In un articolo dal titolo "When not in Rome",il quotidiano inglese parla delle due crisi che nell’ultima settimana hanno preoccupato il mondo, cercando di capire le differenze, ma anche di trovare degli elementi comuni. E chissà, forse dal paragone emerge anche un’importante lezione politica.
Ma vediamo cosa scrive l’Economist.
When not in Rome
Non capita spesso che l’Italia appaia nel ruolo di modello di democrazia. Ma Lexinton ha medidato sulle crisi politiche hanno coinvolto Washington e Roma questa settimana, chiedendosi se da queste si possa trarre una lezione.
Sulla carta, le due storie hanno poco in comune. Lo shutdown del Governo sull’Obamacare del 1° ottobre è il risultato logico del sistema costituzionale americano e dell’accorta separazione dei poteri che pone la presidenza al timone della nave dello Stato, dandogli il diritto di decidere il corso dei lavori governativi, mentre al Congresso spetta il potere economico.
Da Roma, al contrario, arrivano notizie riguardanti la (l’ultima) crisi che ha colpito la traballante e insofferente coalizione italiana, mentre partiti e fazioni interne ai partiti valutano se per i loro interessi è più conveniente far cadere il governo o tenerlo in vita.
In America, sebbene le armi usate per combattere l’Obamacare siano pericolosamente irresponsabili, il conflitto centrale è serio e riguarda il ruolo del governo e il posto della rete sanitaria in un’economia di mercato. I litigi italiani di questa settimana sembrano meno nobili. In sostanza, un disgraziato ex Premier, Silvio Berlusconi, è stato accusato di voler sequestrare il governo – stavolta senza successo – per proteggere i suoi interessi personali.
Lexington – corrispondente europeo, che ha passato molti anni scrivendo sulle politiche dell’Eurozona , ma esperto anche di quelle americane – potrebbe rispondere che le due crisi hanno elementi comuni.
C’è una dinamica base nello shutdown di Washington visto questa settimana: i partiti di qualsiasi colore politico si sono tenuti lontani dalla questione, pensando di poterne trarre vantaggi alle elezioni, molti democratici credono infatti che parecchi elettori, a conti fatti, daranno ai repubblicani la colpa dello shutdown. I motivi di questi pensieri risiedono nel passato, nello shutdown del 1995-96 e nella successiva rielezione di Bill Clinton e, per questo ,i progressisti accusano i conservatori di aver dimenticato la lezione.
Dall’altro lato, un cospicuo gruppo di conservatori repubblicani della Casa dei Rappresentati – incitati da alcuni gruppi esterni come il Club for Growth e Heritage Action – pensano che il convenzionale buon senso sia sbagliato e che nel 1996 i Repubblicani mollarono il colpo sullo shutdown troppo presto. Questa volta, a conti fatti, loro credono di poter guadagnare voti attraverso una dura battaglia sull’Obamacare.
Non possono avere entrambi ragione. Dovremmo saperne di più sulle elezioni del 2014. Lexington, per quello che vale, ha l’impressione che entrambi abbiano torto e che questa guerra potrebbe semplicemente portare i sostenitori di entrambe le parto sempre più in basso mentre gli indipendenti e quelli con un limitato interesse nella politica pagano per i loro errori.
I documenti europei sono pieni di sprezzanti report sulle disfunzioni americane.
E la disputa che sta intorbidendo Washington questa settimana dovrebbe suonare familiare. L’America crea il governo dalla coabitazione mentre in Francia si crea attraverso le divisioni. Nel profondo, il sistema bipartitico del Congresso è veramente una forma di coalizione politica, anche se il sistema elettorale induce differenti fazioni a legarsi insieme sotto il nome di Repubblicani e Democratici.
Nella visione europea quello che sta accadendo nella casa dei Rappresentati è una rottura nella coalizione repubblicana, che pone il Tea party da un lato e il Business Party, il National Security Party and il Christian Values Party dall’altro.
Se questo accadesse in Italia, il Paese adesso sarebbe in procinto di effettuare elezioni antipipate, permettendo alle varie fazioni di testare la fiducia sull’Obamacare. E così, tutte le parti dovrebbero aspettare altri 13 mesi per risolvere la disputa affidandosi al voto.
Questa è anche la tradizione americana, come ha ripetuto molte volte Obama negli ultimi giorni, affermando che gli elettori erano stati invitati ad abrogare l’Obamacare nel 2012 e non l’hanno fatto. Utilizzando le parole del Presidente: “una fazione di un partito, in una casa del Congresso, in una branca del governo non può bloccare l’intero esecutivo solo per contrastare il risultato di un’elezione”.
I vostri editorialisti non si metteranno a discutere con un ex professore di diritto costituzionale. E Lexington esita a raccomandare di prendere lezioni di democrazia dall’Europa. Ma se questo shutdown andrà avanti e si scontrerà con l’innalzamento del tetto del debito, ci saranno giorni in cui lui si chiederà se le elezioni anticipate all’italiana non sarebbero state la soluzione migliore.
Fonte: The Economist. Traduzione a cura di Vittoria Patanè
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