La banca d’affari newyorkese stima una perdita dello 0,5% di pil per gli USA a causa del blocco delle attività amministrative non essenziali che si protrae da oltre 10 giorni
Ancora nessun accordo negli Stati Uniti per superare l’impasse politico-fiscale, che rischia di innescare una pericolosa escalation da qui a due giorni, quando il paese dovrà già aver trovato un’intesa per scongiurare il default tecnico sul debito innalzando la soglia legale all’indebitamento pubblico, attualmente a 16,7 trilioni di dollari. I timori per un clamoroso crack finanziario della prima potenza economica del mondo continuano ad aumentare sempre di più, man mano che ci avviciniamo alla fatidica scadenza del 17 ottobre. Preoccupa, però, anche il cosiddetto shutdown, ovvero il blocco delle attività governative non essenziali che ormai va avanti da oltre dieci giorni.
Secondo il parere di Jan Hatzius, chief economist di Goldman Sachs, fin quando non sarà raggiunto un accordo tra democratici e repubblicani sarà difficile quantificare i danni provocati dallo shutdown all’economia a stelle e strisce. L’esperto ritiene che ci sarà un calo della crescita economica nell’ultimo trimestre dell’anno, in parte dovuto al clima di incertezza politica (che potrebbe costare lo 0,2% di pil) e in parte dovuto al congedo obbligatorio per i dipendenti federali (qui il costo potrebbe essere pari allo 0,3% di pil).
Il guru della banca d’affari newyorkese ritiene che "nel complesso l’effetto ribassista dovrebbe attestarsi allo 0,5% rispetto a una crescita stimata nel quarto trimestre del 2,5%, anche se non è possibile stimare con precisione l’effetto dello shutdown fino a che non sarà raggiunto un accordo". Intanto a Wall Street gli indici azionari principali continuano a salire, sulle aspettative di un accordo in extremis tra repubblicani e democratici. L’indice S&P500 ha chiuso la seduta di ieri con un rialzo dello 0,41% a 1.710,14 punti. Nelle ultime tre sedute ha guadagnato il 3,2% e ormai sembra proiettato verso il test dei massimi storici di 1.729,86 punti toccati il 19 settembre scorso.
Ha chiuso in rialzo anche l’indice azionario Dow Jones, che ha segnato un incremento dello 0,42% a 15.301,26 punti. L’indice sembra ora avere le carte in regola per puntare al test dei record storici di 15.709,60 punti, toccati lo scorso 18 settembre. Sul forex, invece, il dollaro americano resta sotto pressione anche se nelle ultime sedute è stato interessato da movimenti poco rilevanti. Il tasso di cambio euro-dollaro continua a muoversi poco sotto quota 1,36, mentre il cambio dollaro-yen è salito sui massimi da quasi due settimane a 98,70.
© RIPRODUZIONE RISERVATA