Si tratta della regola delle 4 ore. La conoscevi? Ecco perché è importante per evitare rischi alla salute.
L’acqua del rubinetto italiana è tra le migliori d’Europa. Un rapporto del Centro nazionale per la sicurezza delle acque dello scorso anno ha detto che nel 99,1% dei casi l’acqua italiana rispetta i parametri sanitari microbiologici e chimici, e nel 98,4% risulta conforme agli indicatori di qualità che non sono direttamente correlati alla salute ma che influiscono su sapore, odore e colore.
Eppure nonostante questo elevato livello di sicurezza, il popolo continua ad essere titubante nel consumare acqua del rubinetto. Si stima che il 52% degli italiani consuma acqua di bottiglia e questo pone il nostro Paese tra i maggiori consumatori al mondo di acqua in plastica contribuendo ad inquinare il pianeta.
Chi invece si fida dell’acqua di rubinetto e la consuma regolarmente senza l’utilizzo di depuratori o filtri, deve stare attento ad una regola ben precisa, ovvero la regola delle 4 ore. Si tratta di una regola, consigliata dagli esperti, per limitare al massimo i rischi alla salute. Ecco come funziona.
Acqua, regola delle 4 ore: come funziona
In Italia, l’acqua del rubinetto è generalmente sicura e sottoposta a controlli rigorosi. Tuttavia, germi, batteri e altre sostanze potenzialmente nocive possono comunque accumularsi nei rubinetti, soprattutto quando l’acqua rimane ferma per diverse ore. Questo fenomeno si verifica, ad esempio, durante la notte o quando il rubinetto non viene utilizzato per molto tempo.
Per questo motivo, gli esperti consigliano di seguire la cosiddetta «regola delle 4 ore»: se un rubinetto non è stato aperto per almeno quattro ore, è opportuno far scorrere l’acqua per qualche secondo, fino a quando non diventa ben fredda. In questo modo si elimina l’acqua stagnante nei tubi, che potrebbe contenere agenti contaminanti.
L’operazione richiede in media circa 30 secondi, anche se spesso è sufficiente molto meno tempo. Tuttavia, è importante non sprecare acqua inutilmente. L’acqua fatta scorrere, sebbene non idonea al consumo, può essere raccolta e riutilizzata per attività domestiche come lavare i piatti, pulire i pavimenti o annaffiare le piante.
Cosa rischia chi beve acqua non potabile
L’assunzione di acqua non potabile può comportare rischi significativi per la salute. L’acqua viene considerata «non potabile» quando contiene:
- agenti biologici: come batteri, virus e parassiti (inquinamento biologico);
- sostanze chimiche: come metalli pesanti, composti dell’azoto, pesticidi, microplastiche o residui di antibiotici (inquinamento chimico).
Nel caso di inquinamento biologico, i sintomi si manifestano rapidamente, nel giro di poche ore e possono includere disturbi intestinali come diarrea, crampi o dolori addominali. In casi più rari, possono verificarsi infezioni più serie che colpiscono altri organi. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, il recupero è completo nel giro di pochi giorni.
In presenza di inquinamento chimico, invece, gli effetti sulla salute possono comparire solo dopo anni, a causa dell’accumulo lento ma progressivo di sostanze tossiche nell’organismo. Le conseguenze variano in base al tipo di contaminante e possono essere anche gravi, come l’insorgenza di tumori o disturbi al sistema endocrino.
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