Rivolte sociali, Paese a rischio: la denuncia shock di Confindustria

Daniele Sforza

10 Giugno 2013 - 10:00

Rivolte sociali, Paese a rischio: la denuncia shock di Confindustria

Il rischio di rivolte sociali è molto forte, a scendere in piazza saranno i giovani disoccupati, i senza lavoro che non vedono davanti a sé un futuro. E’ questo il pensiero del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, espresso in occasione del convegno di Santa Margherita Ligure dei Giovani Industriali.

"Il governo deve passare dalle parole ai fatti"

Il richiamo al governo, "l’unico possibile in questo momento", è forte: bisogna fare qualcosa per evitare che gli italiani scendano in piazza e si ribellino contro le istituzioni. Bisogna passare dalle parole ai fatti. Per questo motivo il governo Letta sarà osservato speciale, da stimolare, tallonare, pungolare, anche se il bisogno di tempo per fare qualcosa di concreto è fisiologico, come ha voluto precisare il numero 1 di Confindustria.

Diamogli il tempo di lavorare. Credo che sicuramente sarà capace di prendere decisioni importanti. Noi continueremo a tallonarlo. Abbiamo già dato qualche segnale perché le prime decisioni sono state prese appropriandosi di fondi che non era giusto toccare. Li sorveglieremo da vicino.

Apertura al M5S, ma no alla decrescita felice

C’è stata anche un’apertura al Movimento 5 Stelle durante l’intervento, ma non sulla questione della decrescita felice, assolutamente da evitare per il bene del Paese.

Futuro senza prospettive? Probabili forti tensioni sociali

Il focus è sul rischio di rivolte e tensioni sociali, che secondo Squinzi sarebbero causate dalla mancanza di opportunità di lavoro e dall’assenza di prospettive, soprattutto relative alla crescita. Per Confindustria sarebbero prevalentemente i giovani a scendere nelle piazze, ma c’è un rischio anche per i giovani imprenditori, vessati da un’imposizione fiscale che impedisce loro di lavorare e risultare produttivi.

Il fatto vero è che si è perso il 25% dei volumi di produzione nel nostro Paese dal 2007 a oggi e il fatto più grave è che si è distrutto il 15% della capacità di produzione. E’ comprensibile che ci sia poca domanda di credito per investimenti sul futuro.

Crisi peggiore di quella del ’29

Infine Squinzi si è detto d’accordo con il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, mettendo in parallelo la crisi del 1929 con quella di adesso e definendo quest’ultima peggiore. "E’ una crisi che dura da 6 anni", ha ribadito il presidente di Confindustria. "Anche se stiamo andando verso la fine, la crisi sta toccando tutta l’Europa".

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