Cos’è il cuneo fiscale e perché è fondamentale il taglio del costo del lavoro? Ecco una guida in parole semplici, arricchita dalle novità del 2025.
Cos’è il cuneo fiscale, in parole semplici?
Il tema del costo del lavoro è sempre molto sentito dagli italiani perché particolarmente alto. Oltre a misure marginali, come il bonus assunzioni, ci sono le misure strutturali/generali che riguardano, quindi, tutti i lavoratori dipendenti. La Legge di Bilancio 2025 ha previsto il taglio del cuneo fiscale e lo ha reso strutturale, dando così certezze a datori di lavoro e lavoratori.
Ma cosa significa esattamente, a quanto ammonta e quali effetti porta ai lavoratori il taglio del cuneo fiscale?
Cos’è il cuneo fiscale e cosa significa?
Per cuneo fiscale s’intende la somma delle imposte (dirette, indirette, contributi previdenziali) che pesano sul costo del lavoro, sia per quanto riguarda i datori di lavoro, sia per quanto riguarda i dipendenti e i liberi professionisti.
In parole più semplici, il cuneo fiscale non è altro che la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta incassata dai dipendenti, espresso in percentuale.
Le componenti del cuneo fiscale sono principalmente tre:
- imposte personali sul reddito a carico del lavoratore, incassate dallo Stato centrale o dalle Amministrazioni locali (Irpef, addizionali regionali e comunali);
- contributi previdenziali a carico del lavoratore, si tratta dei contributi pensionistici obbligatori incassati dall’INPS, detratti in busta paga dallo stipendio lordo ricevuto dal lavoratore;
- contributi previdenziali a carico del datore di lavoro che, a differenza dei precedenti, non rientrano nel calcolo dello stipendio lordo dei lavoratori.
Tra i vari provvedimenti che hanno inciso sul cuneo fiscale, sebbene in maniera non strutturale, troviamo:
- la legge 234 del 2021 ha introdotto un taglio del cuneo fiscale dello 0,8% per i redditi fino a 35.000 euro;
- il decreto legge 115 del 2022, anche conosciuto come decreto Aiuti Bis, ha provveduto a un ulteriore taglio dell’1,2%;
- la legge di bilancio 2023 ha provveduto a un taglio dell’1% per i redditi fino a 25.000 euro;
- con il decreto Lavoro dell’aprile 2023 si è introdotto un ulteriore taglio del cuneo fiscale con validità dal mese di luglio 2023 fino al mese di dicembre dello stesso anno, esclusa però la tredicesima mensilità. Il nuovo taglio è dal 3% al 7% per i redditi fino a 25.000 euro e dal 2% al 6% per i redditi compresi tra 25.001 euro e 35.000 euro. Il taglio è stato poi prorogato periodicamente fino al 31 dicembre 2024 portando maggiori importi in busta paga di circa 100 euro mensili;
- la legge di Bilancio 2025 propone, invece, il riconoscimento di un bonus non tassabile e un meccanismo di detrazioni aggiuntive che a breve analizziamo. Le misure hanno validità per 5 anni.
A quanto ammonta il cuneo fiscale in Italia?
Ridurre il cuneo fiscale è importante per dare ai lavoratori maggiori entrate e per fare in modo che le imprese abbiano maggiore liquidità.
Negli ultimi anni si è assistito a un calo del cuneo fiscale proprio grazie agli interventi messi in atto a partire dal 2021. Per il 2021 per un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo medio, il cuneo era del 46,5%, contro una media del 41,4% nell’area euro. Già dal 2021 comunque si registra il calo, anche se sensibile, dello 0,4%.
Secondo il rapporto “Taxing Wages 2024” dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) il cuneo fiscale del 2023 per un lavoratore single (senza carichi familiari), con reddito medio, il cuneo fiscale nel 2023 è stato di 45,1 punti percentuali. Nel 2022 era del 45%. Ne deriva che vi è stato un leggero rialzo. La media nei Paesi OCSE è del 34,8%. L’Italia si pone come 5° Paese per il cuneo fiscale tra i Paesi dell’OCSE.
La situazione migliora nel caso di coppie sposate con 2 figli a carico. In questo caso il cuneo fiscale è del 33,2%, in ottava posizione rispetto ai Paesi Ocse.
