Crisi dei lidi italiani. Imprenditori balneari nella spirale del caro prezzi

Giorgia Paccione

06/08/2025

L’estate 2025 segna una battuta d’arresto per il turismo balneare: spiagge semi-deserte, costi record e incertezze normative mettono in ginocchio stabilimenti e famiglie.

Crisi dei lidi italiani. Imprenditori balneari nella spirale del caro prezzi

L’estate 2025 si sta rivelando tra le più complesse degli ultimi anni per gli imprenditori stagionali che gestiscono i lidi italiani. Dopo anni di aumenti progressivi, il costo di una giornata al mare è diventato proibitivo per un numero crescente di famiglie. Secondo gli ultimi dati degli Osservatori Assobalneari-Confcommercio, le presenze sulle spiagge sono diminuite del 30% rispetto a luglio 2023, con picchi del 40% in regioni simbolo del turismo balneare come la Calabria e l’Emilia-Romagna.

I lidi registrano così giornate con file di ombrelloni chiusi e lettini vuoti, costretti a fare i conti con costi fissi sempre più pesanti e incassi in netto calo.

Gli effetti sono visibili non solo nelle principali località balneari, ma anche in mete secondarie, storicamente considerate rifugio per chi cercava prezzi più accessibili. Tuttavia, le tariffe, già cresciute costantemente dal 2020 (con un aumento nel quadriennio di oltre il 30%), toccano ora livelli tali da escludere una fascia crescente di italiani, già provata dalla perdita di potere d’acquisto e da un’inflazione che non accenna a rallentare.

Ombrelloni da record e costi in aumento

Il caro prezzi del 2025 trova conferma nei dati di Codacons e Altroconsumo. In media, durante i fine settimana, un ombrellone con due lettini in uno stabilimento standard costa tra i 32 e i 35 euro al giorno. Ma in località più gettonate, le cifre salgono vertiginosamente: si arriva a 45 euro a Sabaudia, fino a 90 euro a Gallipoli, mentre alcune spiagge sarde toccano i 120 euro al giorno.

A questi costi si sommano quelli dei servizi extra, che hanno registrato ulteriori rincari, in media del 5% rispetto al 2024. In alcune località esclusive, una famiglia può infatti arrivare a spendere tra i 150 e i 300 euro al giorno, considerando anche il parcheggio, il pranzo e gli intrattenimenti offerti. Un lusso che pochi si possono permettere.

Il risultato è una spirale pericolosa in cui l’aumento dei prezzi allontana ulteriormente i clienti sensibili al budget, aggravando la riduzione dei margini di guadagno e mettendo a rischio la sostenibilità stessa delle attività.

I gestori cercano soluzioni alternative come pacchetti “mezza giornata” o formule “happy hour” nel tentativo di attirare almeno parte della clientela, ormai scoraggiata dai prezzi eccessivi.

Vacanze brevi e weekend affollati

Sempre più famiglie, sotto pressione per il caro-vita e i salari che non tengono il passo dell’inflazione (+1,7% a luglio), rinunciano alle tradizionali ferie di una o due settimane. Le vacanze diventano più brevi, spesso ridotte a tre o quattro giorni, oppure si concentrano nei weekend.

Anche le storiche località della Riviera romagnola, un tempo meta privilegiata di turisti italiani e stranieri, oggi faticano a riempirsi. I flussi da Germania e Austria, da sempre fondamentali per il turismo dell’Adriatico, risultano in calo, con effetti evidenti sull’economia locale. La settimana tipica dei lidi è ormai spaccata in due, con spiagge affollate il sabato e la domenica, quasi deserte dal lunedì al venerdì.

Le previsioni indicano che saranno circa 18 milioni gli italiani in vacanza ad agosto, ma ben il 70% resterà nel Paese, limitando durata e spese. Nel frattempo, destinazioni alternative come la montagna o le città d’arte guadagnano terreno, complice un rapporto qualità-prezzo spesso più conveniente e un clima più favorevole.

Imprenditori balneari a rischio

Per i gestori degli stabilimenti balneari, la stagione 2025 rappresenta quindi una dura prova. Tra utenza ridotta, maltempo in alcuni fine settimana chiave e costi operativi in aumento (soprattutto per energia e personale) la redditività del settore è ai minimi storici. Molti imprenditori vedono svanire i margini di guadagno e iniziano a mettere in discussione la sostenibilità stessa dell’attività.

I dati ISTAT e Confcommercio confermano la domanda interna in flessione, con un lieve incremento del turismo estero che non basta però a compensare la perdita di clienti italiani. In aggiunta, la stagionalità e l’imprevedibilità dei flussi turistici, uniti all’incertezza normativa sulle concessioni balneari, rendono difficile pianificare investimenti.

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