e una serie di altri piccoli accorgimenti per il rapporto genitori-figli. Se è vero che il time out è considerata un’ottima tecnica per calmare il figlio dopo litigio da diversi psicologi, è una tecnica superata. Per quanto non violenta, la netta separazione dal momento di disagio può rappresentare una scusa per isolarsi.

Viene infatti consigliato un approccio più comprensivo e di confronto. Allo stesso tempo ci sono dei casi nel quale il time out non è consigliato e questi sono quando il bambino è di cattivo umore, per il quale l’isolamento può solo peggiorare la situazione; quando il figlio non vuole fare i compiti, poiché in camera potrebbe avere altre distrazioni; in caso in cui il figlio sia di base timido, timoroso o facile all’isolamento. Il time out è una tecnica che va utilizzata e compresa, calibrata in base all’esperienza. Non è corretta o sbagliata a prescindere e per questo l’Europa non ha vietato la tecnica, anche in passato l’ha consigliata come approccio non violento.

Argomenti

Iscriviti a Money.it