Travaglio contro il M5S: L’espulsione della Gambaro è il coronamento di un suicidio

Daniele Sforza

20 Giugno 2013 - 16:01

Travaglio contro il M5S: L’espulsione della Gambaro è il coronamento di un suicidio

Marco Travaglio aveva appoggiato, supportato, sperato nel vento di freschezza portato dal Movimento 5 Stelle. Ma all’indomani dell’espulsione della senatrice Adele Gambaro, decretata da una sparuta minoranza del web, nemmeno lui sta più al gioco da "Romania di Ceasescu" che serpeggia nelle file del M5S.

M5S: quando ancora tutto era rose e fiori

Tutto filava per il verso giusto, secondo l’editorialista del Fatto Quotidiano, con 9 milioni di italiani che si erano allontanati dalla politica tradizionale per riporre la propria fiducia in un movimento di cittadini, capeggiati da un leader (o da un portavoce) che in 10 anni aveva cercato di far capire agli italiani come stavano realmente le cose. E l’obiettivo si era concretizzato, con il suicidio politico di Bersani, il ritorno di Giorgio Napolitano, l’inciucio perpetrato con la formazione del governo PD-Pdl. I partiti hanno inseguito Grillo e i suoi ragazzi, ma per poco, prima di affilare le lame dei media e metterli sotto il fuoco dei tiratori scelti.

Da inseguiti a inseguitori: il suicidio di massa è servito

Poi è successo qualcosa, e i ragazzi del Movimento 5 Stelle, da inseguiti, sono diventati inseguitori. E le magagne della politica si sono rovesciate contro di loro. E i mille motivi per cui gli italiani li avevano votati si sono sciolti come neve al sole.

Nel suo editoriale, intitolato "I grullini", Travaglio scrive:

Un suicidio di massa coronato dalla geniale operazione Gambaro. Intendiamoci: cacciare, o far cacciare dalla "rete" una senatrice che ha parlato male di Grillo, manco fosse la Madonna o Garibaldi, è demenziale, illiberale e antidemocratico in sé. E non solo perché serve su un piatto d’argento agli eterni Gattopardi e ai loro camerieri a mezzo stampa la miglior prova di tutte le calunnie che hanno sempre spacciato per dogmi di fede. Non è nemmeno il caso di esaminare l’oggetto del contendere, cioè le frasi testuali pronunciate dalla senatrice nell’intervista incriminata a Sky, perché il reato di lesa maestà contro il Capo è roba da Romania di Ceausescu.

L’alternativa di Travaglio

Travaglio prosegue poi nella propria analisi, quasi da figura paterna che rimbrotta i figli discoli. Per il giornalista non è Grillo il problema del Movimento 5 Stelle, e il clima mediatico attorno al Movimento 5 Stelle, perpetrato attraverso "lo stillicidio di interviste in dissenso per oscurare quanto di buono fanno i 5Stelle in Parlamento e di pessimo fanno i partiti" è altamente sospettoso. Per Travaglio, Grillo aveva tutto il diritto di arrabbiarsi, ma il modo in cui lo ha fatto si è rivelato sbagliato.

Lunedì bastava una dichiarazione, firmata da chi voleva, per ribadire gli impegni assunti con l’elettorato. Mettere ai voti le fesserie di una senatrice (che, diversamente da Salsi e Mastrangeli non ha violato alcuna regola interna) invitandola al pubblico autodafé, è una versione da Asilo Mariuccia del socialismo reale.

L’autotrappola e il dissenso degli italiani

Il clima di sospetto e di sorveglianza all’interno del Parlamento allo scopo di evitare qualsiasi trappola e smascherarla in onore della trasparenza, per Travaglio, è ben presto diventato un’autotrappola. La conclusione è delle più amare. Dopo aver ricordato che ogni dissenziente potrebbe comparire davanti al tribunale della rete per aver rilasciato un’intervista compromettente, infatti, il giornalista chiosa:

Al confronto, la partitocrazia più inetta, corrotta e antidemocratica dell’universo profumerà di Chanel numero 5. Un capolavoro.

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