Crisi di Governo: perché non si va al voto anticipato?

Vincenzo Caccioppoli

18 Luglio 2022 - 18:15

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Nelle ultime ore si è discusso sul destino del Governo Draghi. Il rifiuto delle elezioni anticipate potrebbe essere per il timore di un governo di centrodestra?

Crisi di Governo: perché non si va al voto anticipato?

Questa ennesima crisi politica sta portando a galla le molte contraddizioni che hanno contraddistinto questa legislatura, nata con un’intesa gialloverde dalla vita breve a causa delle difficoltà di coesistenza tra due partiti troppo differenti per storia, tradizione e idee politiche, e arrivata al dunque con la composizione dell’attuale Governo.

Dopo la crisi scatenata dal leader leghista nell’estate del 2019, la naturale soluzione sarebbe stata forse quella di andare al voto, invece si è deciso di sostituire la Lega con il Pd. Il risultato non è stato certo migliore: dopo un anno e mezzo, il secondo governo Conte è arrivato a consunzione, dopo mesi di lite e veti tra i partiti che componevano la maggioranza.

Finita l’era Conte, dopo i tentativi di cercare improbabili maggioranze in parlamento, si è preferito ancora una volta, invece di dare la parola ai cittadini, creare intorno alla forte personalità di Mario Draghi un nuovo Governo di ampia coalizione, che ora sembra essere arrivato al capolinea, per la solita problematica di coesistenza tra partiti troppo diversi e distanti tra di loro. Ma ancora una volta in queste ore, come nelle precedenti occasioni, si sta cercando di fare di tutto per evitare il voto, che ormai sembra essere visto come il peggiore scenario possibile, un pericolo per la stabilità del Paese e per le sue finanze.

Eppure il voto dovrebbe essere la massima espressione di una democrazia perché, come cita la nostra costituzione all’articolo 1: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Invece, malgrado la Costituzione venga innalzata come via maestra da seguire, in questo caso si prosegue nel cercare soluzioni alternative.

Perché non si va al voto anticipato? La paura per un Governo di centrodestra

Nelle ultime ore si è fatto ricorso ad appelli e petizioni, come quella di mille amministratori locali che hanno firmato per convincere Draghi a restare al suo posto. La cosa ha scatenato la reazioni della leader di Fratelli d’Italia che, come unica esponente della opposizione, ha tutto l’interesse ad andare al voto. Giorgia Meloni ha accusato i sindaci di fare «un uso spudorato delle istituzioni», chiedendosi anche se «tutti i cittadini rappresentati» da loro «condividano l’appello perché un Governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale vadano avanti imperterriti».

«Non vogliono farci votare malgrado siano due anni e mezzo che andiamo avanti con pastrocchi, giochi di potere e governi creati a tavolino. Sono anni che la sinistra pur non vincendo le elezioni va sempre al Governo e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Io dico almeno proviamo a vedere, nel caso vincessero le elezioni, cosa succede con un Governo di centrodestra e poi saranno i cittadini a giudicare», dice un senatore di FdI vicinissimo alla Meloni.

Il timore del voto, infatti, sembra più dovuto alla paura, dichiarata più volte da esponenti di spicco del Pd e del M5S, che le urne possano favorire il centrodestra. Certo è che se Draghi si convincerà ad andare avanti, il Governo che nascerà sarà probabilmente ancora più debole e litigioso di quello che sta morendo. E tutto non potrà che andare ancora una volta a favorire chi, come la Meloni, coerentemente se ne starà alla larga, come ha fatto per tutta questa folle legislatura.

Non si sa ancora cosa Draghi dirà al parlamento mercoledì 20 luglio e se i colloqui fittissimi tra i partiti, che sembrano tutti, tranne Fdi, poco propensi ad andare al voto, sortiranno qualche effetto. La cosa certa è che questa ennesima crisi determinerà probabilmente un nuovo scoramento nei cittadini e un’ulteriore aumento dell’astensione alle urne.

Dopo l’84,9% di affluenza al voto alle elezioni del 2006, si è verificata infatti una costante e progressiva discesa di affluenza alle urne da parte degli italiani, che nel 2018 è arrivata a poco più del 74%, quasi undici punti percentuali sotto a quella del 2006. Certamente, quest’incertezza e scarsa propensione a trovare una soluzione efficace da parte della classe dirigente non favoriranno la volontà dei cittadini di recarsi a votare, e la colpa in questo caso sarà soprattutto di una classe politica sempre più autoreferenziale.

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