Perché la tassonomia con gas e nucleare non ha niente a che vedere con la svolta green

Claudia Mustillo

17 Agosto 2022 - 15:28

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Dopo la tassonomia con gas e nucleare anche il piano per la riduzione dei consumi: l’intervista ad Alessandro Corsini sulla situazione energetica italiana ed europea.

Perché la tassonomia con gas e nucleare non ha niente a che vedere con la svolta green

Dopo l’approvazione da parte del Parlamento Europeo per l’inserimento di gas e nucleare nel novero delle fonti pulite che consentirà a pubblici e privati di finanziare anche attività su gas e nucleare, la settimana scorsa è entrato in vigore anche il piano Ue per la riduzione dei consumi di gas e luce.

Quello dell’energia rimane un tema importante per l’Italia che dovrà cercare di risparmiare 4 miliardi di metri cubi di gas sui 55 annui. L’Italia che sogna una indipendenza energetica al momento rimane, invece, fortemente dipendente dal consumo di gas per la copertura del fabbisogno energetico, 42% nel 2020, e per la maggior parte questo viene importato, nel 2021 il 95%.

Ma la tassonomia, spiega a Money.it Alessandro Corsini, professore ordinario di Sistemi per l’energia e l’ambiente presso l’Università La Sapienza di Roma: «è il risultato del riconoscimento di un limite nella rapidità di trasformazione nel breve termine dei nostri sistemi energetici, oggi scosso dalle conseguenze della guerra e i rally sui mercati energetici e delle materie prime».

Perché si punta su questi investimenti e non solo sulle fonti rinnovabili? Quali sono i Paesi che traggono più vantaggio da questa decisione?

La tassonomia delle fonti energetiche verdi è stata e sarà oggetto di disputa ancora per molto. In realtà risponde a una scelta che definirei eco pragmatica (emersa prima dello scoppio del conflitto in Ucraina) la quale guarda ai potenziali percorsi di transizione energetica e decarbonizzazione che, in una realtà europea fortemente industrializzata, non possono prescindere dalla continuità e sicurezza delle forniture di energia.

Su questo fronte la scelta delle fonti fossili (lo sono anche i combustibili nucleari) volendo minimizzare o mitigare le emissioni in atmosfera impone il ricorso alle tecnologie di generazione di massima efficacia (ovvero maggiore capacità di conversione dell’unità di energia primaria) i cicli combinati a gas naturale o a quegli impianti nucleari a zero emissioni (in esercizio). Opzione quest’ultima che ha, di fatto, pochi autori europei tra cui la Francia.

No, non penso esistano vincitori quanto piuttosto è il risultato del riconoscimento di un limite nella rapidità di trasformazione nel breve termine dei nostri sistemi energetici, oggi scosso dalle conseguenze della guerra e i rally sui mercati energetici e delle materie prime.

Possiamo davvero considerarla una svolta Green?

Come detto non è una svolta ma una scelta di transizione “dolce” volta a garantire il metabolismo energetico europeo mentre la transizione verde avviene. Un insieme tra un principio di realismo e un piano b.

Quanto la situazione attuale, in particolare con i tagli alle forniture di gas russo, può aver influenzato la decisione?

Non penso molto, le politiche europee nate dal Clean Energy Act e adottate dai vari paesi già prevedevano percorsi molto sfidanti in termini di aumento della quota di rinnovabili e riduzione delle emissioni climalteranti. Fattori come la guerra e prima in ordine di tempo la ripresa dei consumi post pandemia che aveva già spinto i mercati energetici verso record mai toccati, stanno solo agendo da eventi di pressione ulteriore e stanno di fatto costringendo una discussione e una presa di coscienza pubblica e collettiva sul tema energia. Forse più dei Fridays for Future.

Vista la crisi del gas, cosa dovrebbe fare l’Italia? Quale sarebbe la strategia di investimento migliore per evitare razionamenti in inverno?

Non si riesce a cambiare il sistema energetico di un paese nel volgere di qualche mese e le scelte del governo uscente sono state quindi rivolte alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas naturale. In uno scenario parzialmente favorevole perché l’Italia ha fin dalla nascita dell’Eni un collegamento privilegiato con i paesi del Nord Africa. Da questa estate calda fino all’inverno i comportamenti virtuosi saranno suggeriti, ma ovviamente non imposti e riguarderanno principalmente la riduzione della domanda di energia destinata alla climatizzazione oggi estiva domani invernale. Tutto a mio parere avverrà con l’idea di salvaguardare servizi e attività produttive. Ricordiamo sempre che esiste una domanda rigida di energia espressa da alcuni settori industriali la quale difficilmente può subire modulazioni.

L’ingresso del nucleare e del gas come fonti pulite potrebbe cambiare il percorso che era stato originariamente pensato nel Pnrr?

Anche in questo caso no, non penso ci sia una correlazione tra la presenza di nucleare e gas naturale nella tassonomia delle fonti energetiche per la transizione e i programmi di politica ecologica presenti nel Pnrr. Il tema nucleare può solo riguardare paesi che abbiano già una dotazione di centrali non è pertanto un tema di interesse nazionale nell’orizzonte di applicazione del Pnrr.

Da un punto di vista del sistema energetico europeo invece la mancanza della capacità di generazione nucleare venuta parzialmente a mancare in Francia a causa di fermi impianto ha causato in Italia la riapertura a pieno ritmo delle centrali a carbone, la cui chiusura è ancora prevista 2025. Quest’episodio dimostra quanto delicato sia il problema energetico e quanto le soluzioni e i percorsi non possano riguardare ogni singolo paese essendo squisitamente transnazionali. Per chiudere, non dobbiamo dimenticare, che in Italia dopo la modifica della costituzione le deleghe sulle politiche energetiche sono affidate alle singole regioni.

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