Covid, cosa significa che tre regioni sono a rischio alto?

Chiara Esposito

6 Gennaio 2023 - 12:33

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Nuovo report Covid-19 dell’ISS. Registrato un aumento dell’incidenza dei contagi con 3 regioni ad rischio alto. Ecco cosa significa.

Covid, cosa significa che tre regioni sono a rischio alto?

Pubblicato oggi, 6 gennaio, il primo report dell’anno sull’incidenza dei contagi da Covid-19 nel nostro Paese. Il monitoraggio settimanale redatto da Iss e ministero della Salute descrive un 2023 in salita rispetto al quadro epidemiologico.

Incide Rt e tasso di occupazione delle terapie intensive restano stabili ma i nuovi numeri della cabina di regia registrano anche un lieve aumento dell’incidenza dei contagi. Il dato di maggior rilievo è l’indicazione di «alto rischio» associata a tre regioni: Lazio, Puglia e Umbria.

Anche le regioni a rischio moderato sono aumentate passando da 5 a 12 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Marche, Molise, province autonome di Bolzano e Trento, Sicilia, Sardegna e Veneto) mentre 6 regioni sono definite oggi a rischio basso (Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta).

Di fronte all’arrivo di nuove variante però l’intero sistema di gestione della pandemia inizia ad essere messo in discussione da alcuni esperti.

Report Iss: gli ultimi numeri del bollettino

L’annuncio del nuovo comunicato stampa è stato dato via Twitter:

Nel testo si evidenziano alcuni dati chiave:

  • Incidenza in aumento
    È in lieve aumento l’incidenza settimanale di Covid-19 a livello nazionale: 231 ogni 100.000 abitanti (nella settimana da 30 dicembre 2022 al 5 gennaio 2023) rispetto a 207 ogni 100.000 abitanti (23 dicembre 2022 - 29 dicembre 2022);
  • RT stabile
    Nel periodo 14 dicembre–27 dicembre 2022, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,83 (range 0,77-0,99), stabile rispetto alla settimana precedente. L’indice di trasmissibilità è basato sui casi con ricovero ospedaliero e, sebbene in lieve aumento, rimane sotto la soglia epidemica;
  • Ingressi in terapia intensiva stabili
    Il tasso di occupazione in terapia intensiva è stabile al 3,2% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 05 gennaio) rispetto al dato del 29 dicembre. Questa settimana inoltre il tasso di occupazione dei posti letto nei reparti di medicina ordinaria dal 13 cala al 12,1%.

Bollettino Covid 6 gennaio: perché si parla di «rischio alto»?

Fino al 30 dicembre non c’era nessuna regione classificata a rischio alto. Tuttavia Lazio, Puglia e Umbria, nel giro di una settimana, hanno ravvisato molteplici allerte di resilienza.

I parametri in vigore per stabilire il livello di pericolosità della diffusione epidemiologica in una regione sono, ancora oggi, riferiti alla tabella degli indicatori decisionali del DM del 30 aprile 2020.

Per classificare il rischio sanitario si guarda infatti ai valori di soglia e di allerta stabiliti all’epoca. Parliamo quindi di:

  • indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio;
  • indicatori di processo e sulla capacità di accertamento diagnostico,
  • indagine e gestione dei contatti;
  • indicatori di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari.

Gli ultimi aggiornamenti in particolare ci dicono che in Puglia sono stati individuati 2.699 nuovi casi Covid e che il tasso di positività odierno, basato su 6.776 test, è del 39,83%.
1.874 invece i nuovi casi positivi registrati nel Lazio giovedì 5 gennaio 2023 con un rapporto fra positivi e tamponi del 13,9%.
Secondo il bollettino del 6 gennaio della Regione Umbria infine i positivi sono 3.946.

Broccolo: urge un cambio di strategia

Davanti ad un contesto in continua evoluzione alcuni esperti registrano la necessità di aggiornare il sistema di sorveglianza.

Il primo a parlarne, ai microfoni de La Stampa, è il virologo Francesco Broccolo, dell’Università del Salento:

«Serve un cambiamento di paradigma, soprattutto nei confronti delle vaccinazioni e delle numerose varianti del virus sarsCoV2, per poter sostenere con successo la battaglia contro l’epidemia».

Per un corretto monitoraggio delle varianti invece il virologo afferma che «servono nuovi approcci, nel senso che la domanda che dobbiamo farci ogni volta che abbiamo una nuova variante non è se sostituirà la precedente, perché è scontato che la sostituirà, ma se è più virulenta. È necessario sequenziare i campioni del virus prelevato dai pazienti che hanno forme gravi di Covid-19».

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