L’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi consente al contribuente di utilizzare in compensazione importi superiori ai 15.000 €. Lo stesso visto deve essere rilasciato anche per la presentazione del modello 730 precompilato. I professionisti che effettuano questo tipo di certificazione devono prestare un’accurata attenzione ai controlli da effettuare per evitare il rischio di incorrere in sanzione per un eventuale contestazione di visto di conformità infedele.
La Legge n. 147/2013 all’articolo 1, comma 574 (G. U. del 27 dicembre 2013 n. 302) prevede che, a partire dal periodo d’imposta 2014, per utilizzare in compensazione i crediti relativi alle imposte sui redditi (I.R.P.E.F. e I.R.E.S.) e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e all’I.R.A.P., per importi superiori a euro 15.000 annui, occorre apporre il visto di conformità di cui all’art. 35, comma 1, lett. a) del D.Lgs n. 2411/1997, relativamente alle singole dichiarazioni dalle quali emerge il credito. Lo stesso visto di conformità, dovrà essere apposto, a partire dal 2015, anche sul nuovo modello 730 precompilato, nel caso in cui il contribuente decida di modificare il modello già predisposto dall’Amministrazione Finanziaria.
Il visto di conformità, in ogni caso, deve essere apposto dal professionista o dal responsabile del CAF sulle singole dichiarazioni oggetto di verifica. La norma in esame non prevede espressamente l’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione ai fini dell’utilizzo di crediti in compensazione.
I controlli da effettuare
Il visto di conformità attesta la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze della relativa documentazione e alle disposizioni che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto.
Per il rilascio del visto di conformità da parte del professionista o del responsabile del CAF necessita verificare la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini di imposte sui redditi e IVA, e verificare la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.
I controlli validi ai fini del rilascio del visto di conformità devono essere finalizzati, oltre che a evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione dell’imponibile, nonchè nel corretto riporto delle eccedenze di credito, anche a verificare la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA. I controlli implicano la verifica della:
- regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA
- corrispondenza dati esposti nella dichiarazione alle risultanze di scritture contabili
- corrispondenza dati esposti nelle scritture contabili alla relativa documentazione.
Tale verifica non comporta valutazioni di merito, ma il solo riscontro formale della loro corrispondenza, in ordine all’ammontare delle componenti positive e negative relative all’attività d’impresa esercitata e rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP, nonchè dei dati riguardanti i compensi e le somme corrisposti in qualità di sostituto d’imposta. L’apposizione del visto di conformità presuppone, in ogni caso, il controllo che il codice di attività economica indicato nella dichiarazione IVA corrisponde a quello risultante dalla documentazione contabile.
Le sanzioni per il visto di conformità infedele
Le sanzioni sono disciplinate dall’art. 39 comma 1 lett. a) del D.Lgs n. 241/1997 il quale prevede, per i professionisti che rilasciano il visto di conformità infedele, una sanzione amministrativa da euro 258,00 a euro 2.582,00. Nel caso di violazioni ripetute o particolarmente gravi è prevista la sospensione della facoltà di rilasciare il visto di conformità per un periodo da uno a tre anni.
L‘atto di contestazione redatto dall’Agenzia delle Entrate è unico per ciascun anno solare di riferimento e può essere integrato o modificato fino al compimento dei termini di decadenza.
Particolare attenzione deve essere prestata al caso in cui il fatto di assistenza fiscale possa costituire reato. L’art. 10 quater del D.Lgs. n. 74/2000, dispone che il contribuente sia passibile di una pena da mesi 6 ad anni 2 di reclusione qualora non versi le somme dovute, per un ammontare superiore a 50.000 euro per periodo d’imposta, utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti.
La contestazione d’indebita compensazione, pur essendo reato proprio del contribuente, può essere mossa anche a chi non essendo il contribuente interessato, concorra con lo stesso istigandolo, determinandolo o realizzando la condotta su indicazione del contribuente medesimo. Tuttavia, è bene osservare che la natura dolosa del reato presuppone, peraltro, la partecipazione cosciente e volontaria al proposito d’indebita compensazione da parte del professionista.
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