Vendere Cannabis light e derivati è reato: la decisione della Cassazione

Isabella Policarpio

31 Maggio 2019 - 09:58

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Vendere Cannabis light e derivati, come olio, foglie e infiorescenze, è reato; così ha stabilito la Corte di Cassazione. Che fine faranno i Cannabis shop?

Vendere Cannabis light e derivati è reato: la decisione della Cassazione

Vendere Cannabis light e derivati, come olio, foglie, infiorescenze e resina, è reato. Così ha stabilito la Corte di Cassazione, la quale ha disposto lo stop alla vendita di Cannabis light negli esercizi commerciali.

Secondo i giudici della Cassazione, infatti, la commercializzazione dei derivati della Cannabis non rientra nell’ambito di applicazione della legge n. 242/2016, la quale qualifica come lecita e consentita solamente l’attività di coltivazione per uso medico.

Di conseguenza, tutte le altre finalità di vendita che non rientrano nell’alveo dell’uso medico sono da considerarsi fattispecie di reato, a meno che i prodotti derivanti dalla Cannabis sativa siano totalmente privi di efficacia drogante.

A questo punto ci si chiede quale sarà il destino dei numerosissimi Cannabis shop sparsi per l’Italia.

Cassazione: vietata la vendita di Cannabis light e derivati

La vendita, a qualsiasi titolo, di Cannabis light e derivati è vietata. Lo ha deciso la Corte di Cassazione dopo che, con l’ordinanza n. 8654 dell’8 febbraio 2019, la IV Sezione Penale aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite.

In pratica, i giudici della Suprema hanno rilevato che il commercio di Cannabis light non rientra nella fattispecie prevista dalla legge n. 242 del 2016, che consente la vendita di Cannabis unicamente per uso medico.

Dunque, da ora in poi sarà vietata la vendita di Cannabis light e ogni suo derivato, come olio, infiorescenze, resina e foglie, a meno che non siano totalmente privi di efficacia drogante.

In altre parole, questo significa che spetterà ai giudici di merito, di volta in volta, valutare se la soglia di efficacia drogante rientri nei limiti del consentito.

Cosa rischia chi cede, vende e commercializza Cannabis light?

Per la Corte di Cassazione, cedere, vendere e commercializzare al pubblico, a qualsiasi titolo, Cannabis light e suoi derivati integra il reato previsto dal Testo Unico sulle droghe (D.pr 309/1990); in particolare, viene violato l’articolo 73, commi 1 e 4, che punisce:

Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.

1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:

a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento nazionale per le politiche antidroga-, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale;

b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà.

Che fine faranno i Cannabis shop?

Dopo il divieto della Corte di Cassazione, ci si interroga sul destino dei numerosi Cannabis shop, presenti ormai su tutto il territorio italiano.

Sono destinati alla chiusura? Difficile dare una risposta certa, per il momento. Anche il mondo della politica è diviso sul tema: se da una una parte il Ministro Matteo Salvini si dice favorevole alla decisione della Cassazione, dall’altra non mancano opinioni contrarie.

Sta di fatto che, legalizzazione o meno, Google ha messo al bando su Play Store (il suo negozio di applicazioni in rete) diverse app per la vendita di marijuana.

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