La Sinistra Italiana: il PD è in scissione. "Historia magistra vitae": ecco un excursus storico di scissioni ed unioni dalla nascita della Sinistra in Italia sino ad oggi.
La storia purtroppo è ciclica: mai come in questi giorni si è parlato dei danni collaterali che seguono la scissione di un partito.
Walter Veltroni durante la conferenza nazionale del PD ha fatto un excursus storico ricordando i danni e le debolezze di una sinistra che durante la sua storia si è divisa molte volte andando solo a danneggiarsi.
In mancanza di coesione tra i più moderati ed i “puri e duri”, la sinistra italiana ha vissuto momenti di unità e puntualmente momenti di scissione che hanno portato solamente alla debolezza del partito e ad una mancata di incisività nel panorama politico.
Ecco qui la breve storia della sinistra italiana dalle sue origini fino ai nostri giorni.
La sinistra italiana: una storia costellata di scissioni ed unioni
Il primo partito di sinistra è nato nel 1892 a Genova con il nome di Partito Socialista dei Lavorati Italiani. Solo nel 1895 ha preso il suo nome definitivo, PSI: Partito Socialista Italiano.
Il partito convogliava sotto lo stesso ombrello sia la corrente più democratico-riformista della sinistra sia quella più massimalista. Le due correnti, dopo un primo momento di unità, presero ognuna la propria strada e costituirono due partiti autonomi, uno di istanze più democratiche, l’altro di istanze più marxiste.
Infatti l’unità del partito resistette fino al 1921 quando a Livorno, a causa dell’insoddisfazione per l’esito del XVII congresso socialista, l’ala estremista del PSI si staccò e fondò un suo partito autonomo chiamato Partito Comunista Italiano (PCI) con Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci.
Durante il periodo fascista i due partiti gestiscono autonomamente le loro attività clandestine di opposizione organizzando contatti con altre potenze europee per contrapporsi al fascismo e al nazismo dilaganti in tutta Europa.
Nel periodo della resistenza, PSI e PCI si organizzarono nel CNL, il Comitato Nazionale di Liberazione, nelle cosidette “Brigate Matteotti” per far fronte al nemico comune.
Nel 1943 il PSI si fuse con il movimento di Unità Proletaria ed assunse il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria per poi tornare al nome precedente nel 1947 a seguito della scissione social democratica di Palazzo Barberini dalla quale avrà origine un altro partito più democratico con il nome di Partito Socialdemocratico Italiano di Saragat.
Alla fine della guerra la sinistra è divisa in tre parti: i socialisti, i socialdemocratici e i comunisti, fedeli a loro stessi e alla Russia.
Nel 1948 il PCI, il PSI, il PSDI e le forze liberali e cattoliche collaborarono insieme per creare la Repubblica: durante le elezioni politiche del 1948 infatti il PCI ed il PSI costituirono il Fronte Democratico Popolare che, nonostante la sconfitta, collaborò insieme per tutti gli anni ’50.
Un nuovo allontanamento si ebbe negli anni ’60 quando le fila socialiste si aprirono al confronto con i democristiani ed i centristi e costituirono i primi governi di centro-sinistra.
Ovviamente il PCI, più fedele alle direttive di Mosca piuttosto che alle logiche politiche imminenti, si allontanò per seguire una linea politica autonoma e pura.
Negli anni del dopoguerra infatti la sinistra per avere una voce in capitolo nel governo, dovette scendere a compromessi con la difficile realtà della ricostruzione finanziata dall’America la quale foraggiava l’Italia a patto che non ci fosse la sinistra al governo.
Il PCI ha voluto seguire una linea autonoma per non scendere a compromessi con i propri ideali, mentre il PSI, pur di avere una voce in capitolo nel governo si è trovato a mediare con i centristi e la Democrazia Cristiana grazie a leaders di partito come Moro e Fanfara.
In questo momento più che mai la sinistra è divisa: oltre al PCI che porta avanti i suoi ideali da solo fuori dal governo, nel 1964 l’ala più radicale ed ortodossa del PSI se ne staccò per formare il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, un partito assolutamente non disposto a collaborare con la Democrazia Cristiana.
Nel 1966 un barlume di unità venne dalla fusione del PSI con il PSDI, sotto il nome di Partito Socialista Unificato. La sperata fusione però durò molto poco: dopo due anni, a seguito delle elezioni politiche del 1968 e del cattivo risultato ottenuto dal Partito Socialista Unificato, le due correnti si separarono nuovamente.
Si formarono altri due partiti chiamati rispettivamente Partito Socialista Italiano (sempre PSI) e Partito Socialista Unitario che nel ’71 divenne Partito Socialista Democratico Italiano.