Le novità 2025 sul taglio del cuneo fiscale
Una breve disamina sul taglio del cuneo fiscale applicato nel 2024 è necessaria per capire le novità introdotte nel 2025.
Il taglio del 2024 era pari a:
- 7% per redditi fino a 25.000 euro;
- 6% per redditi fino a 35.000 euro.
Secondo le stime elaborate, con il taglio del cuneo fiscale in vigore i lavoratori percepivano in busta paga un importo massimo in più di 100 euro. La struttura del taglio del cuneo fiscale aveva però un piccolo effetto distorsivo, infatti, portava a un aumento del reddito tassabile e di conseguenza il vantaggio economico risultava ridotto.
Nella Legge di Bilancio 2025 cambia la formula.
La Legge di Bilancio 2025 all’articolo 1, comma 4, prevede misure di sostegno al reddito dei lavoratori. Riconosce ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a 20.000 euro la corresponsione di una somma aggiuntiva non tassabile con percentuale:
- 7,1%, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
- 5,3%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.501 euro ma non a 15.000 euro;
- 4,8%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.001 euro.
Ai soli fini dell’individuazione della percentuale applicabile, il reddito di lavoro dipendente è rapportato all’intero anno.
L’aumento massimo, secondo le stime, è di 80 euro al mese in busta paga.
Il comma 6 stabilisce, invece, che per i redditi superiori a 20.000 euro è riconosciuto un ulteriore importo sotto forma di detrazione dall’imposta lorda pari:
- a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro;
- al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro, ma non a 40.000 euro.
Cosa deve fare il datore di lavoro per recuperare le somme?
In base a quanto previsto dal comma 7 dell’articolo 1 della legge di Bilancio, il sostituto di imposta riconosce le somme derivanti dal taglio del cuneo fiscale in via automatica. In sede di conguaglio verifica l’effettiva spettanza, nel caso in cui siano stati erogati maggiori importi, sempre i sostituti di imposta devono recuperare le somme.
Se l’importo da recuperare supera i 60 euro può essere recuperato in dieci rate di pari ammontare a partire dalla prima retribuzione alla quale si applicano gli effetti del conguaglio.
Le somme erogate dai datori di lavoro/sostituti di imposta sono recuperate attraverso la compensazione fiscale.
In base ai calcoli, il taglio del cuneo fiscale porta circa a 13 miliardi di minori entrate fiscali.
Taglio del cuneo fiscale, a giugno 2025 gli arretrati per i dipendenti pubblici
Per i dipendenti pubblici i primi effetti del taglio del cuneo fiscale si vedono nel cedolino di giugno 2025. Il MEF ha, infatti, comunicato l’erogazione degli arretrati del taglio del cuneo fiscale relativi ai primi 5 mesi dell’anno (gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio).
I benefici spettanti per il 2025 vengono determinati automaticamente tenendo conto del reddito da lavoro dipendente annuo, calcolato considerando la retribuzione già percepita in questi primi 5 mesi e quella presumibile fino al termine dell’anno, compresa la tredicesima mensilità.
Perché è importante tagliare il cuneo fiscale?
I dati sul cuneo fiscale diventano importanti anche leggendoli in prospettiva globale, cioè facendo riferimento ai costi sostenuti nei Paesi competitori per il lavoro. Appare evidente che i Paesi dove il lavoro costa meno e il lavoratore riesce a ottenere uno stipendio netto più elevato, a cui corrispondono condizioni di vita migliori, rappresentano una maggiore attrazione per imprese e per lavoratori.
Ne deriva che un taglio del costo del lavoro rappresenta un modo per aumentare la competitività delle aziende italiane che possono liberarsi della zavorra dei costi elevati e puntare su investimenti in macchinari, formazione e attrarre capitali.
Dovrebbe risultare positivo il fatto che il taglio sia strutturale, infatti, per chi vuole investire, sapere che il costo del lavoro è stabilmente ridotto rappresenta una maggiore certezza in quanto offre stabilità nel tempo e consente progettazione a lungo termine.
Non manca però chi è di contrario avviso e parla di un rischio di fiscal drag, cioè aumento della pressione fiscale legato alla spinta inflazionistica, determinata a sua volta dagli aumenti percepiti in busta paga.
Su tale fenomeno però le opinioni sono discordanti.
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