C’è un grave problema con le auto usate a chilometro zero

Alessandro Nuzzo

3 Giugno 2025 - 22:32

Sempre più in voga la vendita di auto usate con pochissimi chilometri. Un fenomeno diventato l’incubo dell’industria automobilistica.

C’è un grave problema con le auto usate a chilometro zero

Le auto usate sono sempre più preferite rispetto a quelle nuove. Anche lo scorso anno il trend è stato in crescita del 7,4% rispetto al 2023. In Italia, nel 2024, sono state acquistate complessivamente 3,096 milioni di autovetture usate e 1,578 milioni di vetture nuove, con un rapporto usato/nuovo in aumento. Nello specifico, per ogni auto nuova ne sono state acquistate 1,8 usate.

Questo ha fatto sì che il valore dell’usato crescesse a dismisura. Oggi acquistare una vettura usata garantisce un risparmio rispetto al nuovo, ma non ai livelli degli anni scorsi. L’aumento della richiesta di vetture usate sta diventando l’incubo delle case automobilistiche. A preoccupare è soprattutto l’ultimo trend: la vendita di vetture con poche decine di chilometri, quindi in pratica nuove ma considerate usate e vendute a un prezzo inferiore a quello di listino.

Auto con 1 o 10 chilometri vendute anche al 30% in meno rispetto al listino del nuovo. Qualcosa di conveniente, certamente, per l’automobilista, che deve però rinunciare alla garanzia. La garanzia di fabbrica parte dalla prima immatricolazione. Acquistando una vettura considerata di fatto usata, si perdono mesi, se non addirittura un anno, di copertura. Soprattutto sui portali esteri si trovano numerosi annunci di vetture con pochissimi chilometri in vendita. Su un portale tedesco, ad esempio, una Kia datata ottobre 2024 con 1 solo chilometro viene venduta a 40.935 euro, oltre 4.000 euro in meno rispetto al prezzo di listino di 44.995 euro.

E ancora, una Fiat 500e datata agosto 2024, sempre con un solo chilometro percorso, venduta a 25.950 euro. Nuova appena uscita dal concessionario costa 34.990 euro: sono quasi 9.000 euro in meno. Ecco perché le persone tendono sempre più ad acquistare vetture usate a prezzi inferiori e con chilometri irrisori, rispetto a una vettura nuova di zecca.

La situazione sta diventando molto preoccupante, soprattutto in Cina, dove è in corso una controversia sulle cosiddette «auto usate a km zero», ovvero auto immatricolate ma che non hanno ancora percorso nemmeno un metro.

Sono auto praticamente intatte, con contachilometri a zero e ancora avvolte nel cellophane, che stanno affollando il mercato dell’usato in Cina. Un’ondata che sta destabilizzando l’intero settore, alimentando distorsioni nei dati di vendita, confondendo gli acquirenti e minacciando la stabilità a lungo termine del comparto.

Come funziona? Le case automobilistiche registrano le auto nuove come «vendute», spesso tramite concessionari o piattaforme intermedie, per raggiungere obiettivi di vendita o accedere a sussidi statali. Questi veicoli finiscono poi sul mercato dell’usato, anche se in realtà non hanno mai lasciato il piazzale. Il risultato: numeri di vendita gonfiati e un mercato secondario alterato.

Le conseguenze sono gravi. Oltre alla perdita di fiducia da parte di consumatori e investitori, il fenomeno sta affossando i valori. È il caso della BYD Qin L, berlina compatta tra le più vendute, il cui valore dell’usato è crollato fino al 40%. Un effetto domino che rischia di travolgere anche altri modelli.

La risposta di Pechino non si è fatta attendere. Il 27 maggio, il ministero del Commercio ha convocato un incontro d’emergenza con i principali produttori, tra cui BYD e Dongfeng, e le maggiori piattaforme di vendita. Sul tavolo, ipotesi di stretta normativa: più controlli sulle vendite di seconda mano e l’introduzione di misure simili a quelle in vigore negli Stati Uniti, dove pratiche come il channel stuffing, cioè l’inflazione artificiale delle vendite, sono vietate per legge.

Gli esperti chiedono interventi strutturali: ridimensionamento della capacità produttiva, maggiore trasparenza sulle condizioni e garanzie dei veicoli, e spinta all’export di auto usate verso mercati come la Russia. Un modo per alleggerire la pressione su un mercato interno sempre più vicino al punto di rottura.

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