Tasse e IMU uccidono le imprese: con l’aumento dell’IVA sarebbe la fine dell’Italia?

Daniele Sforza

13/06/2013

Tasse e IMU uccidono le imprese: con l’aumento dell’IVA sarebbe la fine dell’Italia?

Sono 162 i giorni in cui un artigiano o un piccolo imprenditore deve lavorare per pagare il fisco. Ovvero poco meno di 1 anno lavorativo. Per un totale di ben 269 ore di lavoro annuali. Una cifra che supera la media europea, che si attesta a 130 giorni lavorativi, rappresentando un differenziale del -24% rispetto al nostro Paese. E’ quanto riporta un’analisi elaborata da Confcommercio-Cer, che punta il dito contro la forte imposizione fiscale che danneggia le piccole e medie imprese. E monta lo scontento analizzando la situazione di altri Paesi europei, come ad esempio la Spagna, prostrata dalla crisi come noi, che effettuano il 60% delle ore lavorative in meno per pagare il fisco. Oppure la Francia (-50%) e infine la Germania, a cui basta un 30% di ore lavorative in meno. Gli adempimenti fiscali delle imprese italiane ammontano a una cifra che si aggira attorno ai 10 miliardi, quasi il doppio rispetto alla media Ue.

Pressione fiscale alle stelle

La pressione fiscale nel 2012 è stata del 66,27% e i piccoli artigiani, soprattutto locali, stanno morendo. A Napoli il fisco ha prelevato quasi il 75% del reddito d’impresa. A Bologna idem (73,29%). La città "meno cara"? Trieste, con un prelievo del 61,18%. L’IMU sale sul banco degli imputati, ma anche l’elevato aumento delle tasse: tutto ciò fa pensare che un eventuale aumento dell’IVA distruggerebbe i consumi e dunque, di conseguenza, botteghe e aziende. In pratica, in 1 anno lavorativo, si comincerebbe a guadagnare sul serio, solo per se stessi, da metà settembre in poi. Tre mesi e mezzo.

Tanta burocrazia, pochissime semplificazioni

A complicare il tutto, naturalmente, la burocrazia: dal 2008 sono più di 200 le nuove regole fiscali da rispettare, mentre sono solo 67 le semplificazioni. Come poter iniziare una nuova impresa fronteggiando la giungla della burocrazia e della normativa fiscale vigente, appoggiandosi su una minoranza di semplificazioni e con l’idea di dover versare allo Stato più di 68 euro su 100 guadagnati?

Aumento dell’IVA? Fine dell’Italia

Il governo Monti non ha fatto nulla in tal senso se si vanno a leggere alcuni dati diffusi dal Corriere della Sera, con una pressione fiscale che ha registrato un aumento dell’1,8%, un debito pubblico che ha segnato 122 miliardi in più e un sistema creditizio che è distinto per una contrazione di ben 65 miliardi di euro.

Primi in Europa ancora con un record negativo, il governo continua a parlare di lavoro e di riforme. Come da sempre. Eppure il panorama attuale risulta sempre desolante. E se dovesse continuare così, come se dovesse davvero concretizzarsi l’aumento dell’IVA, allora sì che potremmo parlare di fine dell’Italia.

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