Unioni civili e impresa familiare: cosa cambia?

Chiara Ridolfi

24 Maggio 2016 - 09:52

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Con l’approvazione delle unioni civili i diritti delle coppie sposate si sono estesi anche a chi convive. Cosa cambia per le imprese familiari? Le coppie di fatto ne possono far parte?

Unioni civili e impresa familiare: cosa cambia?

Le unioni civili in Italia sono legge ormai, ma rimangono ancora tanti interrogativi. Uno dei quesiti è sulla regolamentazione delle imprese familiari: cosa cambierà? E soprattutto come avverrà il cambiamento? I diritti delle unioni civili dovrebbero permettere alle coppie non sposate di essere riconosciute come un nucleo familiare, siano esse coppie eterosessuali oppure omosessuali.

Grazie all’approvazione delle unioni, i diritti civili delle coppie sposate si estendono anche a coloro che convivono e hanno ufficializzato la loro situazione di fronte al sindaco o a un suo funzionario che ne faccia le veci. Tra questi diritti si trova anche l’articolo 230 ter, che estende i diritti dell’impresa familiare anche alle coppie legate tramite le unioni civili. Non è ancora chiaro però quali saranno i cambiamenti e l’impatto sociale di questa estensione dei diritti.

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Per le imprese familiari cosa cambia? Possono formarla anche le coppie di fatto? Si deve essere sposati per creare un’impresa familiare? Vediamo tutti i dettagli su questo punto.

Unioni civili e imprese familiari: cosa cambia?

Le unioni civili hanno esteso tutti i diritti delle coppie sposate anche alle coppie di fatto. Questa estensione si ha anche per quanto in ordine all’impresa familiare, ovvero l’impresa in cui un familiare effettua una prestazione lavorativa continuata.

Tale istituto è regolato dall’art. 230 bis, che fino a questo momento considerava come parenti solamente:

  • coniuge;
  • parenti entro il terzo grado, sia in linea diretta, che in linea collaterale;
  • parenti affini di secondo grado.

I conviventi in base a questo articolo erano esclusi dalle imprese di famiglia e non avevano alcun tipo di diritto al loro interno, dove figuravano come semplici collaboratori esterni. Nell’art. 230 bis infatti si legge:

“il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato”.

Nelle parole dell’articolo non vengono infatti presi in considerazione i conviventi. Adesso invece all’interno delle imprese familiari dovranno essere inseriti anche i partner, compresi quelli dello stesso sesso. L’approvazione delle unioni civili infatti permette anche alle coppie non sposate di godere di questo diritto.

Proprio per rispondere a questa esigenza è stato inserito l’articolo 230 ter al codice civile, dove possiamo leggere:

“al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.
Gli articoli sono formulati nello stesso modo e quindi permettono anche alle coppie non sposate di usufruire del riconoscimento ad essere un lavoratore presso un’impresa familiare. In questo modo il convivente potrà partecipare agli utili dell’impresa familiare. Permane però la limitazione che non si possono instaurare questi rapporti se il familiare ha già dei rapporti contrattuali con il familiare”.

Per il convivente saranno quindi previsti gli stessi diritti nell’impresa familiare che sono pensati per il coniuge. Il convivente potrà, infatti, prendere parte alle decisioni amministrative dell’azienda, alla partecipazione agli utili, alla gestione straordinaria e decidere per l’eventuale chiusura dell’azienda. In sostanza tutti i diritti che hanno i coniugi in un’impresa familiare.

Il diritto di partecipazione non potrà essere trasferito ad un’altra persona, a meno che non sia un parente. Non si potrà inoltre decidere per una sostituzione a meno che tutti i familiari non siano d’accordo sul cambiamento. Infine il partner sarà ammesso con diritto di prelazione in caso di divisione ereditaria o trasferimento dell’azienda.

L’estensione dei diritti sarà quindi un notevole passo avanti per tutti i conviventi, che finalmente potranno entrare a far parte a tutti gli effetti dell’azienda di famiglia del loro partner.

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