Che cos’è la blue economy, da dove nasce, quali obiettivi si pone e quali sono ad oggi le iniziative più importanti in Italia e nel mondo?
Negli ultimi anni si è registrata una consapevolezza sempre più crescente sulla fragilità degli ecosistemi marini, tanto da spingere i vari governi, ma anche le imprese e i cittadini a ripensare al modo in cui si interagisce con il mare. L’economia blu, o blue economy, in effetti, nasce proprio da questa esigenza. Ovvero quella di sviluppare un modello economico in grado di coniugare al meglio crescita, innovazione e sostenibilità, utilizzando in modo responsabile le risorse oceaniche.
In un mondo in cui oltre il 70% della superficie è coperta d’acqua e miliardi di persone dipendono dal mare per il proprio sostentamento, d’altronde, costruire un’economia basata sulla salute degli oceani si rivela essere un vero e proprio imperativo. Ma cosa significa realmente economia blu? Quali sono le sue origini, i suoi obiettivi e le applicazioni concrete? Entriamo nei dettagli e vediamo tutto quello che c’è da sapere in merito.
Che cos’è l’economia blu: significato e definizione
L’economia blu, nota anche come blue economy, è un modello economico che promuove l’utilizzo sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse costiere. Come riportato sul sito della Treccani, con il termine Blue Economy si intende la:
«Proposta di un modello di sviluppo economico globale che riprende motivi dell’economia verde, potenziandone l’obiettivo, fino all’eliminazione completa delle emissioni di anidride carbonica, cercando nuove tecniche di produzione e migliorando quelle già esistenti».
L’obiettivo è generare crescita economica e occupazione, assicurando al contempo la salute degli ecosistemi marini. Non si tratta solo di protezione dell’ambiente, ma anche della necessità di prestare attenzione al rapporto tra sviluppo economico e ambiente marino, introducendo pratiche innovative nei settori della pesca, del turismo, della cantieristica, delle energie rinnovabili marine e della biotecnologia.
In pratica si intende attuare un approccio volto a bilanciare le esigenze umane con la capacità rigenerativa degli ecosistemi oceanici, evitando lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Si tratta, in pratica, di una sorta di estensione del concetto di economia sostenibile, ma applicato appunto al mondo marino.
Breve storia della Blue Economy: dalla nascita alle normative attuali
Il concetto moderno di blue economy è stato introdotto nel 2010 dall’economista belga Gunter Pauli con il libro «Blue Economy: 10 anni, 100 innovazioni, 100 milioni di posti di lavoro». Le sue radici, però, risalgono molto prima, ovvero agli anni ’90, come sorta di evoluzione del concetto di economia verde. Concetti e attività che ad oggi rientrano sotto la definizione di Blue Economy, infatti, erano già attivi nel decennio in questione, nonostante non fossero raggruppati sotto questa specifica etichetta. A tal proposito interesserà sapere che, proprio considerando la sua importanza, nel corso degli anni la blue economy è diventata sempre più parte integrante delle politiche internazionali.
In particolare, l’Unione Europea ha lanciato nel 2012 la Strategia per la crescita blu, la cosiddetta Blue Growth Strategy. In questo modo ha posto l’accento sull’innovazione e lo sviluppo sostenibile nei settori marittimi. A livello globale, inoltre, si annovera l’Obiettivo 14 dell’Agenda 2030 dell’ONU che promuove la conservazione e l’uso sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine. Negli ultimi anni, inoltre, sono state introdotte normative sempre più stringenti volte a tutelare il patrimonio marino, comprese regolamentazioni sulla pesca, la plastica monouso e la gestione dei rifiuti marittimi.
Obiettivi dell’economia blu
Tanti e diversi sono gli obiettivi dell’economia blu, tra cui spiccano la costruzione di un’economia sostenibile, l’innovazione tecnologica e la protezione della biodiversità marina. Andando nel dettaglio, l’economia blu mira a sviluppare un modello di crescita integrato, capace di coniugare sviluppo economico, inclusione sociale e tutela dell’ambiente, con particolare attenzione agli ecosistemi marini e costieri. Ecco di seguito alcuni dei punti principali.
- Promuovere una crescita economica sostenibile nei settori legati al mare. Uno degli obiettivi primari dell’economia blu è quello di favorire una crescita economica che non comprometta la salute degli ecosistemi marini. In pratica si intende stimolare lo sviluppo in settori tradizionali come la pesca, il trasporto marittimo e il turismo costiero, ma anche in ambiti emergenti come la bioeconomia marina, l’energia offshore e la robotica sottomarina, assicurando al contempo un utilizzo responsabile delle risorse naturali.
