In vista degli stress test voluti dalla Bce nel 2014, le banche italiane annaspano alla ricerca di rapide soluzioni per rimettere in pari i propri conti. Due delle principali banche italiane, quelle che negli Stati Uniti sarebbero Too big too fail, hanno appena firmato un accordo con il quale sbolognare asset tossici agli americani.
Le trattative, non ancora concluse, vanno verso la creazione di una bad bank da far gestire alla società di consulenza Alvarez & Marsal e il fondo di investimento newyorkese Kohlberg Kravis Roberts.
La notizia è stata data in anteprima dal Financial Times che informa sulla firma del "memorandum of understanding (protocollo di intesa, ndr) per sviluppare e realizzare insieme una soluzione innovativa finalizzata a ottimizzare le performance e massimizzare il valore di un selezionato portafoglio di crediti in ristrutturazione attraverso la gestione attiva degli asset e l’apporto di nuove risorse finanziare".
Bad bank
Sempre il Financial Times scrive: "Unicredit e Intesa stanno valutando quanto, del loro portafoglio di crediti “cattivi”, trasferire nel veicolo, e se contribuire esse stesse con fondi freschi".
Si tratta di asset tossici che pesano sui bilanci di Unicredit e Intesa che saranno acquistati e gestiti dalle due società americane. Fornendo capitale fresco per l’acquisto dei crediti tossici o incagliati in pancia di Unicredit e Intesa, le società Usa KKR e Alvarez & Marsal si occuperanno di prendere in gestione gli attivi distressed. "Sull’operazione non ci sono ulteriori dettagli, anche perché la formazione e l’operatività della partnership sono ancora oggetto di discussione e verifica tra le parti” conclude il Financial Times.
Dal canto loro le due banche italiane hanno la possibilità di liberarsi dei crediti incagliati tramite una bad bank, ipotesi questa già annunciata da tempo. Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit presentando il piano strategico al 2018, aveva già annunciato la “segregazione” in un portafoglio autonomo di 87 miliardi di crediti, con l’obiettivo di “ridurne il peso del 60% al 2018”. E anche Intesa, dal canto suo è gravata da circa 55 miliardi di sofferenze, ne ha impacchettati 46 in un portafoglio chiuso che dovrebbe essere dimezzato entro il 2018.
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