Cassa integrazione per chi lavorava in nero: i chiarimenti dell’Ispettorato del Lavoro

Antonio Cosenza

29/05/2020

01/09/2021 - 13:12

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Ispettorato del Lavoro: sì alla cassa integrazione per i lavoratori regolarizzati in seguito ad un accertamento.

Cassa integrazione per chi lavorava in nero: i chiarimenti dell’Ispettorato del Lavoro

Cassa integrazione anche a chi lavora in nero? Come noto ai fini della richiesta della cassa integrazione è necessario che un lavoratore risulti effettivamente impiegato presso l’azienda; è richiesta, quindi, la presenza di un regolare contratto di lavoro.

Tuttavia, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in risposta ad alcuni chiarimenti posti dagli uffici territoriali, ha spiegato che possono accedere alla cassa integrazione anche i lavoratori che entro i termini indicati dalla normativa vigente (sia dal Decreto Cura Italia che dal Decreto Rilancio) risultavano essere lavoratori in nero. L’importante è che nel frattempo sia intervenuta la “regolarizzazione a seguito di accesso ispettivo”.

Cosa significa questo? Facciamo chiarezza.

Cassa integrazione anche a chi lavora in nero: i chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro

Con la nota 64/2020, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fatto chiarezza in merito alla compatibilità della richiesta di cassa integrazione - con causale CIGO COVID19, ossia sulla base di quanto stabilito dal Decreto Cura Italia e dal Decreto Rilancio - con la regolarizzazione ex post del rapporto di lavoro, ovvero per coloro i quali sono stati costretti a regolarizzare i propri dipendenti in seguito a controllo ispettivo dell’Ispettorato del Lavoro.

Come prima cosa è bene ricordare quanto stabilito dai suddetti provvedimenti riguardo alla cassa integrazione.

Nel dettaglio, la cassa integrazione con causale CIGO COVID19 è disciplinata dall’articolo 19 del Decreto Cura Italia (n°18/2020) dove si legge che:

I datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020.

In base a quanto previsto, ne risulta che la suddetta domanda si può presentare in relazione ai lavoratori che risultano alle dipendenze del datore di lavoro entro la data del 23 febbraio 2020.

Questa disposizione, però, è stata modificata dal Decreto Rilancio, il quale ha esteso la possibilità di richiedere la cassa integrazione anche a coloro che sono stati assunti tra il 24 febbraio e il 17 marzo 2020.

L’accesso ai trattamenti di integrazione salariale, quindi, potrebbe sembrare condizionato alla circostanza per cui il lavoratore sia stato assunto entro il termine del 17 marzo.

A tal proposito, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro non ritiene ci siano motivi ostativi alla concessione della cassa integrazione anche per quei lavoratori che sono stati regolarizzati in un secondo momento, ovvero in seguito ad un accertamento del lavoro nero, purché ovviamente l’inizio del lavoro non regolarizzato sia comunque precedente alle suddette date.

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