- Creare occupazione. Secondo le stime dell’OECD, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, la blue economy potrebbe generare oltre 40 milioni di posti di lavoro a livello globale entro il 2030. L’espansione di attività sostenibili in ambito marittimo, infatti, può offrire opportunità occupazionali durature, soprattutto in aree costiere spesso marginalizzate, contribuendo a ridurre le disuguaglianze e a rafforzare le economie locali.
- Tutelare gli ecosistemi marini, migliorando la biodiversità e riducendo l’inquinamento. Un principio cardine della blue economy è la protezione dell’ecosistema marino. Questo include la conservazione degli habitat costieri, come le barriere coralline, il contrasto alla pesca eccessiva, la lotta all’inquinamento da plastica e il miglioramento della qualità delle acque. La salvaguardia della biodiversità marina non è solo un imperativo etico, ma anche un presupposto essenziale per la resilienza economica a lungo termine.
- Favorire la transizione energetica attraverso le risorse marine. L’economia blu punta ad un sistema energetico più pulito, investendo in fonti rinnovabili marine, come l’energia eolica offshore, il moto ondoso, le correnti marine e l’energia termica degli oceani. Queste tecnologie, ancora in fase di espansione, rappresentano un’alternativa concreta ai combustibili fossili e possono contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di gas serra.
- Sostenere la ricerca, l’innovazione e la digitalizzazione. L’innovazione tecnologica è un elemento trasversale che sostiene l’intera economia blu. Investire nella ricerca scientifica e nelle tecnologie digitali, come i sensori sottomarini, l’intelligenza artificiale applicata al monitoraggio ambientale e i droni marini, consente di sviluppare soluzioni intelligenti e a basso impatto, fondamentali per il monitoraggio e la gestione sostenibile delle attività marittime.
Tutti questi obiettivi, come è facile intuire, convergono verso un modello di economia circolare che valorizza le risorse marine senza comprometterne il futuro. La blue economy rappresenta quindi non solo una sfida, ma anche un’opportunità concreta per ripensare il nostro rapporto con il mare in chiave sostenibile, equa e innovativa.
Esempi concreti di economia blu
Nel mondo esistono già diversi esempi virtuosi di economia blu, tra cui a titolo di esempio si annoverano i seguenti.
- Norvegia, ha sviluppato un sistema di acquacoltura sostenibile basato su tecnologie digitali e IA per monitorare salute, alimentazione e impatti ambientali dei pesci allevati.
- Paesi Bassi, dove investono da anni in soluzioni di ingegneria costiera sostenibile, come le dighe naturali e le barriere che proteggono dalle mareggiate senza danneggiare l’ecosistema.
- Kenya, qui da anni vi sono progetti di riforestazione marina con la piantumazione di mangrovie, che assorbono CO₂, proteggono le coste e offrono habitat alla fauna locale.
- Italia, diversi porti, come ad esempio quello di Livorno, hanno avviato programmi di economia circolare per il recupero di rifiuti e la produzione di energia da fonti rinnovabili marine.
Le iniziative attuali in Italia e nel mondo
Diverse sono le iniziative di blue economy, sia a livello nazionale che internazionale, attualmente attive. Basti pensare alla Mission “Restore Our Ocean and Waters”, facente parte del programma Horizon Europe. Tale iniziativa mira a ripristinare la salute degli ecosistemi acquatici entro il 2030 attraverso ricerca, innovazione e collaborazione internazionale. Particolarmente interessante anche Ocean Panel, che si presenta come una coalizione di 18 nazioni che «stanno lavorando insieme per catalizzare e implementare soluzioni oceaniche in tutto il mondo».
Volgendo un occhio di riguardo all’Italia, inoltre, non si può non citare il PNRR, ovvero il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che dedica fondi specifici a progetti marittimi sostenibili, tra cui l’efficienza energetica dei porti e l’uso di tecnologie blu. Degna di menzione anche la BlueMed Initiative, che rappresenta un programma di ricerca congiunto tra Paesi del Mediterraneo per la sostenibilità, la sicurezza e la prosperità delle regioni costiere.
Diverse, come è facile notare, sono le iniziative che si inseriscono nell’ambito dell’economia blu. Il tutto con l’intento di fornire una risposta concreta alla crisi climatica e alla necessità di un modello economico più giusto e sostenibile. Un modus operandi che deve coinvolgere tutti quanti noi, al fine di tutelare l’ecosistema marino e, di conseguenza, garantire un futuro sostenibile per le prossime generazioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA