Tasse sui macchinari: ecco perché quelle sugli "imbullonati" potrebbero raddoppiare

Vittoria Patanè

8 Aprile 2015 - 14:42

Il Fisco si inventa la tassa sugli "imbullonati", i macchinari fissati al suolo. L’Imu rischia di raddoppiare e la rendita catastale di moltiplicarsi a dismisura. Ecco come diventa impossibile la vita degli imprendtori

Tasse sui macchinari: ecco perché quelle sugli

La vita per gli imprenditori italiani è sempre più dura. Le rendite catastali potrebbero salire fino a superare il 900%, l’Imu potrebbe addirittura raddoppiare nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate prendesse in considerazione il reale valore degli impianti industriali e adesso, il Fisco se ne sta inventando un’altra per rendere impossibile l’esistenza di quei pochi che ancora cercano di resistere.

L’ultima "genialata" arriva di nuovo dal fronte tasse. Il Fisco infatti pretende dei pagamenti sui cosiddetti "imbullonati", sarebbe a dire su quei macchinari che le aziende usano e che necessitano di essere fissate al suolo per non muoversi.

Il fissaggio però li trasforma de facto in beni immobili e ovviamente l’amministrazione fiscale italiana invia degli accertamenti volti a controllare le imprese al fine di riscuotere i tributi.

La storia più "eclatante" ce la racconta il Sole 24 Ore:

Nel reggiano - dove ha sede parte di quel distretto ceramico che con Modena sviluppa ricavi vicino ai 5 miliardi, dà lavoro a 20mila addetti ed esporta il 75% della produzione - le cose vanno così: se l’azienda rifà, ad esempio, lo spogliatoio, ovviamente il geometra deve presentare il Docfa, i funzionari dell’ex agenzia del Territorio possono fare il sopralluogo e intanto che ci sono danno un’occhiata ai macchinari(presse, forni, atomizzatori) e vedendoli fissi al suolo accatastano. L’unica diventa quella di non finire nell’elenco dei controlli, altrimenti l’azienda diventa una prateria di gettito potenziale in cui correre. L’Atlas Concorde di Reggio Emilia è finita nel mirino nel 2013, è arrivato l’avviso di accertamento, ma un mese fa il fisco si è rifatto vivo chiedendo l’elenco dei beni con il valore di acquisto.

Ma c’è di più perché a quanto pare le cose cambiano da provincia a provincia. Gli accertamenti hanno infatti un valore differente in base alla città in cui ci si trova.

L’impresa di Reggio citata in precedenza, ha cercato di combattere questo meccanismo apellandosi al tribunale. La commissione tributaria di primo grado ha però dato ragione al Fisco e la questione si trova attualmente in appello.

Le speranze di un ribaltamento però sono particolarmente esigue. Tanto più se si tiene in considerazione che, a gennaio 2013, la Cassazione ha dato ragione al Fisco con la sentenza n.3166/2015 sancendo che:

la smontabilità della macchina non è requisito indispensabile affinché un impianto sia considerato mobile, hanno spiegato i giudici, dal momento che va anche considerato l’apporto del macchinario in relazione alla valorizzazione dell’immobile.

A questo punto sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate intervenga sulla questione, fornendo dei chiarimenti atti a decretare in maniera semplice, definitiva e condivisa, quali siano gli impianti mobili e quali quelli immobili, che caratteristiche differenziano le due tipologie e quando un impianto mobile si trasforma in immobile.

Il direttore finanziario dell’Atlas Concorde fornisce un po’ di numeri al Sole 24 Ore. La sua azienda paga 2 milioni di Imu l’anno, mentre il valore dell’impianto si aggira intorno ai 50mila euro. Il problema è che, se il Fisco sceglie di ragionare sui prezzi d’acquisto, l’importo dell’imposta municipale unica rischia di raddoppiare.

Il caso più assurdo però si è verificato a Ravenna. Lo stabilimento Versalis (gruppo eni) ha visto rettificare la propria rendita catastale del 913%. Non basta. Nella stessa città, il sito di Ecofuel ha subito una rettifica pari all’860%. A voi le considerazioni.

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