Ecco chi eredita il Tfr alla morte del lavoratore secondo il Codice civile, cosa cambia se è presente un testamento e come fare richiesta per ottenerlo.
Il Tfr non fa parte del patrimonio ereditario lasciato dal lavoratore e, proprio per questo, la sua ripartizione non segue esattamente la successione prevista per tutti gli altri crediti. I crediti che fanno parte dell’eredità non vengono considerati singolarmente, bensì nell’insieme del patrimonio, il quale viene suddiviso secondo le quote spettanti agli eredi. La successione del Tfr è invece indipendente dall’eredità vera e propria, seppur il meccanismo di suddivisione sia molto simile. Anche il testamento deve rispettare limiti ben precisi, infatti non si può scegliere del tutto liberamente chi eredita il Tfr.
Chi eredita il Tfr in caso di morte del lavoratore
Come anticipato, il Tfr non fa parte dei beni ereditari; pertanto, alla morte del lavoratore la sua suddivisione non segue le classiche norme della successione. Per quanto riguarda il Tfr bisogna, infatti, fare affidamento all’articolo 2122 del Codice civile, secondo il quale alla morte del dipendente il datore di lavoro del defunto deve corrispondere il Tfr a:
- Coniuge;
- figli;
- parenti entro il 3° grado (se conviventi e a carico del lavoratore);
- affini entro il 2° grado (se conviventi e a carico del lavoratore).
Bisogna anche considerare che esiste comunque un’eccezione a questa forma di indipendenza del Tfr rispetto al resto della successione ereditaria. In mancanza dei soggetti indicati, infatti, l’indennità del Tfr deve essere distribuita secondo la successione legittima o il testamento. In ogni caso, la rinuncia all’eredità non pregiudica il diritto a ricevere una quota del Tfr e, parimenti, l’accettazione del Tfr non comporta l’accettazione dell’eredità e dei suoi debiti.
Chi eredita il Tfr, con e senza testamento
Il testamento non regola la successione del Tfr, a meno che tutti i soggetti individuati dal Codice civile siano assenti. Di conseguenza, il lavoratore può scegliere a chi dare il proprio Tfr soltanto in mancanza di figli, coniuge e gli altri parenti e affini indicati. Nel dettaglio, sono fra loro parenti entro il 3° grado:
- Genitori e figli (1° grado);
- nonni e nipoti (2° grado);
- fratelli e sorelle (2° grado);
- bisnonni e pronipoti (3° grado);
- zii e nipoti (3° grado).
Gli affini, invece, sono i parenti del coniuge. In particolare:
- Suocero e suocera (1° grado);
- figli del coniuge (1° grado);
- nonni del coniuge (2° grado);
- nipoti del coniuge, ossia figli dei figli del coniuge (2° grado);
- cognati (2° grado).
In sintesi, se alcune di queste persone (oltre a coniuge e figli) sono presenti non è possibile decidere autonomamente sull’eredità del Tfr. Un eventuale testamento non sarebbe quindi nemmeno preso in considerazione per la ripartizione del Tfr. Al contrario, quando il lavoratore non lascia nessuno dei beneficiari, allora viene applicato il testamento. Altrimenti, in assenza di testamento, l’attribuzione del Tfr segue la successione legittima (includendo dunque i parenti entro fino al 6° grado).
Nonostante ciò, il testamento può essere utile per stabilire la ripartizione del Tfr fra i beneficiari. Il lavoratore, infatti, può scegliere in modo libero la quota di ognuno, purché non includa persone differenti da quelle previste (se alcune di queste sono presenti) e viceversa non le escluda.
Allo stesso modo, se il lavoratore non ha lasciato testamento, ma almeno alcuni dei beneficiari sono presenti, la suddivisione avviene secondo le norme della successione legittima. In caso di disaccordo tra i beneficiari, poi, la ripartizione può essere stabilita dal giudice. Bisogna comunque ricordare che qualsiasi patto riguardante l’attribuzione e la ripartizione del Tfr eseguito prima della morte del lavoratore è nullo: non produce alcun effetto legale.
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Chi può avere diritto al Tfr del lavoratore defunto
Oltre alle persone indicate, il Tfr può essere richiesto anche dai creditori del defunto, purché siano legittimati in tal senso. È, ad esempio, il caso della finanziaria che ha consentito un finanziamento tramite una cessione del quinto. Questo principio, comunque, non è espressamente previsto dal Codice civile, ma è un orientamento ormai consolidato dalla Corte di cassazione.
Infine, ha diritto a una percentuale del Tfr anche l’ex coniuge divorziato (purchè non abbia perso questo diritto, ad esempio risposandosi). Nel dettaglio, l’ex coniuge divorziato ha diritto al 40% dell’indennità riferita agli anni di matrimonio.
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Come richiedere il Tfr in caso di morte del lavoratore
Tutte le persone aventi diritto (per legge o testamento, a seconda dei casi) possono richiedere la propria quota spettante di Tfr direttamente al datore di lavoro. In tal proposito, è sufficiente inviare la richiesta con una raccomandata a/r (o una pec), allegando:
- Dati del lavoratore (compreso il codice fiscale e la sua ultima residenza);
- data del decesso e certificato di morte;
- rapporto di parentela;
- dati per ricevere il pagamento;
- documenti dei beneficiari;
- stato di famiglia del lavoratore;
- atto notorio (per la convivenza di parenti e affini);
- copia del testamento (o in sua assenza atto notorio di successione);
- autorizzazione del giudice cautelare per beneficiari minorenni;
- busta paga o ultima certificazione unica del defunto (se in possesso dei beneficiari).
Infine, proprio per via dell’indipendenza del Tfr rispetto alla successione, è opportuno sapere che il datore di lavoro non può compensare l’indennità dovuta con eventuali crediti, con eccezione per eventuali anticipi del Tfr resi al lavoratore.
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