Nel frattempo il PCI con Berlinguer sviluppa una politica sempre più autonoma rispetto all’URSS, una politica di maggior accettazione dei compromessi con il centro e di conseguente accettazione del cosiddetto Compromesso Storico.
Tuttavia dopo la fallimentare esperienza con i Socialdemocratici nel 1968, il PSI comprese l’assoluto flop della mediazione con i partiti di centro anche a seguito dei nuovi movimenti di contestazione studentesca e degli operai nelle lotte degli anni settanta.
Pertanto nel 1974 il PSI con Francesco De Martino ruppe la politica del “compromesso storico” per avvicinarsi all’ala di sinistra divisa dal PSI al fine di creare una sinistra unita in opposizione alla DC.
Tuttavia Berlinguer, spaventato dal golpe in Cile del ’73, preferì portare avanti la sua politica di mediazione con Moro fino al 1978, anno in cui Moro fu sequestrato dalle Brigate Rosse e dopo poco ucciso.
In questo momento storico la situazione si ribalta: la DC aveva l’appoggio esterno del PCI mentre il PSI di Craxi era lasciato in disparte tanto che, quando ci fu la negoziazione con le Brigate Rosse il PSI fu l’unico che volle trattare con l’organizzazione mentre il governo e il PCI facevano fronte comune con un fermo no.
Alla fine degli anni ’70 termina con la morte di Moro la fase del Compromesso Storico: il PSI di Craxi smussa ancora di più la sua ideologia abbandonando definitivamente i lasciti delle idee marxiste in favore di un maggior riformismo.
Durante questi anni, fino agli anni ’90, il PSI tornò a governare con la Democrazia Cristiana mentre il PCI era tra le fila dell’opposizione.
Nel frattempo questi furono gli anni del disfacimento del sogno comunista: il Muro di Berlino venne distrutto e cadde con esso l’Urss che si portò dietro tutte le ideologie comuniste europee.
Questo stato di cose determinò la cosiddetta “Svolta della Bolognina” in casa PCI: il partito si divise in Partito Democratico della Sinistra con Occhetto e Partito della Rifondazione Comunista di Cossutta nel 1991.
Per quanto riguarda il PSI, alla fine nel 1994 con la vicenda di Tangentopoli si sfaldò insieme ad altri partiti. Si verificarono nuove formazioni politiche di centro-destra e centro-sinistra secondo il sistema bipolare della Seconda Repubblica.
Da questo momento tra le fila della sinistra ci furono il PDS e Rifondazione Comunista con altri partiti minori socialisti che formarono una nuova coalizione politica guidata da Romano Prodi con il nome di “Ulivo”.
L’Ulivo di Prodi salì al Governo nel 1996. Dopo un anno e mezzo di Governo nacquero i primi dissapori con Rifondazione Comunista che raggiunsero il loro apice durante una votazione contraria al Governo che ne determinò la caduta.
Dall’Ulivo pertanto si staccò Rifondazione Comunista e alle elezioni successive chiaramente la sinistra perse e salì al potere Berlusconi che rimase al Governo fino al 2006 anno in cui ci furono le nuove elezioni.
In vista di queste nuove elezioni tornò Prodi a riunire la sinistra che nel frattempo si era ulteriormente frammentata in tanti piccolissimi e poco incidenti partiti, sempre sotto il nome dell’Ulivo, conducendoli ad una vittoria elettorale con un scarto minimo di voti rispetto all’opposizione.
Anche durante il secondo Governo Prodi i partiti della sinistra ortodossa, ovvero i lasciti del PCI, si ritrovarono nuovamente in contrasto con il Governo, di cui loro stessi facevano parte, determinandone una seconda caduta unitamente a vicende giudiziarie.
A questo punto prese in mano le redini della sinistra Walter Veltroni che nel 2007 creò un nuovo partito con l’intenzione di attrarre tutti coloro che si riconoscevano in un socialismo riformista con il nuovo nome di PD: i Democratici di Sinistra e la Margherita, ovvero i reduci della Democrazia Cristiana.
Per quanto riguarda invece l’ala più ortodossa della sinistra, con il dissolversi dell’Ulivo di Prodi si ridussero al minimo i partiti estremisti che solo negli ultimi anni hanno ripreso un minimo di vigore.
Dalla nascita del Pd con Veltroni fino ad oggi il partito è rimasto abbastanza unito nel fronteggiare le alterne vicende che hanno permesso al Pd di rimanere al governo.
Tutto ciò che è avvenuto precedentemente oramai è storia ma può tornare ancora ad insegnare qualcosa. In attesa di scrivere il resto, aspettiamo le prossime decisioni del Pd.
Scissione si o scissione no?
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