L’oro ha raggiunto quotazioni record ma forse è arrivato il momento di pensare di investire anche su altro: i diamanti.
L’oro sta attraversando una fase di quotazioni record e, alcuni giorni fa, è arrivato a superare i 4.200 dollari l’oncia. Si tratta di numeri incredibili, raggiunti in anticipo rispetto alle previsioni degli esperti, che ipotizzavano il superamento della soglia dei 4.000 dollari soltanto nel 2026. L’aumento della domanda di oro riflette il nervosismo dei mercati internazionali, sempre più inclini a rifugiarsi nel bene rifugio per eccellenza, allo scopo di proteggere i risparmi da eventuali rischi. Ma c’è un altro asset da considerare, la cui quotazione ha ormai quasi raggiunto il valore dell’oro: i diamanti.
Entrambi simboli di eternità e ricchezza, si distinguono però per natura e mercato. Mentre l’oro è scambiato in Borsa come un asset finanziario liquido, i diamanti restano un bene di lusso trattato sui mercati internazionali specializzati. Oggi che l’oro ha toccato i 4.200 dollari l’oncia, la quotazione è ormai vicina a quella dei diamanti, poiché un carato costa in media 4.700 dollari. I diamanti, dunque, potrebbero essere il nuovo oro che gli investitori non hanno ancora notato?
Il rapporto tra il prezzo dell’oro e quello dei diamanti da un carato ha registrato forti oscillazioni nel corso dei decenni. Nel 1980, quando l’oro toccò quota 850 dollari l’oncia nel pieno dell’ondata inflazionistica, un diamante da un carato di buona qualità valeva circa 6.000 dollari, quasi sette volte il valore dell’oro. Nel 2011, con il metallo giallo salito oltre i 1.900 dollari, il rapporto scese a circa 3 a 1. Oggi, con l’oro ai massimi storici e i prezzi dei diamanti fermi o in calo, l’equilibrio si è ribaltato: un diamante vale appena più di un’oncia d’oro. È un segnale che indica una fase storicamente favorevole per chi intende investire in diamanti rispetto al metallo prezioso.
Inizia una fase favorevole per chi intende investire in diamanti
Il valore dei diamanti è oggi ai minimi, ma in futuro la domanda potrebbe crescere, spingendo le quotazioni al rialzo, proprio come è accaduto per l’oro. La stagnazione attuale è dovuta alla diffusione dei diamanti sintetici, che costano fino al 70% in meno rispetto a quelli naturali. A differenza dell’oro, il cui valore resta invariato anche dopo la fusione, un diamante perde valore subito dopo l’acquisto, spesso fino al 50% se rivenduto sul mercato.
Nei prossimi anni si prevede un significativo consolidamento del settore, con i marchi del lusso che inizieranno a certificare e limitare l’offerta di «diamanti naturali», trasformandoli in una nuova classe di asset: rari, tracciabili e interessanti per gli investimenti. Dal punto di vista finanziario, i diamanti offrono un vantaggio unico: la straordinaria concentrazione di valore. Una gemma da 3 carati, dal valore di 50.000 dollari, può stare sulla punta di un dito, mentre la stessa somma in oro equivarrebbe a oltre 370 grammi, cioè più di un portafoglio pieno.
Questa densità di valore è un elemento strategico in un’epoca in cui mobilità e riservatezza patrimoniale tornano a essere cruciali. L’oro è facilmente tracciabile e soggetto a tassazione, mentre il commercio dei diamanti rimane in gran parte al di fuori del sistema finanziario tradizionale.
L’unico vero limite resta la liquidità: vendere oro richiede pochi secondi, mentre per un diamante servono valutazioni, certificazioni e intermediari. Tuttavia, se in futuro dovessero diffondersi piattaforme digitali capaci di tokenizzare pietre certificate, come avviene oggi con gli ETF sull’oro, si aprirebbe la strada a un nuovo mercato, capace di liberare un potenziale economico ancora tutto da esplorare.
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